Livello linguistico (Quadro comune europeo di riferimento):
B+
Area tematica:
Emigrazione
Obiettivi contenutistici:
L’emigrazione in Australia e l’identità dell’emigrato di seconda generazione
Indici linguistici:
La subordinazione temporale
Il modo condizionale
Testi:
C. Bettoni-A. Rubino, Emigrazione e comportamento linguistico. Un’indagine sul trilinguismo dei siciliani e dei veneti in Australia, Galatina, Congedo, 1996
L. Baldassar, Tornare al paese: territorio e identità nel processo migratorio, in «Altreitalie», 23, 2001.
Autore:
Valentina Gallo
Percorso accessibile a utenti ipovedenti.
Tempo stimato:
1h15’
Link:
http://italiani-in-australia.blogspirit.com/
http://www.australianboardcommunity.com/content/
http://victorian.fortunecity.com/literary/434/
Presentazione:
In questo percorso ti presentiamo una breve storia dell’emigrazione italiana in Australia e la difficile definizione della propria patria per un’italiana di seconda generazione. Il percorso di acquisizione di una propria identità nazionale passa anche per un’esperienza comune a molti immigrati: il “ritorno” al paese d’origine.
Chi non ricorda la musica travolgente di Natalie Imbruglia? Un nome che è già una storia. Figlia di un siciliano (il padre è di Lipari, un’isola delle Eolie) e di un’australiana, Natalie ha iniziato la sua carriera come attrice, per scoprire poi la sua vera vocazione musicale con una serie di canzoni che rimarranno nella storia della musica pop. La prima di queste è Thorn (tratto dall’album Left Of The Middle del 1996) che guadagna la vetta delle classifiche inglesi.
La situazione anagrafica di Natalie è comune a milioni di giovani. In questo percorso vogliamo dare loro la parola. Vogliamo parlare di immigrazione dal punto di vista di chi ha vissuto questa esperienza attraverso i racconti dei genitori italiani. In sociologia si definiscono “italiani di seconda generazione”, cioè i figli di emigrati italiani all’estero. La meta del nostro viaggio, questa volta, è l’Australia; un continente giovanissimo e prospero, ma che non ha ancora risolto i problemi dell’integrazione tra la popolazione originaria (gli aborigeni) e quella dei discendenti dei primi colonizzatori anglosassoni.
L’identità di un aborigeno è problematica, tanto quanto quella di un figlio di un emigrato. Entrambi vivono due culture; entrambi devono integrare il passato con il futuro; la memoria delle loro tradizioni con il progresso e la globalizzazione.
Per prima cosa, dunque, ti presentiamo una breve descrizione del fenomeno immigrazione in Australia. In un secondo momento leggerai l’esperienza di Loretta Baldassar, figlia di immigrati italiani e antropologa.
Bettoni-Rubino, Emigrazione e comportamento linguistico
Sebbene la grande maggioranza degli italiani sia arrivata in Australia dopo il 1945, alcuni insediamenti [Inserimenti umani nel territorio.] risalgono alla seconda metà del secolo scorso [L’Ottocento.] , quando gruppi di ticinesi [Abitanti del Canton Ticino, la regione italiana della Confederazione Elvetica (Svizzera).] , piemontesi e lombardi furono reclutati [Assunti, chiamati.] inizialmente per lavorare nelle zone minerarie del Victoria e poi, verso la fine del secolo, nelle grandi piantagioni di canna da zucchero e di tabacco del Queensland. Negli anni intorno alla prima guerra mondiale, la presenza italiana era ormai considerevole in due settori in particolare: nell’agricoltura, dove parecchi tagliatori di canna del Queensland settentrionale erano diventati proprietari terrieri, e nell’industria della pesca, grazie all’arrivo più recente di pescatori soprattutto dalla Puglia e dalla Sicilia.
