Italiano dei migranti: alcune osservazioni linguistiche

Emigrazione e lingua italiana nel mondo
Anteprima: 
Rami di antica latinità diffusi nel mondo e la fatica di scrivere

In questa sezione vengono brevemente descritte le principali caratteristiche linguistiche di una raccolta di scritti di emigrati italiani nel mondo tra la seconda metà dell'Ottocento e gli anni Novanta del secolo scorso. 

 

Le prime schede inquadrano la questione, offrendo una periodizzazione del fenomeno migratorio, delle condizioni extralinguistiche e linguistiche del fenomeno, nonché un elenco analitico delle principali caratteristiche grafiche, fonetiche, morfosintattiche e lessicali. Seguono alcuni testi esemplificativi, precedentemente èditi su carta o in Rete.

 

(A cura di Vera Gheno)

 

1. Periodizzazione della migrazione italiana

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Nella migrazione italiana possiamo individuare quattro fasi (cfr. Turchetta 2005 pp. 7-8):

 

(a) Secolo XIX e fino alla prima guerra mondiale (1920-1921): società rurale.

 

(b) Periodo fascista: emigrazione temporanea per attività lavorative (ad esempio edilizia nelle colonie italiane) e campagne militari.

 

(c) Anni ’40-’60 del ’900: migrazioni transoceaniche di professionisti, in particolare verso l’Argentina peronista. Molte imprese italiane impiantano all’estero industrie e stabilimenti, trapiantando tecnici e professionisti che daranno luogo a iniziative imprenditoriali private nei nuovi Paesi.

 

(d) Dagli anni ’60 del ’900: migrazioni verso l’Europa industrializzata (Svizzera, Francia, Germania, Belgio ecc.). Migrazioni verso i diversi continenti di popolazione giovane professionalmente caratterizzata (economisti, ricercatori, industriali, imprenditori ecc.).

2. Le condizioni extralinguistiche

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Partiamo dal considerare le condizioni extralinguistiche che influiscono sulla lingua dei migranti. Diadori, Palermo e Troncarelli (2009, pp. 60-61) citano:

 

(a) l’atteggiamento nei confronti dei neoarrivati, vòlto all’integrazione nei paesi americani e in Australia, ma molto più ostile nei paesi europei;

 

(b) la durata attribuita dal migrante al proprio trasferimento all’estero: molto spesso chi emigrava lo faceva definitivamente, ma è chiaro che l’atteggiamento nei confronti della lingua del paese ospitante è molto diverso se il soggetto pensa a una rilocazione solo temporanea;

 

(c) le possibilità di contatto con la madrepatria, importanti per mantenere vivo l’uso della propria lingua d’origine (tanto è vero che nei documenti si trovano lettere non solo indirizzate alla famiglia, ma anche ad amici, al parroco del paese di provenienza, all’ex datore di lavoro);

 

(d) la prossimità linguistica e culturale con il paese ospite, come nel caso dell’Argentina;

 

(e) la consistenza numerica e la densità demografica della comunità di connazionali, che influisce sulla possibilità di parlare la propria lingua d’origine pur essendo all’estero (si pensi alle grandi comunità italiane negli Stati Uniti o in Australia);

 

(f) le occasioni di esposizione alla lingua italiana, ovviamente cresciute con l’era dei mass media e di Internet.

3. Le condizioni linguistiche

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Adesso consideriamo alcuni fattori di stampo prettamente linguistico:

 

(a) l’alta percentuale di analfabetismo tra i soggetti scriventi (gli emigrati normalmente provenivano dalle fasce più disagiate della popolazione, soprattutto contadini;

 

(b) l’estrema complessità dell’italiano dei semicolti (per D’Achille 1994, p. 41, coloro che «pur essendo alfabetizzati, non hanno acquisito una piena competenza della scrittura e pertanto rimangono sempre legati alla sfera dell’oralità») o popolare, e la rilevanza, al suo interno, dei dialetti;

 

(c) l’importanza (a seconda, ovviamente, della presunta durata del trasferimento) delle lingue “di arrivo” dell’emigrazione.

