Lessico e formazione delle parole

Storia linguistica d'Italia

Come si è detto all’inizio, le coincidenze tra italiano antico e italiano di oggi sono notevoli nell’ambito del “lessico fondamentale”. Non mancano però parole che non hanno avuto continuità nella lingua di oggi: per esprimere il concetto che oggi indichiamo con sorella, per es., accanto a suoro/suora (dal lat. soror) c’era anche serocchia/sirocchia, documentato anche in Dante. Al posto di primo e ultimo troviamo primaio e sezzaio. Tra i colori, maggiore estensione, nel senso di ‘marrone’, aveva bruno, oggi ristretto al colore dei capelli, e c’erano anche termini poi usciti dall’uso come perso ‘bruno rossiccio’, paonazzo/pavonazzo; al posto di rosa e viola si usavano rosato e roseo e violaceo. Ma spesso il significato della stessa parola è diventato molto diverso: noia esprimeva un sentimento molto più negativo rispetto ad oggi (Bruni 2007: 56); ragionare significava semplicemente ‘parlare’ (Contini, 1947); i due aggettivi gentile e onesta che aprono un famosissimo sonetto di Dante significano ‘nobile’ e ‘piena di decoro’, e anche il successivo verbo pare non significa ‘sembra’ ma ‘si manifesta’.

 

Per quanto riguarda la formazione delle parole, in italiano antico era molto più frequente la conversione  di un infinito verbale in nome (con tanto di plurale: i basciari ‘i baci’, gli abbracciari ‘abbracci’) ed erano molto più produttivi che non oggi i nomi formati da verbi con i suffissi -mento -gione e -anza (questo soprattutto in poesie, per imitazione dei provenzali e dei siciliani); tra i nomi d’agente -aio è particolarmente produttivo. Tra i prefissi, era molto più produttivo il negativo mis-.