5.7. Anni ’80: Una calabrese in Argentina scrive al figlio in Italia

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

Sulla rivista «Italiano&Oltre», Paola Giunchi (1986, pp. 132-133) presenta alcune riflessioni sulla lingua degli italiani emigrati in Argentina. Lo fa attraverso una lettera scritta da una signora di origine calabrese, di 69 anni, emigrata in Argentina negli anni ’40, al figlio residente in Italia. In questo documento sono evidenti gli influssi dello spagnolo (sin dalle prime righe troviamo nene, alla tarde, primero, sercha, muchio, sangre) assieme ad alcune caratteristiche del dialetto calabrese (pinzione ‘pensione’, miggione, pastiggia, se lo robbano), in aggiunta a tutta una serie di tratti dell’italiano popolare scritto.

 

Carisimo figlio,

 

abbiamo ricevuto tu carta e mi rallegro che stai bene di salute, che essa è la mia felicità. Caro figlio ti scrivo con pochi giorni di ritardo perché con il nene alla tarde non se quale cosa fare primero, di più io mi immaginavo che per il compleanno lo chiamavi a papà. Non sai caro figlio l’allegria che abbiamo avuto nel sentirti parlare, ci sembrava di essere sercha, solo che è capace che ti è salito muchio la chiamata perché tutti ti volevano salutare e non le potevo dire di no. Caro figlio per l’assunto della pinzione di ltalia ancora non si sape niente, é capace che é mentira, speriamo che no, qualcher cosa ti faccio sapere. Mi ha scritto la zia Amalia, mi dico che si cambia di nuovo di casa e che tu la fusti a visitare, mi allegro molto, di più mi dico che il 5 di Ottobre fa le nozze di argento e era contenta se io stavo presente. Io ora ci scrivo caro figlio e ci mando gli auguri per carta, che ora per fare un telegramma mi sale ma di 200 miggione. Se a giugno mi saliò 90, ora chissa lo che sale. Se tu la chiami ci dai gli auguri di parte mia.

Caro figlio per papà come ti dicevo si ha fatto un ceccheo generale analisi di sangre, di orina, radiografia di torace e di rignone... e il dottore dico che tutto sta bene, l’unico che tiene la presione alta. Sta tomando qualcher cantidà di pastiggia, però non vaca se un giorno vaca l’altro suve, io penso che sarà dello nervio, che lui per qualcher cosa si pone nervoso, toma pure pastiggia per lo nervio però sta dormido todo il dia, paresse un trappo di piso non tiene forza per nada, ieri è stato qua il capitano, vino con Pino a salutarlo, che lo cambiano di quartel, e lo dico a papà che quello che tiene è tutto mentale, che lui pensa che sta infermo e esso le fa male, che si distrae che non pensa a niente però lui a ogni cosa: a me lasciatemi stare che io sono malato. L’altro giorno la Rosalba lo accompagnò a medirsi la pressione e dico che le dico io in Italia stavo bene e io sono sicuro che se vado in Italia mi curo che qua mi faccio mala sangre todo lo mese aumenta il gas, la luce, gli imposti e lui risonga però il soldo ci danno una miseria, ora Pino dico a papà lo porta Bosia dal dottore che mi portò a me, che qua le fa guastare plata tutte le settimane di pastiggie e la pressione non vaca. […] Approposito caro figlio, la Rosalba ti ringrazia per la plata che ci mandaste al nene di sorte che non la saccarono. Dico papà che non mandi nada che se lo robbano. Luciano il 16 di Ottubre che é il Dia della madre si prende la comunione. Se tu pensi chiamare esso dia se non siamo qua siamo della Anna. [...]