 

All’interno delle comunità di emigrati, le lingue del repertorio (dialetto, italiano, lingua del paese di arrivo) non sono impiegate in maniera indifferenziata. Come succede durante il processo di italianizzazione per la diglossia italiano-dialetto – cioè l’uso dei due codici linguistici in situazioni comunicative differenti –, così all’estero l’emigrante mostra spesso le caratteristiche di una diglossia funzionale italiano/dialetto-lingua del paese ospitante.

 

In aggiunta ai vari gradi di analfabetismo, molto diffusi proprio negli strati della popolazione coinvolti nel fenomeno, uno dei maggiori scogli è la necessità di mettere per iscritto una lingua “degli affetti” priva quasi sempre di una codificazione scritta standard. Chiaramente la distanza dalla norma scritta si presenta in maniera più evidente nei meno scolarizzati (cfr. Spitzer 1976, pp. 13-14).

4. La lingua

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Nelle quattro sottosezioni che seguono vengono presentate le principali caratteristiche grafiche, fonetiche, morfosintattiche e lessicali dell'italiano dei migranti.

4.1. Tratti grafici

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Il settore forse più rilevante è quello dei tratti grafici. D’Achille individua i seguenti (sono forniti esempi tratti da testi reali, raccolti nella loro completezza in Gheno 2011):

 

(a) problemi nell’uso delle maiuscole, o maiuscole usate in modo “reverenziale”nel 73 va di nuovo la Moglia 30 giorni Poverina sono più 18, mesi;

 

(b) difficoltà nella resa grafica di digrammi e trigrammicolglinascie;

 

(c) omissione o sostituzione della nasale davanti a consonantegolfie (per gonfie);

 

(d) scempie al posto di doppie e viceversa: mia deto che sua la malatia va sempre pegio;

 

(e) semplificazione di nessi consonantici o vocalici difficilipallare (per parlare), sopedito (per spedito), solpresa, sportuna;

errori nella segmentazione delle parole: viva la mericaal’oggio (‘alloggio’);

 

(f) incapacità di usare la punteggiatura e i segni diacritici (cfr. anche Bianconi 1989 p. 191): Sono nato 25.4.32. una Campagna nella Provincia da Avellino Comune di Solofra sono nato senza levatricia e miseria a bontà a tre Anni sono Cascato nel fuoco e mi sono bruciato le gambe e le braccia a Cinque Anni mie morto mio Padre e sono lasciato solo Con altri Cinque dei miei sorelle e fratelli la Guerra era in Corsa e la miseria ci circondava [...]; 

 

 

4.2. Tratti fonetici

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Negli scritti si riconoscono sovente le tracce del sostrato dialettale dello scrivente. Ecco alcuni esempi (ove possibile, viene indicata la provenienza degli scriventi):

 

(a) tratti settentrionali: Me cunven a metela in la busta sta pora cartulina chi (Lombardia), la xe na merda perché i lavori vano male (Veneto);

 

(b) tratti centrali: settù voi vienire; pescialmente;

 

(c) tratti meridionali: io non ti posso fare niendi il mio marito non volo che ci domandi anessuni (Lucania), sabevo, cuardavo nel guaderno della mia compania (Foggia);

 

(d) tratti sardi: come vedette, Noi ve nessiamo gratti;

 

 

 

4.3. Morfologia e sintassi

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Nel settore della morfosintassi si elencano:

 

(a) ridondanze pronominali: io ti saluto ate atuti;

 

(b) regolarizzazione del maschile in -o e del femminile in -a, e conseguentemente dei plurali in -i ed -e: carbona, l’aquavita, dento (‘dente’), la moglia;

 

(c) comparativi e superlativi: è stato più miglior;

 

(d) uso di ci per gli e le (dativo atono di terza persona singolare e plurale): non volo che ci domandi anessuni; Io ora ci scrivo caro figlio e ci mando gli auguri; ci dai gli auguri di parte mia;

 

(e) ci attualizzante davanti ai verbi: noncoavutotempo; ci ha il carpetto;

