2.3. I ricettari dell'Ottocento

Cucina

Quando si parla di produzione letteraria ottocentesca in cucina ci si riferisce ai ricettari pubblicati dal primo decennio del XIX secolo al 1891, anno in cui venne pubblicata la prima edizione della Scienza in cucina di Pellegrino Artusi. Si tratta di testi poco originali e per lo più anonimi, ma anche scritti da illustri medici o cuochi di professione, che hanno però il merito di illustrare spesso pratiche e usi propri locali o regionali mantenuti nelle cucine piccolo e medio borghesi. In questo periodo, infatti, accanto all'aristocrazia e ai ceti popolari, anche in Italia si andava affermando la classe borghese, che a proprio modo cominciava a volere esprimere il proprio status anche a tavola. Proprio l'esigenza di rivolgersi a questa nuova classe avrebbe poi portato, da Artusi in poi, alla scelta del volgare toscano e alla diminuzione dell'uso di termini francesi.

 

Tra i ricettari ottocenteschi, ricordiamo qui La cucina sana, economica ed elegante di Francesco Chapusot, pubblicato a Torino nel 1846; il Trattato di cucina, pasticceria moderna di Giovanni Vialardi, pubblicato a Torino nel 1854; Il Nuovo cuoco milanese economico di Giovanni Francesco Luraschi, edito a Milano nel 1829; La cuciniera genovese ossia la vera maniera di cucinare alla genevose di Giambattista e Giovanni Ratto, edito a Genova nel 1871; La nuova cucina economica di Vincenzo Agnoletti, edito a Roma nel 1803 e La cucina teorico-pratica del cavalier don Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino, edito a Napoli nel 1837, di cui si ricorda l'appendice in dialetto napoletano, in cui vengono proposti piatti dal sapore popolare.

 

I ricettari di questo periodo sono anche espressione di gusti differenti tra un Sud, in cui prevalgono la pasta, il pomodoro e l'olio d'oliva, e un Nord in cui si afferma l'uso del riso, della polenta e del burro. La lingua di questi ricettari è caratterizzata dalla presenza di dialettismi e francesismi, che rendevano difficoltosa la comprensione da parte di un pubblico ampio e diversificato. A dimostrazione di questo, basta leggere le accuse mosse ad Antonio Vialardi da Olindo Guerrini che, in una lettera d'elogio inviata ad Artusi, con sottoscrizione "Lorenzo Stecchetti", definiva "incomprensibili" molti ricettari pubblicati prima della Scienza in Cucina, non solo per scelte lessicali, ma anche per la mancanza di riferimenti pratici; e così terminava: «Per trovare una ricetta pratica e adatta per una famiglia bisogna andare a tentone, indovinare, sbagliare. Quindi benedetto l'Artusi!  […]».

2.3.1. "Pastina alla Milanese" e "Maccaruncielle"

Cucina

Pastina alla Milanese da La cucina teorico-pratica del cavalier Ippolito Cavalcanti (la ricetta è ripresa da Benporat Claudio, Storia della gastronomia italiana, Mursia, Milano 1990, pp. 337-338).  

 

Prendete una quarta di farina di semola, unitevi oncie tre butirro liquefatto manipolatela come sopra con poco sale e pepe, bagnatela con acqua ed uno spruzzo di aceto e ben manipolato, ma che sia liquida montate un chiaro o due d'uova, unitevi il suo rosso, il tutto incorporate, servitene per li mariné.

 

Maccaruncielle da La cucina teorico-pratica del cavalier Ippolito Cavalcanti (la ricetta è ripresa da Benporat Claudio, Storia della gastronomia italiana, Mursia, Milano 1990, p. 366).

