3. Aspetti linguistici

Varietà dell'italiano

Si fornisce qui di seguito una schematica descrizione (tratta da D’Achille 2010) delle principali caratteristiche dell’italiano popolare.

3.1 Fonetica e grafia

Varietà dell'italiano

Sul piano fonetico, nel parlato dei semicolti si rilevano frequenti errori nell’accentazione (persuàdere, centrifùga) ed evitamenti di sequenze foniche complesse o estranee al sistema [pis:i]cologo, ga[s:e]. Nella scrittura, oltre a tratti dovuti a interferenze dialettali e regionali o a fenomeni di ipercorrettismo (Andonio, manciare, in semicolti meridionali), sono da segnalare:

 

(a) la mancata percezione dei confini delle parole, con frequenti univerbazioni di articoli, pronomi clitici e preposizioni (lamico, tidico, avedere), e anche con alcune improprie segmentazioni (con torni, di spetto, in dirizzo, l’aradio, con concrezione dell’articolo);

 

(b) la difficoltà nella resa delle doppie, spesso scempiate (fato «fatto») – ma a volte, per ipercorrettismo, le scempie vengono indebitamente raddoppiate (baccio ‘bacio’), specie da scriventi settentrionali – e la semplificazione dei nessi consonantici, nella grafia come spesso anche nella pronuncia (atro ‘altro’; particolarmente frequente è l’omissione della nasale: sepre ‘sempre’, fidazzata ‘fidanzata’);

 

(c) la presenza di errori di ortografia, soprattutto in alcuni punti critici del sistema, come la ‹h›, omessa (anno visto, ance ‘anche’) o usata a sproposito (chome), la ‹q›, indebitamente estesa (quore, qucina), i digrammi e trigrammi (celo ‘cielo’, molie o mogle ‘moglie’);

 

(d) la scarsa e impropria utilizzazione dei segni paragrafematici: accenti e apostrofi omessi o inseriti indebitamente; uso casuale e a volte ‘reverenziale’ delle maiuscole, per le iniziali delle parole ritenute più importanti; punteggiatura per lo più assente o messa a casaccio.

3.2 Morfologia

Varietà dell'italiano

A livello morfologico, i fenomeni più rilevanti sono:

 

(a) la tendenza a regolarizzare i paradigmi nominali e aggettivali, per lo più con l’adozione di maschili in -o / -i (l’agento «agente»; gli auti «autobus»; grando «grande») e femminili in -a / -e (la moglia «moglie»; le cimice «cimici»; inglesa «inglese»);

 

(b) gli scambi tra aggettivi e avverbi e il rafforzamento ‘analitico’ di comparativi e superlativi sintetici (il posto meglio «migliore»; guidare veloce «velocemente»; e tanta buona «tanto buona»; piu migliore; molto ottimo);

 

(c) la sovraestensione del clitico dativo ci, che assume anche il valore di «a lui», «a lei» (anche come allocutivo di cortesia) e «a loro» (ci mando un bacio; posso dirci una cosa?), che sembra marcato in diatopia come settentrionale o meridionale; al centro si generalizza piuttosto gli (come in genere nel parlato), ma spesso è sovraesteso anche al maschile le (ho incontrato tuo zio e le ho ridato i soldi), forse per ipercorrettismo, o per influsso dell’allocutivo di cortesia; notevoli anche sequenze di clitici contrarie all’ordine standard (non si ci vede «non ci si vede»);

 

(d) l’uso del possessivo suo anche per la III persona plurale, invece di loro (si hanno anche esempi come suo di lui, suo di loro);

 

(e) nel sistema verbale, gli scambi fra gli ausiliari dei verbi attivi, in rapporto ai diversi sostrati dialettali (ho rimasto; sono mangiato; vi avete sbagliato), la presenza di forme improprie ‘analogiche’, specie nel congiuntivo (potiamo «possiamo», vadi «vada», facci «faccia», stasse «stesse»), nel passato remoto (misimo «mettemmo») e nel participio passato (taciuto «fatto»), nonché la generale riduzione dei tempi e dei modi.