 

(f) confusioni, omissioni o ridondanze preposizionali: vengo notificarvi; sono a farti asapere; lo chiamavi a papà;

spinte analogiche nella morfologia del verbo, scambi tra essere e avere, congiuntivi, condizionali sbagliati: Si fussimo partiti [...] divenimmo millionari; si presimo; seacaso volesti vienire; teli mandremo (per similarità con andremo); non mi alungo di (‘non mi dilungo a’); è venito l’armistizio;

 

(g) che polivalente: si trovammo Confusi fra tante isole, che sbagliavamo di direzione; io vi ò scritto una lettera che stavo a Gibilterra.

4.4. Il lessico

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Per il lessico, D’Achille nota:

 

(a) ricca geosinonimia, ovvero termini appartenenti ai vari dialetti: Kapusi (per cavoli cappucci); copavino (per uccidevamo); un franco (per una lira), impapanarmi; picca; saccio;

 

(b) termini generici: le cose sono tutti cari;

 

(c) malapropismi ovvero scambi di parole, accostamenti paretimologici a termini più noti: graziando l’Altissimo, locatore (per Equatore) ; intardato; ragamatisimi (per reumatismi);

 

(d) termini aulici, burocratici, tecnici: Vengo notificarvi lo stato di mia salutte; In attesa di un sollecito riscontro, accettate e più cordiali saluti; io soto sckrto (‘io sottoscritto’...).

 

 

5. Alcuni esempi di italiano dei migranti

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Vengono qui di seguito riportati sette testi che esemplificano le caratteristiche linguistiche sino a qui illustrate. I testi sono tratti dal corpus Gheno 2011 (cfr. Approfondimenti) e fanno parte di una raccolta più ampia di 32 testi, precedentemente pubblicati o in rete che su carta.

5.1. 1879: Dalla memoria autobiografica di Tomaso May

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

 

Il sito web del Museo Etnografico di Schilpario, nel bergamasco, mette a disposizione dei visitatori alcuni documenti autografi di emigrati dalla zona circostante. In particolare, risulta interessante lo spezzone del diario tenuto da Tomaso May, riguardante il suo viaggio nei territori del Canada nel periodo settembre-ottobre 1879, durante la Grande Corsa all’Oro.

 

 

