I corsi di lingua e cultura italiana

Emigrazione e lingua italiana nel mondo

La legge 3 marzo 1971 n. 153 costituisce un punto di riferimento fondamentale per la storia linguistica dell’emigrazione italiana all’estero. Tramite questa legge sono state infatti messe in atto attività di formazione e assistenza scolastica a favore dei lavoratori italiani all’estero e dei loro familiari, proponendo in particolare dei ‘Corsi di lingua e cultura’ la cui realizzazione ha assunto forme e modi assai diversificati a seconda del contesto di applicazione della legge.

 

La legge prevedeva l’attivazione di corsi con l’obiettivo da un lato del mantenimento dell’identità linguistica italiana nei giovani emigrati all’estero in vista di un possibile rientro in patria e dall’altro lato per il sostegno all’inserimento di tali studenti nei contesti scolastici locali. Tali obiettivi hanno assunto prospettive diverse a seconda del Paese in cui è stata applicata la legge: in Francia, pur essendo attuate strategie compensative rispetto alla lingua di origine, di fatto le politiche linguistiche e migratorie francesi spingevano per una completa assimilazione, ovvero per l’abbandono della lingua di origine. In Germania invece il mantenimento della diversità, e quindi il mantenimento della lingua di origine, ha rappresentato un obiettivo soprattutto in virtù delle differenti politiche verso gli immigrati stranieri da parte dello Stato tedesco.

 

I corsi erano per lo più attuati in stretto raccordo con le scuole straniere, più che con le scuole italiane all’estero, in forma extracurriculare e parascolastica, destinati ai soli studenti di origine italiana e basati su obiettivi piuttosto bassi, con un approccio fortemente compensativo. I corsi spesso assumevano i modelli locali di istruzione, e hanno iniziato a essere frequentati anche da studenti di origine non italiana o da studenti con un legame solo formale con la propria origine italiana, oramai totalmente assimilati al Paese di vita, per cui l’insegnamento assumeva metodi e strumenti tipici dell’apprendimento formale di una lingua straniera più che di una lingua di origine, come nel caso della Francia. In Germania invece, quale esempio di contesto di applicazione della Legge 153/71 totalmente differente, i corsi si ponevano l’obiettivo di fornire un appiglio identitario con la lingua di origine, che spesso i ragazzi non conoscevano dal momento che in casa era usato il dialetto o un tedesco interlinguistico come il Gastarbeiterdeutsch.

 

I corsi di lingua e cultura ex lege 153/1971 hanno subito nel corso del tempo una forte evoluzione sia nei destinatari, non più solo ragazzi di origine italiana ma anche di altre origini, sia nel repertorio plurilingue degli studenti, non più ragazzi con un repertorio linguistico che comprende una qualche varietà di italiano o di dialetto, ma ragazzi per i quali l’italiano è appreso alla stregua di una lingua straniera. La diversificazione dei pubblici dei corsi e il loro allargamento sono lo specchio della posizione dell’italiano nel mondo che secondo i dati di ‘Italiano 2000’ (De Mauro et al. 2002) si colloca tra le lingue più studiate al mondo.

La progressiva riduzione di risorse nel contesto di crisi economica in cui viviamo ha inciso fortemente sulle capacità di mantenere in vita i corsi da parte degli enti gestori, tuttavia i corsi si sono evoluti diventando in molti contesti un punto di riferimento per chi desidera studiare l’italiano indipendentemente dalla propria origine, dando quindi prova di una estrema vitalità e attrattività della lingua italiana nel mondo.

 

 

Fonte: Maria Cristina Castellani, I corsi di lingua e cultura italiana: i diversi contesti e la formazione dei docenti, in Storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo, a cura di Massimo Vedovelli, Roma, Carocci, 2011, pp. 175-192.