9.1. "L'Apicio Moderno"

Cucina

L'Apicio moderno ossia l'Arte di apprestare ogni sorta di vivande, pubblicato per la prima volta nel 1790 in 6 tomi, in ottavo, poi una seconda volta (col semplice titolo di Apicio moderno), nel 1807-1808, accompagnato dall'Apicio moderno ossia l'Arte del credenziere (sempre per i tipi di Giunchi, a Roma), è il ricettario più ampio del Settecento, sia rispetto alla produzione editoriale italiana, sia francese.

 

Scritto da Francesco Leonardi, cuoco romano di formazione francese, di fama internazionale, che operò al servizio di eminenti personaggi, come il Cardinale de Bernis, ambasciatore francese presso la Santa Sede, sia in Italia sia all'estero (arrivò persino in Russia, lavorando per Caterina II), l'opera si presenta come il riassunto della tradizione (Apicio ricorda la gloria degli antichi maestri dell'arte culinaria di Roma, in quanto ad un certo Apicius fu attribuito il De re coquinaria, antico ricettario) e dell'innovazione in cucina (moderno era un aggettivo comune nei titoli di ricettari francesi ma assente fino ad allora nei titoli italiani). Così, accanto a piatti tipicamente italiani, come le preparazioni a base maiale  (mortadelle e cotechini) o piatti composti a base di pasta, si ritrovano ricette francesi e di altre nazionalità (come il Pasticcio di Cibulette in IV, 260 o la Zuppa Russa di Ortica in I, 59), ben 22 ricette di patate (pomi di terra) e ben 40 ricette di pomodoro (pomidoro), ortaggio il cui uso non era ancora comune in Francia e di cui Leonardi è il primo in Italia a fornire ricette di salsa, sugo e conserva.

 

Il risultato è un'opera di più di 3000 ricette in cui Leonardi non manca di rivelare il gusto della cucina italiana, ma anche quello suo personale, sfoggiando ricette tradizionali (p. es. pangiallo), esotiche (p.es. ricette alla Russa o alla Biela Russa) e di sua invenzione. Inoltre, nell'Apicio Leonardi inserisce una parte abbastanza ampia riguardante la descrizione di vari tipi di aceto e di vino, di cui non si è trovato riscontro in altri testi. L'opera, completa in quanto a contenuti, venne scritta da Leonardi per un pubblico sempre più ampio, tanto da richiedere particolari accorgimenti linguistici, proprio in un periodo in cui la lingua italiana tutta, e quella del settore culinario in particolar modo, era influenzata fortemente dal modello francese. Leonardi usa, infatti, la tecnica di trascrivere foneticamente i termini francesi, cioè secondo la grafia italiana «per maggiore intelligenza di quelli, che non sanno quell'idioma»; inserisce una Spiegazione di alcuni termini francesi, ed Italiani usitati nella Cucina nel primo tomo (pp. lv-lvj) e una Spiegazione Generale de' Termini Francesi nel sesto tomo (pp. 318-321). Inoltre, si serve di note di commento e varia le ricette e i sostantivi usati a seconda della tipologia di persona cui si rivolge, in un continuo cambiamento del modo di scrivere, utile a soddisfare la fame di tutti i suoi lettori.

9.1.1. I contenuti

Cucina
  • Il primo tomo è dedicato a brodi, zuppe, e salse di grasso, al manzo, e alla vitella mongana;
     
  • il secondo all'agnello, al capretto, all'abbacchio, al majale, e parte della polleria;
     
  • il terzo alla polleria, al «selvaggiume grosso, e picciolo», alle terrine, e ai piatti composti;
     
  • il quarto «ai ragù, ai salpicconi», alle farse, alle guarnizioni, alle erbe, alle uova, alle creme, alle gelatine, ad altri piatti diversi, e alla pasticcieria;
     
  • il quinto a ogni sorta di brodi, zuppe, e salse di magro, ai ragù di magro con alcuni di grasso, e a tutti i pesci in generale «apprestati sì di grasso, che di magro»;
     
  • il sesto agli arrosti, ai rifreddi, ai crostacei, alle conchiglie, alle erbe di magro, alla pasticcieria di magro, ai pesci salati e sfumati, alle vivande da riservirsi sulla mensa, a al modo di conservare «diverse sorta d' erbe, quello di estrarre la farina de' pomi di terra».

9.1.2. Il pubblico dell'opera

Cucina

«Quest'Opera pertanto, che io presento al Pubblico, mi lusingo, che non solo potrà essere utile alle persone della professione, ma eziandìo a quelle di una condizione diversa, tanto relativamente alla salute, che all'economia di qualsivoglia famiglia, potendovi ognuno ricercare di che divertirsi nel voler fare la Cucina; imperciocchè oltre a quei piatti di prezzo soliti servirsi alle tavole de'Grandi, ve ne sono una gran quantità a portata d'ogni ceto di persone, tanto sullo stile Italiano, che Francese».

 

(Apicio, tomo I, pp. xx).

 

9.1.3. Le variazioni nella scrittura

Cucina

«Volesse il Cielo che il talento dei bravi Cuochi giungesse a tanto di fare col poco il molto, ma infelicemente tutte le cose che si voglian fare, per semplici che siano richiedono sempre un certo bisogno, e quantitativo, di cui non se ne può fare a meno, senza rovinare il più bello, e lungo travaglio. Dirò dunque su questo particolare, che il Consomè, il Suage, il Restoran, il Biondo di Mongana, ec. sono tutti nomi che per loro stessi non significano niente. I brodi si restringono a trè, cioè il Brodo bianco, il Brodo colorito, ed il Brodo legato. […] Ecco tutti i brodi».

 

(Apicio, tomo II, pp. xxxiv-xxxv).

 

Inoltre: «Non vorrei, che un apparato di tanti brodi, zuppe, salse, e nomi ignoti spaventassero l'onesto cittadino, e gli facessero supporre essere quest'opera inutile per lui. No? Sarebbe questo un mal'inteso supposto, mentre dovendo essa servire sì per il grande, e magnifico, che per il semplice, e mediocre, ho dovuto principiare con quei fondamenti, che portono seco le regole dell'arte, per poi insensibilmente calare al fine che mi sono proposto, volendo assolutamente che possa apportare profitto a chiunque ne sia provveduto. […] Onde non dee recar meraviglia se nella maggior parte delle salse vi bisogna qualche poco di vino di Sciampagna, essendo questo un condimento, che ognuno, che sappia alquanto la professione non lo deve ignorare, imperocchè l'anima delle salse è il vino bianco, e specillante lo Sciampagna. Ciò nonostante chi non lo avesse, o non potesse farne tal uso, potrà in tal caso servirsi del vino bianco ordinario, ma che non sia dolce. In quanto poi alli brodi […] basta che abbiano corpo, e sostanza […]. Riguardo poi alla carne, che viene prescritta anche di questa se ne può mettere meno, oppure niente, basta soltanto porvi qualche dadino di prosciutto, ma tale difficoltà potrà accadere in un ordinario molto ristretto, e regolato… »

 

(Apicio, tomo II, p. 64).