… e io sono rimasto solo per buona combinasione mi incontrai con due individui che venivano dal australia uno era un vero australiano inglese, l’altro suo compagno era piemontese biellese due brave persone, e così mi sono associato con loro come compagno, erano due bravi prospettori, e così abbiamo comperato una barca col motorino loro sapevano operarla, e siamo partiti di nuovo giù a lungo questo yokon river cioè sempre il medesimo fiume, abbiamo percorso circa 250 chilometri e siamo andati a un punto dove ci siamo messi a prospettare, in poco tempo abbiamo fatto una discreta fortuna da lì non vera più niente da fare, siamo di nuovo partiti, abbiamo fatto di nuovo 300 chilometri, e siamo arrivati in un campo da indiani, e siamo poi andati su in una collina che si chiamava artic circle tradurlo in italiano si chiamava circolo artartico, eravamo a 160 chilometri dalle frontiere della Siberia da lì abbiamo incominciato a prospettare, ma siamo rimasti traditi del’apparenza del terreno, in poche parole per compiere il lavoro ci voleva dei macchinari, allora abbiamo dovuto fare tutto il ritorno fino alla Città da Dason per acquistare tutti macchinari, fra la spesa della compra e il trasporto mi è costato molto, e dopo avere prospettato bene siamo rimasti delusi non abbiamo trovato niente come si credeva abbiamo lasiato tutti macchinari lì e abbiamo perso tutto, si avvicinava il triste inverno era verso la metà di ottobre, siamo andati giù dove passava l’ultimo Battello che era carico di viveri, abbiamo fatto la provisione per tutto l’inverno, e ci siamo ritirati dentro una pianura in mezzo ai boschi che per fortuna abbiamo trovato una gabina abbandonata, vi era una stufa da poter far almeno il pane e il letto senza materasso quella era tutta la mobilia che abbiamo trovato abbiamo tagliato giù le piume e gli alberi e qualche erbaccia secca e quello fu il nostro materasso e così abbiamo passato tutto l’inverno lì, il freddo si aggirava sui 25 gradi ai 45 sotto zero, quelle poche ore di giorno che vi era si andava a caccia dei cervi per la carne che fa bisogno, quando finalmente è arrivato il mese di maggio siamo partiti a far ritorno a Dason City, 550 chilometri colla barca a motorino da lì a Dason City abbiamo preso il Batello che ci ha portato di nuovo a white horse chiamato mulo bianco 690 chilometri di viaggio, da lì siamo andati 10 chilometri distante dove vi era una grossa miniera del rame, e abbiamo preso lavoro a tagliare legna fuori in mezzo al deserto sotto una tenda e si dormiva in terra quella era il nostro al’oggio, verso la metà di ottobre il tempo cominciava a fare freddo e i mei compagni sono ripartiti per Dason City che si erano procurati un lavoro per l’inverno allora io cercai lavoro da minatore nella miniera e l’o trovai, fui molto contento che mi credeva da passare l’inverno e di più dopo 18 mesi di alaska era la prima volta che ebbi un letto da dormire col materasso non mi sembrava nemmeno vero, ma purtroppo dopo dieci giorni di lavoro con mia sorpresa è arrivato un telegramma dalla compagnia di chiudere la miniera, e così avevo appena la moneta limitata da fare ritorno negli stati uniti e così spedii i miei bagagli alla Città di Skagway porto di mare vi era 165 chilometri di ferrovia e di nuovo per risparmiare moneta o pensato di farle a piedi e doveva farlo in tre giorni perché il quarto giorno partiva il Bastimento che dovevo prendere per ritornare negli S.U. dunque sono partito…

5.2. 1892: Da New York a Bedonia

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La Val di Taro è situata in Emilia Romagna, al confine con Liguria e Toscana. Il portale web dedicato alla Regione offre una piccola scelta di lettere di abitanti di Bedonia, emigrati tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento.

 

 

 

Brookelyn al 30 Setembre 1892

 

Cara fratello e madre, mi scuserai tanto del ritardio a rispondere alla tua lettera che ho ricevuto ai 29 Agosto e quella che miadato tanta consolazione nel sentire che godote una perfetta salute e pure così vi posso sicurare di me… e in quanto al razole che ai dato a Cappelini io no lo ancora recevuto ma poco gho recevuto la sua letra in questa Setimana e mi dice nella lettra che melaspediva subito e mi dice Capelini che in Sanfrancesco va meglio che qui e io avrei intenzione di andarghe anche me in seguito se voi siete conetnti ma pero io ci stago vorenteraanqua qui e inquanto al razole mena regalato uno Raggi Antonio e in quanto alla moneta che io odato a Raggi Antonio mi ho fatofare un confesso da unatra persona e ciera lui in presente e inquanto ali afari di cassa che tu mi dicci fatte come credete melio e io cio una settimana e se io non to scrito prima e il motivo che noncoavutotempo al giorno si lavora a alla notte mi piace a dormire e ala domenica mi piace andare un po agirare per il Broochelyn e pure per Novviaiorche e poi quella che venita a cassa di Cornoro avara dato notizia di me sarebbe la Cerina altro non mi resta che asalutarvi tanto….

la zia la beata del Pratto e anche alla sartora e suvo marito se mi saluterete tanto la Cristoffa e anche Monteverdi Pietro che sarebe statto mio Amico altro non mi resta che augurarvi una presiosa salute e di fare coragio alla nostra Cara madre

 

Adio Adio son sempre il vostro afessionatissimo filio e fratello

 

(senza firma)

5.3. 1944: Lettera di un deportato che scrive alla famiglia nel trevigiano. Dalla Polonia a Salgareda (Treviso)

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

 

Questa testimonianza è tratta dal Fondo Pirola dell’AITER, Archivio Italiano Tradizione Epistolare in Rete, che raccoglie lettere a e da internati militari risalenti agli anni 1943-1945.