Un sensibile aumento dell’immigrazione italiana in Australia si registrò nel periodo tra le due guerre, anche in seguito alle restrizioni [Limitazioni.] poste all’immigrazione negli Stati Uniti. In questi anni si allarga il numero di regioni e di province da cui provengono gli italiani e la gamma [L’insieme degli aspetti di qualcosa.] di attività in cui si inseriscono. Cominciano così a formarsi degli insediamenti anche nelle zone agricole del New South Walles e del Victoria, e nei due centri urbani di Sydney e Melbourne. […]
Fra il 1947 e il 1976 arrivarono in Australia oltre 360.000 italiani, la maggior parte dei quali (280.000) si stabilì in modo permanente per una serie di fattori [Cause.] interni e esterni: (i) la facilità dell’insediamento definitivo, incentivato [Favorito.] dal governo australiano che mirava a un rapido incremento [Aumento.] della popolazione, oltre che della manodopera; (ii) l’emigrazione tipicamente a catena [Un familiare dopo l’altro.] degli italiani, che con lo spostamento di interi nuclei familiari creava condizioni meno alienanti; e (iii) la grande distanza dalla madre patria, che difficilmente permetteva contatti frequenti e rientri periodici. Poi, dall’inizio degli anni Settanta, in seguito a una recessione [Arresto o rallentamento dello sviluppo economico.] economica in Australia e a un maggior benessere in Italia, il flusso di italiani cominciò a declinare sensibilmente, tanto che alla fine degli anni Settanta il numero dei rimpatri superava i nuovi arrivi, segnando così la fine dell’emigrazione italiana in Australia. […]
Gli italiani arrivati in Australia nel dopoguerra provenivano essenzialmente da un numero ristretto di regioni, quali la Sicilia, la Calabria, gli Abruzzi, la Campania, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Si trattava soprattutto di uomini fra i 20 e i 40 anni, con bassi livelli di istruzione, braccianti [Lavoratori agricoli.] o in generale manodopera non qualificata, provenienti da piccoli centri rurali, spinti a emigrare dalle difficili condizioni economiche del paese e incoraggiati dal governo italiano, che considerava l’emigrazione uno strumento economico essenziale alla ricostruzione dell’Italia postbellica. Verso la fine degli anni Sessanta, invece, cominciò a emigrare anche forzalavoro più qualificata – artigiani e operai – proveniente da centri urbani, e spinta a partire non tanto da necessità economiche impellenti [Urgenti.] , quanto dal desiderio di migliorare la propria condizione sociale. Inoltre, dopo i primi tempi passati da soli, gli uomini o hanno chiamato la fidanzata o la moglie o sono ritornati in Italia per cercarne una, per cui oggi nella comunità italo-australiana il numero delle donne non è inferiore a quello degli uomini […].
(C. Bettoni-A. Rubino, Emigrazione e comportamento linguistico. Un’indagine sul trilinguismo dei siciliani e dei veneti in Australia, Galatina, Congedo, 1996, pp. 8-10)
Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false:
L’immigrazione italiana in Australia è iniziata nella seconda metà dell’Ottocento
La presenza italiana era concentrata soprattutto nell’industria alimentare
Tra le due guerre l’immigrazione in Australia diminuì
Nel secondo dopoguerra l’immigrazione in Australia fu soprattutto permanente
Alla fine degli anni Settanta il flusso migratorio verso l’Australia aumentò
Nel secondo dopoguerra il governo australiano favorì l’immigrazione
Molti italiani emigrati in Australia provenivano dalla Sardegna
La maggior parte degli emigrati italiani erano uomini tra i 20 e i 40 anni
Gli emigranti italiani giunti in Australia durante gli anni Sessanta erano meno colti e più poveri dei precedenti
Bettoni-A. Rubino, Emigrazione e comportamento linguistico
La provenienza da un numero ristretto di regioni, l’emigrazione a catena e l’origine contadina o piccolo borghese degli emigrati italiani sono tra i principali fattori che hanno inciso sulla struttura sociale della comunità italo-australiana.
Oggi esistono molte istituzioni che si rivolgono all’immigrazione italiana in Australia. Ecco un primo elenco di siti web in cui documentarti:
Per prima cosa notiamo che la comunità è caratterizza da un alto tasso [Percentuale] di endogamia [Matrimoni tra parenti], con frequenti matrimoni tra paesani, corregionali e più genericamente tra italiani […]
Inoltre, nel tentativo di ricreare in terra australiana condizioni di vita simili a quelle del paese d’origine, gli italiani formarono presto insediamenti con forti concentrazioni corregionali, se non addirittura paesane […]. Tutto questo ha favorito la formazione di reti d’interazione [Scambi e relazioni] regionali piuttosto che italiane e il mantenimento di un’identità spesso legata più alla regione di provenienza che all’Italia: ne è prova, per esempio, l’alto numero di associazioni locali e regionali, sorte a volte solamente per organizzare la festa annuale del santo patrono del paesino d’origine. […] C’è da dire però che, a partire dagli anni Settanta, la comunità ha assunto un’immagine più ‘italiana’. Questo è dovuto a diversi fattori, quali l’arrivo di immigrati italiani provenienti da un’Italia decisamente meno paesana e regionale rispetto a quella degli anni Cinquanta; il formarsi di associazione e club molto più grandi e articolati; l’introduzione di trasmissioni televisive e radiofoniche in italiano; e in generale contatti più frequenti con l’Italia, tenuti anche dalla seconda generazione desiderosa di conoscere l’Italia contemporanea piuttosto che quella da cui erano partiti i genitori.
