9.4. "Il talismano della felicità"

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Uno dei ricettari femminili più noti, Il Talismano della felicità di Ada Boni, pubblicato per la prima volta dalle Edizioni della Rivista Preziosa (Roma) nel 1925, è stato un punto di riferimento sicuro per generazioni di massaie. La fortuna dell’opera è testimoniata dalle numerose riedizioni che si sono susseguite, a distanza di pochi anni l’una dall’altra, ognuna delle quali arricchita e modificata rispetto alla precedente, di pari passo con un crescente successo che continua fino ad oggi, non solo in Italia, ma anche all’estero.

 

Nelle prime edizioni, il libro si apre con un Proemio scritto da Enrico Boni, marito di Ada e cultore di gastronomia, nel quale si tessono le lodi del grande cuoco francese Augusto Escoffier, autore della Guide culinaire e, fra gli italiani, di Adolfo Giaquinto, zio della stessa Boni e autore di pregevoli ricettari per la casa. Sferzante è invece la critica nei confronti di Artusi, definito dal Cavalier Boni come «l’autore che riuscì a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro», capace di scrivere «con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali». Neppure Ada Boni risparmia l’Artusi e non mancano le critiche (esplicite o allusive) che gli riserva nel testo di alcune sue ricette.

 

Le destinatarie del Talismano sono le «dame di fine eleganza e di impeccabile buon gusto» della borghesia e dell’aristocrazia italiana, appena sposate o prossime alle nozze, del tutto – o quasi – inesperte in cucina. Con il tono autoritario e didascalico che la contraddistingue, la Boni si rivolge a loro nella prefazione al testo («Alle lettrici»), promuovendo il Talismano come un prezioso aiuto per raggiungere la felicità coniugale:

 

Molte di Voi, Signore e Signorine, sanno suonare bene il pianoforte o cantare con grazia squisita, molte altre hanno ambitissimi titoli di studi superiori, conoscono le lingue moderne, sono piacevoli letterate o fini pittrici, ed altre ancora sono esperte nel «tennis» o nel «golf», o guidano con salda mano il volante di una lussuosa automobile. Ma, ahimè, non certo tutte, facendo un piccolo esame di coscienza, potreste affermare di saper cuocere alla perfezione due uova alla «coque». […] Pensate che non vi può essere una vera felicità là dove viene trascurata una parte così essenziale della nostra vita di tutti i giorni: l’alimentazione. […] Con piena coscienza noi vi diciamo: Signore, perfezionate sempre più le vostre cognizioni di cucina; Signorine, imparate a ben cucinare. Un «menu» semplice e ben eseguito è la pace della famiglia, ed è anche la certezza di veder apparire a casa il vostro compagno non appena i suoi affari o il suo impiego lo lasceranno libero.

 

Si passa poi, dopo una parte dedicata alle “Nozioni fondamentali di cucina”, al ricettario vero e proprio, diviso per argomenti. Grande spazio alle carni, ai primi piatti (minestre, minestroni, maccheroni, risotti ecc.), agli erbaggi, ma ancora più numerose le prescrizioni per i dolci. Attento anche agli aspetti pratici (ricette facili, costi contenuti, riutilizzo degli avanzi), il volume si conclude con un’appendice con utili consigli, per esempio, su come arredare una cucina, sull’“arte di comporre un menù”, a seconda dei pasti e delle occasioni, su come apparecchiare la tavola per un pranzo e servire i vini: tutto ciò che serve insomma per diventare una perfetta padrona di casa.

 

Il titolo così ben augurante, che insieme alla felicità matrimoniale evocava il potere magico del libro, hanno fatto diventare il Talismano della felicità una sorta di portafortuna per le giovani spose, che dagli anni ’20 ad oggi lo ricevono spesso come regalo di nozze.

9.4.1. Ada Boni: la biografia

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Ada Giaquinto nasce a Roma nel 1881 e fin da giovane si interessa alla cucina, seguendo gli insegnamenti dello zio paterno, Adolfo Giaquinto, chef, insegnante, autore di fortunati libri di ricette e fondatore all’inizio del Novecento della prestigiosa rivista gastronomica «Il Messaggero della cucina».

Il matrimonio con Enrico Boni, scultore e scrittore, discendente di una ricca famiglia di orafi romani, le consente una vita agiata tra la casa di palazzo Odescalchi e, d’estate, la grande villa sul litorale di Santa Marinella.

 

Su suggerimento del marito, che con lei condivide la passione per la cucina, fonda nel febbraio 1915 la rivista «Preziosa», diventandone la direttrice-proprietaria. Rivolta soprattutto alle signore della borghesia, «Preziosa» si presenta come una rivista moderna, ricca di indicazioni, spunti e consigli di economia domestica, utili per poter dirigere personalmente la casa senza affidarsi alle persone di servizio. Il mensile bandisce anche dei concorsi per le migliori ricette, con l’onore della pubblicazione sulla rivista, accompagnata dalla foto della vincitrice. «Preziosa» viene pubblicata fino al dicembre 1943, riprende nel gennaio 1946, per cessare definitivamente le pubblicazioni con il numero di dicembre 1959.