 

D., Giovanni a D., Pietro

Stargard Szczecinski (Polonia), 10 luglio 1944

 

Caro Padre ti faccio presente capo primo la mia salute e ottima cosi sia per avenire come pure ointeso so due bilieti ointeso la tuabuona salute cosi pure tutti di famiglia che godete ottima salute i due bilieti uno in data del 9.6. 12.6. Ointeso che avete ricevuto scrito per meso della croce rosa da me e anche del fratello e di bruno a scrito Lui con le prori mani sta bene Anche ointeso che ne sono ancora 3 in giro mi fai sapere quanti me avete spedito in tutti e io neò ricevuto fino ora 6. Così spero mi altri agiunghi altri che sono spediti. Anche riguardo di Treviso ointeso i disagio che stato Altro non mi alungo di inviarti i miei più cari saluti sto bene tuo figlio Giovanni

saluti e baci a te e tutti di famiglia fami sapere come va la stagione e la campagna Saluti da mi a Ida e famiglia saluti alla sorella e famiglia vicini sto bene arivederci in buona salute tuo figlio Gio baci cari

5.4. 1947: Lettera di un lucano emigrato negli Stati Uniti alla famiglia

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Il sito web Lucanianet dedica una sezione a Storie di immigrazione; in particolare, alcune pagine sono intitolate Righe nostalgiche di emigranti, e contengono una serie di lettere di lucani emigrati ai propri cari.

 

North Tonawanda N.Y. 8/12/47

 

Caro Cugino

Con piacere ò letta la tua lettera e ne godiamo tutti sapere che siete in buona salute e che anche tua figlia va migliorando.

Contento che a vete ricevuto il pacco e ne sto preparando u naltro. O ritardato unpo a scrivere che o dovuto farmi loperazione per hernia e capirai che i giorni passano. Ma ora sto molto meglio e colla iuto di Dio mi sono liberato di tale in comodo.

Terimetto 2 dollari, cosi per le feste del Santo Natale berrai alla nostra salute. sono dolente di non potere mandare di più, ma speriamo che non vado in contro a daltre spese che non mi dimenticherò mai. Di noi Rosa e Maria Giovanna stanno bene. Ma sai che la vecchiaia li tiene ristretti. Ma noi ci vediamo e vi ricordiamo sempre.

Non spendete mandandomi le lettere per via aria dato che ora costano 87 lire una settimana prima e una dopo non fa gente.

Io ve le mando perche noi paghiamo 15 soldi; ma voi 87 lire non vi conviene.

Noi tutti bene e vi auguriamo le buone Sante feste Natalizie saluti dalle mie figlie e da Angelo tanti donni sempre tuo affmo

 

Cugino

Vincenzo

 

 

 

Saluti e Buone Feste al nostro nipote Giuseppe e famiglia

Augurando che la Italia ritorna alla pace e al buon Ordine.

 

Rte: Vincenzo Salinardi

5.5. Anni ’60: Come si risolvono le corna (Sicilia)

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Il volume di Roberto Sala e Giovanna Massariello Merzagora Radio Colonia raccoglie una selezione di lettere indirizzate da emigrati italiani in Germania occidentale negli anni ’60-’70 a Pietro Maturi, direttore del programma Radio Colonia, rivolto agli emigrati italiani e trasmesso in lingua italiana da varie stazioni radio della Germania. Le lettere, che spaziano da un italiano popolare con numerosi dialettismi a un italiano (semi)colto corretto, sono di emigrati provenienti da ogni parte d’Italia..

 

Nella lettera che segue (Lettera 43, Sala-Massariello Merzagora 2008, pp. 42-43), un siciliano racconta la storia del tradimento subito dalla moglie e si pronuncia a favore dell’istituto del divorzio, che permette di risolvere simili questioni senza spargimenti di sangue. Sono numerosi gli elementi dell’italiano popolare (segmentazioni errate, confusione tra doppie e scempie, incertezza nell’uso delle maiuscole, che polivalente, ecc.). Compaiono alcune interferenze del tedesco in Afete e Non Ti foglio più, con sostituzione della fricativa labiodentale sorda alla corrispondente sonora.

