L'emigrazione in Brasile tra gli anni cinquanta e sessanta del Novecento

Famiglia di immigranti italiani in Brasile, 1900 circa

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Una seconda ondata migratoria [Ondata migratoria: arrivo di un grosso numero di immigrati] si ebbe tra gli anni '50 e '60 del Novecento, quando il “il Brasile è il terzo polo d’attrazione latino-americano, preceduto da Argentina e Venezuela, per gli emigrati italiani. Tuttavia la comunità italo-brasiliana non riesce a rimpinguare realmente i propri effettivi [Rimpinguare … i propri effettivi: arricchire il numero di uomini]. Dal censimento del 1950 risultano 44.678 italiani naturalizzati [Naturalizzati: che hanno ottenuto la cittadinanza del paese straniero in cui sono emigrati] e 197.659 immigrati con il passaporto italiano. I tre quarti di questa presenza sono concentrati nello stato di San Paolo, il restante quarto si divide tra distretto federale, Rio Grande do Sul, Minas Gerais e Paraná. Dieci anni dopo la percentuale è più o meno la stessa […]

 

Di fatto la nuova ondata immigratoria non ottiene grandi risultati, anche perché fallisce il tentativo di riavviare la colonizzazione agricola. La disorganizzazione dello stato brasiliana e la durezza delle condizioni di vita nelle fazendas o sulla frontiera impediscono infatti di portare a buon fine qualsiasi sforzo. Gli unici flussi immigratori che quindi funzionano sono quelli legati ai settori industriali e commerciali e al ricongiungimento dei nuclei familiari. L’esperienza migratoria è comunque assai meno lucrativa [E' assai meno lucrativa: porta guadagni molto inferiori] che nel passato e le fughe verso l’Italia sono numerose.

 

In questo fallimento, che non esclude ovviamente casi di riuscita individuale, giocano anche le divisioni all’interno della comunità. Ai contrasti ormai incancreniti [Incancreniti: aggravati, degenerati] tra antifascisti e fascisti [Fascista: chi si ispira alla dottrina del fascismo, movimento e partito politico fondato da Benito Mussolini nel 1919, che mantenne un potere totalitario fino al 1943 (nel Nord Italia fino al 1945)] […]  si aggiungono quelli fra i nuovi e i vecchi emigrati. I primi non credono nei valori dei secondi e soprattutto sono emigrati per fare fortuna rapidamente, non hanno quindi intenzione di cedere a ricatti occupazionali e vogliono strappare [Strappare: ottenere] subito le migliori condizioni possibili di lavoro. […]


Negli anni sessanta non arrivano più contadini alla ricerca di terra, ma artigiani e operai specializzati che vogliono far fortuna nel giro di pochi anni e rientrare al proprio paese. Nel decennio successivo l’immigrazione è ancora più qualificata e a breve termine [A breve termine: a scadenza, destinata a restare poco tempo], poiché è direttamente collegata ai contratti firmati dalle imprese italiane, che operano in Brasile.

 

 

La comunità italiana vera e propria va quindi verso all’estinzione: già nel censimento del 1980 gli italiani in Brasile risultano soltanto 108.790, di contro, però, a una popolazione di origine italiana (lontana o vicina) che potrebbe raggiungere i 7-8 milioni. Nel caso di questi ultimi i valori e le tradizioni italiane non sono state dimenticate, ma sono fortemente influenzate dalle esperienze americane e hanno dato vita a una cultura etnica ormai lontana dall’antica madrepatria, anche se non l’ha scordata”.

 

Tratto da Matteo Sanfilippo, La nuova emigrazione degli anni cinquanta e
sessanta
, in A.S.E.I. (Archivio storico emigrazione italiana)

 

Tra gli anni '50 e '60 del Novecento il Brasile è il primo paese di emigrazione per gli italiani.

In quegli anni l'emigrazione in Brasile è economicamente molto vantaggiosa per gli italiani.

Gli emigrati italiani non hanno molto successo nel settore agricolo.

Ci sono molti problemi di rapporti tra vecchi e  nuovi emigrati.

A partire dagli anni '60 arrivano soprattutto italiani con un buon livello di formazione professionale.

Tra gli anni '50 e '60 del Novecento il numero degli italiani in Brasile tende decisamente ad aumentare.