4. La cucina italiana e la "grande cuisine"

Cucina

Alla voce Cucina dell'Encylopédie, Louis Jaucourt attribuisce ai cuochi d'oltralpe la colpa di aver diffuso la passione per il cibo e le tecniche per soddisfarla: «Gli italiani hanno ereditato per primi i residui della cucina romana; sono loro che hanno fatto conoscere ai francesi la buona tavola, di cui molti nostri re tentarono con editti di reprimere l'eccesso; ma alla fine essa ebbe il sopravvento sulle leggi sotto il regno di Enrico II; allora i cuochi di quel paese transalpino vennero a stabilirsi in Francia, ed è questa una delle cose di cui siamo debitori a quella torma di italiani corrotti che servivano alla corte di Caterina de' Medici».

 

Nasce, così, la leggenda secondo la quale la cucina italiana sarebbe entrata alla corte di Parigi tramite i cuochi che Caterina de' Medici portò al suo seguito una volta diventata sposa nel 1533 di Enrico di Valois, duca di Orléans, re di Francia dal 1547.

 

Come affermato da Massimo Montanari, però, «I cuochi italiani potevano ben essere stati dei maestri in Europa, ma ciò che insegnavano (il profluvio di spezie e di zucchero, la mescolanza del dolce e dell'agro) era ancora profondamente legato alla cultura medievale dell'artificio, che proprio sulle tavole dell'Italia rinascimentale raggiunse il più alto grado di perfezione. La perizia tecnica di uno Scappi è fuori discussione, ma il rinnovamento gastronomico francese del XVII secolo si basò su princìpi radicalmente opposti: il rifiuto dell'artificio e delle combinazioni agrodolci, il drastico ridimensionamento delle spezie, l'invenzione di salse a base grassa anziché acida, la ricerca di sapori "naturali". I ricettari italiani del Quattro‑Cinquecento, e i cuochi che li scrivevano o li usavano, non possono essere ritenuti il "modello" di una cucina che si svilupperà su basi teoriche e pratiche del tutto diverse, anzi contrarie. […] Eppure, un contributo l'Italia lo diede. Su un piano diverso, però. Vari studiosi convengono infatti nel riconoscere che l'apporto più significativo riguardò i prodotti più che il gusto. Uno dei caratteri di novità della cucina francese del XVII secolo fu la scelta di valorizzare, contro l'enfasi carnivora della cucina medievale, le verdure e gli aromi dell'orto ‑ una tradizione che soprattutto la gastronomia italiana aveva elaborato e tramandato attraverso i secoli».

 

Le due cucine, quella francese e quella italiana, dunque, che si influenzarono l'una con l'altra, fino al prevalere, nel XVIII secolo, della prima sulla seconda, si influenzarono vicendevolmente nel tempo. Inoltre, l'importanza stessa data al banchetto doveva essere di diverso grado, come fanno emergere le considerazioni di viaggiatori dell'epoca, come Lalande e Valery.

4.1. Lalande e Valery

Cucina

Così scrisse Lalande: «La magnificence de ces grandes Maisons [Colonna, Orsini, Barberini, Borghese, Chigi, ecc.] consiste principalement de pàges, de coureurs, de laquais, de caveau, de carrosses; des tableaux précieux & de belles flautes antiques & modernes. Ce n'est ni dans la bonne chere, ni dans le luxe des habits, que leur somptuosité se déploye. On ne donne à manger que raramente & dans de grande occasions; il faut en excepter les Villegiatures, où l'on fait de la dépense; car enfin il faut bien que le revenu des Maisons, qui sont très-riches, soit employé à quelque chose. Ces Maisons riches sont très rares; même parmi les Princes; les autres n'ont qu'un superflu qui peut se consumer aisément par deux ou trois fêtes d'appareil, queleque nôce…» (Lalande Jérôme, Voyage d'un françois en Italie, fait dans les années 1765 et 1766, a Venise et se trouve a Paris, chez Desaint, 1769, vol. V, p. 130).

 

Anche Valery, proprio nel capitolo riguardante Roma scriveva: «Cepandand les Italiens dont sobres. La vie des grands est même assez frugale. Les tables diplomatiques, celles de quelques financieres, son à peu près les seulesque l'on cite» (Valery Antoine Claude Pasquin, L'Italie confortable, manuel du touriste, appendice aux voyages historiques, littéraires et artistiques en Italie, Renuard, Paris 1791, p. 189).

 

Di lì a quella parte, l'importanza del banchetto come status symbol sarebbe passato nelle mani delle famiglie borghesi,  alle quali si iniziarono a dedicare ricettari a partire proprio dal XVIII secolo.