 

Nel 1925 appare, pubblicato dalle Edizioni della Rivista Preziosa, Il Talismano della felicità, l’opera imponente che l’ha resa famosa. Pensato per le spose della borghesia romana e italiana – che già leggeva «Preziosa» –, nel ricettario si raccolgono anche le migliori ricette apparse negli anni precedenti sulle pagine della rivista.

L’interesse per la cucina spinge inoltre Ada Boni ad aprire una scuola di cucina, a curare una serie di conversazioni radiofoniche settimanali e a scrivere altri libri di cucina.

 

Del 1929 è La Cucina Romana. Contributo allo studio e alla documentazione del folklore romano (Roma, Edizioni della Rivista Preziosa), un’opera interessante che raccoglie le ricette della tradizione culinaria romana, con particolare attenzione a quei piatti di cui si stava perdendo il ricordo; e del 1949, Prime esperienze di una piccola cuoca (Roma, Colombo).

 

Verso la fine degli anni Cinquanta, Ada Boni inizia a collaborare con la rivista «Arianna» dell’editore Mondadori, curandone la rubrica “Il talismano di Arianna”, con un evidente richiamo nel titolo al suo famoso ricettario. Nella stessa rivista, pubblica (a puntate) la sua Cucina Regionale Italiana, successivamente riunita in volume (Milano, Mondadori, 1975).

Ada Boni muore a Roma nel 1973.

9.4.2. Ricetta: "Fiori di zucca"

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Fiori di zucca

ed. Talismano 1927, pp. 349-350.

 

I fiori di zucca sono dei fiori alquanto disgraziati, perchè contrariamente a quanto avviene pei loro confratelli che abbelliscono i giardini, nessuno vuol prenderli sul serio. E' un torto dellumanità, la quale ne ha anche dei peggiori sulla coscienza. Del resto questi modesti fiori, così spesso e volentieri presi i n giro, si prendono la loro brava rivincita offrendo un cibo molto simpatico. Per lo più i fiori di zucca si fanno fritti, semplici o ripieni. In un caso come nell'altro è necessario che essi siano freschissimi e non molto aperti. La loro toletta culinaria è assai semplice. Se ne spunta un po’ il gambo, si liberano da qualche filamento, si lavano, si asciugano in un panno, ed eccoli pronti. Se volete friggerli al naturale non dovete far altro che immergerli in una pastella d’acqua e farina e metterli in padella. Se volete invece riempirli potrete seguire diversi sistemi. Potrete infatti, dopo averli delicatamente privati dell’anima, infarcirli con della mollica di pane grattata e impastata con olio, prezzemolo trito, qualche acciuga in pezzettini e un pizzico di pepe; oppure con delle fettine di mozzarella o provatura, e prosciutto; oppure con provatura e alici. Potrete anche riempirli con un po’ di besciamella, nella quale si possono unire, a scelta, dei dadini di gruyère, o una fettina di carne arrostita e tritata, o dei funghi cotti e tritati. Non avete dunque che l’imbarazzo di scegliere. Riempiti i fiori di zucca, si immergono nella pastella, o meglio ancora si passano nella farina e nell’uovo sbattuto, e si friggono.

9.4.3. Ricetta: "Frittelline di Carnevale"

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Frittelline di carnevale

ed. Talismano 1927, pp. 452-453.

 

Mettete sulla tavola di cucina otto cucchiaiate di farina (200 grammi) due uova intiere, una grossa noce di burro, un cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale e la raschiatura di un po’ di buccia di limone. Impastate il tutto senza troppo lavorare la pasta, che lascerete riposare per mezz’ora in luogo fresco. Stendetela poi col rullo di legno, come una pasta da tagliatelle, avvertendo di tenerla molto sottile e aiutandovi, per stenderla, con un po’ di farina. Servendovi del tagliapaste a rotella o in mancanza di questo, di un coltello, dividete la sfoglia in tante striscie larghe un paio di dita e poi ritagliate queste striscie in tanti pezzi della lunghezza di circa dieci centimetri. Friggete questi pezzi nell’olio o nello strutto finchè abbiano preso un bel colore d’oro pallido e siano divenuti leggeri e croccanti. Sgocciolate le frittelline, e quando saranno fredde accomodatele in un vassoio con salvietta spolverizzandole di zucchero. A Roma si chiamano «frappe» e si usa, anzichè ritagliare le striscie in pezzi, conservarle lunghe dando ad esse la forma di ampi nodi.