 

Scaura tre rotola de maccaruncielle, e chille de la Costa so chiù accellente, chillo de Gragnano pure songhe buon'assaje, e io llo saccio pecchè ncasa de no Signore, che sta de casa vicino a la Nunziata, nne tene sempe li casciune de tutte sciorte de pasta, benedica: pecchè tene no creddeto co uno de Gragnano, e te può figurà chillo puverommo, che sciorte de pasta lle manna, sempe la meglio, pecchè cchiù de na vota ngiaggio manciato, pecchè dinto a chella casa nge'è trasuta na Signorina, che io voglio tanto bene, e quanno chillo Signore se mette a dà na tavola, non te può fiurà com'è sguazzone, pecchè ng'è lo ditto nuosto che dice, ma chesto non pozzo dicere mò: scaura addonga li maccarune vierde vierde, li sculi, e poi li mbruogli co no miezo ruotolo de caso de sardegna, pecchè chillo Signore accossì lli ffa, e lo brodo de lo stufato.

2.3.2. «Lettera del poeta Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini)...»

Cucina

«Lettera del poeta Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) a cui mandai in dono una copia del mio libro di cucina, terza edizione:

 

On. Signor mio,

 

Ella non può immaginate che gradita sorpresa mi abbia fatto il suo volume, dove si compiacque di ricordarmi! Io sono stato e sono uno degli apostoli più ferventi ed antichi dell'opera sua che ho trovato la migliore, la più pratica, e la più bella, non dico di tutte le italiane che sono vere birbonate, ma anche delle straniere. Ricorda ella il Vialardi che fa testo in Piemonte?  

 

«GILLÒ ABBRAGIATO. - La volaglia spennata si abbrustia, non si sboglienta, ma la longia di bue piccata di trifola cesellata e di giambone, si ruola a forma di valigia in una braciera con butirro. Umiditela soventemente con grassa e sgorgate e imbianchite due animelle e fatene una farcia da chenelle grosse un turacciolo, da bordare la longia. Cotta che sia, giusta di sale, verniciatela con salsa di tomatiche ridotta spessa da velare e fate per guarnitura una macedonia di mellonetti e zuccotti e servite in terrina ben caldo».

 

Non è nel libro, ma i termini ci sono tutti.

 

Quanto agli altri Re dei Cuochi, Regina delle Cuoche ed altre maestà culinarie, non abbiamo che traduzioni dal francese o compilazioni sgangherate. Per trovare una ricetta pratica e adatta per una famiglia bisogna andare a tentone, indovinare, sbagliare. Quindi benedetto l'Artusi! È un coro questo, un coro che le viene di Romagna, dove ho predicato con vero entusiasmo il suo volume. Da ogni parte me ne vennero elogi. Un mio caro parente mi scriveva: “Finalmente abbiamo un libro di cucina e non di cannibalismo, perché tutti gli altri dicono: prendete il vostro fegato, tagliatelo a fette, ecc.” e mi ringraziava.

Avevo anch'io l'idea di fare un libro di cucina da mettere nei manuali dell'Hoepli. Avrei voluto fare un libro, come si dice di volgarizzazione; ma un poco il tempo mi mancò, un poco ragioni di bilancio mi rendevano difficile la parte sperimentale e finalmente venne il suo libro che mi scoraggiò affatto. L'idea mi passò, ma mi è rimasta una discreta collezione di libri di cucina che fa bella mostra di sé in uno scaffale della sala da pranzo. La prima edizione del suo libro, rilegata, interfogliata ed arricchita (?) di parecchie ricette, vi ha il posto d'onore. La seconda serve alla consultazione quotidiana e la terza ruberà ora il posto d'onore alla prima perché superba dell'autografo dell'Autore. 

 

Così, come Ella vede, da un pezzo conosco, stimo e consiglio l'opera sua ed Ella intenda perciò con che vivissimo piacere abbia accolto l'esemplare cortesemente inviatomi. Prima il mio stomaco solo provava una doverosa riconoscenza verso di Lei; ora allo stomaco si aggiunge l'animo. È perciò, Egregio Signore, che rendendole vivissime grazie del dono e della cortesia, mi onoro di rassegnarmi colla dovuta gratitudine e stima.

 

Bologna, 19-XII-96

Suo Dev.mo

Olindo Guerrini  

 

(dalla Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, a cura di A. Capatti, Milano, Rizzoli 2010, pp. 33-34).