 

 

 

CASTROP-RAUXEL [senza data]

 

Anche io come la signora che Afete intervistato sono del Suo Parere Sul divorzio certo se due non fanno da cordo per una cosa e per l’altra. Io Come Siciliano sono contrario A ucidere per certe cose ma quando Uno Si Acorge di non Voler più Bene sia luomo o la donna perché correre ai mezi disonosti con divorzio molte vitte saranno Risparmiate. Non Vi dicco il mio Nome Perché non Voglio farlo sapere A Tutti che sono il più grande cornuto della Sicilia perché doppo un Anno di Germania sono Andato per fare una Solpresa A Mia Moglie la quale mi sento dire Ritorna in Germania io Non Ti foglio più.

Doppo Avermi O Meglio esermi privato Anche Nel mangiare che le o Mandato in un Anno la Belleza di 700.Mila lire ora o speranza che facino questo divorzio se non lo fanno sono costretto Ad uciderli tutti e due sia per il mio onore che per l’onore di una creatura che Avevammo Noi, per il figli qui come fanno Anche in Italia potrebe Andar Bene

Scusate se non mi firmo Ma e così e Vorrei Sapere il Vostro Parere se o Torto. E come Me Tanti Altri chi è felice conla moglie non lo Vorra Ma il divorzio deve essere per chi non è felice e che Non Vanno dacordo.

 

Distinti Saluti

l’anonimo 39

5.6. 1974-1975: La testimonianza di una figlia di emigrati

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Giovanni Rovere e i suoi colleghi dell’Istituto di Lingue Romanze di Basilea indicono, tra il 1974 e il 1975, un concorso per raccogliere testimonianze di emigrati italiani in Svizzera, che poi confluiscono in una pubblicazione del 1977.

 

Nella testimonianza di Margherita (padre bresciano, madre foggiana, nata a Dulliken, età 12 anni [Rovere 1977, pp. 330-331]) possiamo notare come l’influsso del sostrato dialettale della madre, foggiana, appaia prevalente rispetto a quello del padre (per esempio per le sonorizzazioni mi drovavo ‘mi trovavo’ derza ‘terza’, guaderno ‘quaderno’) . La scolarizzazione della ragazzina non è stata in italiano, e che la sua conoscenza della lingua originaria dei genitori è, per così dire, istintiva.

 

La mia Storia

Io sono nata a Dulliken. A 6 anni mia mamma mi mando nel’asilo ma la suora spiego che si incomincia a 7 anni, allora io dovetti stare a casa ancora un anno. Nel primo anno di scuola io mi drovavo pene non era lunica in classe. A me mi piaceva andare a scuola Svizzera. A me mi piacevano molto le cite che drascoravamo con la scuola, io mi divertivo molto. I primo anno di scuola andavamo con una maestra molto brava ma dopo dovette andare via e dovette venire un altra maestra.

A me mi piaceva molto a scuola quando faccevamo i disegni, ma quando faccevamo i Riassunti non li volevo mai fare. In derza classe noi venivamo da un maestro, era molto bravo, Un giorno venne una nuova bambina a nostra Scuola era molto brava veniva da Kuba che e un Isola che si drova vicino l’America. Io quando non sabevo fare qualche cosa chiedevo o cuardavo nel guaderno della mia compania. Nella 4 classe io andai anchora con il stesso maestro a scuola, un giorno noi incomingiavamo con la lezione di francese, allora per me venne più dificile studiare perchè io dovevo andare a scuola d’Italiano e a scuola svizzera, e dovevo fare il corso di lingua francese.

In 5 classe noi dovevamo andare da una Signiorina era molto ricorosa ci dava molti compiti per casa e dava i voti molto passi. Io adesso sono in 6 classe e ancora da quella maestra ma per forze che ci dia i voti passi io spero che passo in 1 media.