3.3 Sintassi

Varietà dell'italiano

A livello sintattico, come fatti peculiari sono da segnalare:

 

(a) estensioni di concordanze a senso del tipo la gente applaudivano o qualche uomini;

 

(b) nella frase relativa, non solo la pressoché sistematica adozione del che polivalente, diffusa in generale nel parlato, ma anche la sovraestensione di dove (il giorno dove mi sono sposata), la commistione del modello analitico con quello sintetico (ho ricevuto la lettera che con la quale mi dici che stai bene), l’uso di la quale non preceduto da preposizione (la tua lettera la quale mi sono rallegrato), anche invece di che pronome e talvolta perfino congiunzione (capisco la quale stai bene);

 

(c) la ripetizione del clitico in perifrasi con i verbi modali (ti devo dirti);

 

(d) costrutti particolari come il periodo ipotetico col doppio condizionale (se saresti tu al posto mio, faresti la stessa cosa) o col doppio imperfetto congiuntivo (se potessi, lo facessi), diversamente distribuiti nelle varie aree;

 

(e) oltre alle sistematiche riprese clitiche degli elementi dislocati a sinistra del tipo a me mi piace (caratterizzanti, come si è detto, solo in rapporto allo scritto standard), va segnalata la frequenza delle frasi con tema sospeso (io mi pareva un miracolo) e anche con l’oggetto preposizionale (ho incontrato a Giuseppe); non rare le anticipazioni del verbo (dormire, dormo su un pagliericcio, citato da Spitzer 1976, p. 40).

3.4 Lessico

Varietà dell'italiano

Nel lessico e nella formazione delle parole i fenomeni più rilevanti sono:

 

(a) lo scambio di suffissi (discrezionalita ‘discrezione’) e di prefissi (indispiacente ‘dispiaciuto’; spensierato ‘pensieroso’); la produttività del suffisso zero e della sottrazione di suffisso (prolungo ‘prolungamento’; spiega ‘spiegazione’); la presenza di morfemi aggiuntivi (i tranquillizzanti ‘tranquillanti’);

 

(b) i cosiddetti malapropismi, cioè parole storpiate sul piano del significante per accostamento paretimologico ad altre più note (celebre ‘celibe’, fibrone ‘fibroma’, altrite ‘artrite’; sodomizzare ‘somatizzare’), particolarmente frequenti con i nomi propri (a Roma Castro Petrolio ‘Castro Pretorio’) e le parole straniere (ho pagato il tic ‘ticket’);

 

(c) l’uso di popolarismi espressivi (botta, botto, macello);

 

(d) la preferenza per strutture lessicali di tipo analitico (fare sangue ‘sanguinare’; malato al cervello ‘pazzo’);

 

(e) il ricorso a dialettismi per riempire ‘vuoti oggettivi’ e ‘soggettivi’, cioè per indicare referenti che in italiano non esistono o di cui non si conoscono i termini (Cortelazzo 1972), nonché, in documenti di emigranti, fenomeni di interferenza con la lingua locale, evidenti anche ad altri livelli di analisi oltre a quello lessicale (cfr., per es., Palermo 1990).

 

Accanto alla fenomenologia del parlato più trascurato, la lingua dei semicolti presenta anche particolarità spiegabili con riferimento ai modelli di lingua scritta conosciuti e sentiti come particolarmente prestigiosi, primo fra tutti quello della burocrazia, il cui influsso si rileva, per es., in stilemi come con la presente vengo a dirti …, o nell’uso di firmare (o anche semplicemente di presentarsi) prima con il cognome e poi con il nome, oppure ancora nell’adozione del tipo il sottoscritto per riferirsi allo scrivente, che però, prima o poi, passa alla I persona singolare.