5.7. Anni ’80: Una calabrese in Argentina scrive al figlio in Italia

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Sulla rivista «Italiano&Oltre», Paola Giunchi (1986, pp. 132-133) presenta alcune riflessioni sulla lingua degli italiani emigrati in Argentina. Lo fa attraverso una lettera scritta da una signora di origine calabrese, di 69 anni, emigrata in Argentina negli anni ’40, al figlio residente in Italia. In questo documento sono evidenti gli influssi dello spagnolo (sin dalle prime righe troviamo nene, alla tarde, primero, sercha, muchio, sangre) assieme ad alcune caratteristiche del dialetto calabrese (pinzione ‘pensione’, miggione, pastiggia, se lo robbano), in aggiunta a tutta una serie di tratti dell’italiano popolare scritto.

 

Carisimo figlio,

 

abbiamo ricevuto tu carta e mi rallegro che stai bene di salute, che essa è la mia felicità. Caro figlio ti scrivo con pochi giorni di ritardo perché con il nene alla tarde non se quale cosa fare primero, di più io mi immaginavo che per il compleanno lo chiamavi a papà. Non sai caro figlio l’allegria che abbiamo avuto nel sentirti parlare, ci sembrava di essere sercha, solo che è capace che ti è salito muchio la chiamata perché tutti ti volevano salutare e non le potevo dire di no. Caro figlio per l’assunto della pinzione di ltalia ancora non si sape niente, é capace che é mentira, speriamo che no, qualcher cosa ti faccio sapere. Mi ha scritto la zia Amalia, mi dico che si cambia di nuovo di casa e che tu la fusti a visitare, mi allegro molto, di più mi dico che il 5 di Ottobre fa le nozze di argento e era contenta se io stavo presente. Io ora ci scrivo caro figlio e ci mando gli auguri per carta, che ora per fare un telegramma mi sale ma di 200 miggione. Se a giugno mi saliò 90, ora chissa lo che sale. Se tu la chiami ci dai gli auguri di parte mia.

Caro figlio per papà come ti dicevo si ha fatto un ceccheo generale analisi di sangre, di orina, radiografia di torace e di rignone... e il dottore dico che tutto sta bene, l’unico che tiene la presione alta. Sta tomando qualcher cantidà di pastiggia, però non vaca se un giorno vaca l’altro suve, io penso che sarà dello nervio, che lui per qualcher cosa si pone nervoso, toma pure pastiggia per lo nervio però sta dormido todo il dia, paresse un trappo di piso non tiene forza per nada, ieri è stato qua il capitano, vino con Pino a salutarlo, che lo cambiano di quartel, e lo dico a papà che quello che tiene è tutto mentale, che lui pensa che sta infermo e esso le fa male, che si distrae che non pensa a niente però lui a ogni cosa: a me lasciatemi stare che io sono malato. L’altro giorno la Rosalba lo accompagnò a medirsi la pressione e dico che le dico io in Italia stavo bene e io sono sicuro che se vado in Italia mi curo che qua mi faccio mala sangre todo lo mese aumenta il gas, la luce, gli imposti e lui risonga però il soldo ci danno una miseria, ora Pino dico a papà lo porta Bosia dal dottore che mi portò a me, che qua le fa guastare plata tutte le settimane di pastiggie e la pressione non vaca. […] Approposito caro figlio, la Rosalba ti ringrazia per la plata che ci mandaste al nene di sorte che non la saccarono. Dico papà che non mandi nada che se lo robbano. Luciano il 16 di Ottubre che é il Dia della madre si prende la comunione. Se tu pensi chiamare esso dia se non siamo qua siamo della Anna. [...]

Bibliografia

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Riferimenti bibliografici

 

 

 

Fonti in rete

 

 

 

Per approfondimenti

 

Viene qui riportata la bibliografia completa del saggio di Vera Gheno Emigrati d'Italia (pubblicato in L'italiano degli altri, a cura di Anna Antonini et al., Firenze, Le Lettere, 2010, pp. 1-60), di cui queste pagine sono una versione ridotta, in modo da fornire ulteriori spunti bibliografici agli studiosi interessati all'argomento.