(C. Bettoni-A. Rubino, Emigrazione e comportamento linguistico. Un’indagine sul trilinguismo dei siciliani e dei veneti in Australia, Galatina, Congedo, 1996, p. 11).
Esegui i seguenti esercizi.
L’immigrazione italiana in Australia ha avuto delle precise caratteristiche. Te le elenchiamo. Attento, però, perché c’è un intruso; clicca sulla caratteristica sbagliata:
Durante gli anni Settanta l’emigrazione italiana è cambiata. Ecco un elenco delle caratteristiche di questa seconda ondata migratoria. Anche in questo caso, però, c’è n’è una sbagliata:
Osserva queste frasi:
| Proposizione principale | Elemento di congiunzione | Prop. dipendente temporale | |||
1 | L’emigrazione in Australia iniziò | al tempo in cui, | alla fine dell’Ottocento, l’Italia era ancora un paese contadino. | |||
2 | L’emigrazione italiana in Australia aumentò | quando, | tra le due guerre, gli Stati Uniti posero delle restrizioni al flusso immigratorio. | |||
3 | L’emigrazione italiana in Australia aumentò | prima | che scoppiasse la grande guerra. | |||
4 | L’emigrazione italiana in Australia aumentò | dopo che | la seconda guerra mondiale finì. | |||
5 | L’immigrazione italiana rallentò | dal momento in cui | l’Australia conobbe la recessione economica. |
Ognuna di esse è formata da una proposizione principale e da una proposizione dipendente che precisa il tempo in cui si è svolto l’evento della principale. (link grammatica di Sabatini). La proposizione principale può dunque avere con la proposizione temporale un rapporto di contemporaneità (se si svolge nello stesso tempo), di anteriorità (se si svolge prima) o di posteriorità (se si svolge dopo).
Il rapporto temporale tra la principale e la dipendente è espresso dall’elemento di congiunzione.
Relazione della principale | Elemento di congiunzione | Esempio |
Contemporaneità | mentre, quando, intanto che, nel frattempo, ecc. | Sono uscito mentre pioveva |
Anteriorità | prima, prima che, finché, ecc. | Sono uscito prima che piovesse |
Posteriorità | dopo che, dal momento che, da quando, non appena ecc. | Sono uscito dopo che aveva piovuto. |
C’è poi un gruppo di elementi di congiunzione che esprimono ripetizione abituale: ogni volta che, ogni qual volta che, tutte le volte che, ecc.: questi elementi possono essere impiegati sia per esprimere contemporaneità sia anteriorità sia posteriorità.
Come hai potuto notare, a seconda del tipo di elemento di congiunzione, la dipendente temporale va all’indicativo o al congiuntivo (vedi il percorso La canzone italiana dagli anni Settanta agli anni Novanta).
Inserisci l’elemento di congiunzione corretto nelle seguenti frasi, scegliendolo tra quelli elencati: fino a che, dopo che, prima che, quando
Nelle seguenti dipendenti temporali scegli il modo verbale corretto tra l’indicativo e il congiuntivo:
Osserva adesso questo secondo gruppo di frasi:
| Proposizione principale | Elemento di congiunzione | Prop. dipendente temporale | ||
1a | Rividi i miei nonni | quando | atterrammo all’aeroporto di Venezia | ||
1b | Rividi i miei nonni |
| atterrando all’aeroporto di Venezia | ||
1c | Rividi i miei nonni | nell’ | atterrare all’aeroporto di Venezia | ||
2a | Rimasi ad ascoltare le storie della mia famiglia | fino a quando | non mi addormentai | ||
2b | Rimasi ad ascoltare le storie della mia famiglia | prima di/fino ad | addormentarmi | ||
3a | Tornai in Australia | non appena | mi sposai | ||
3b | Tornai in Australia | dopo | essermi sposato |
Le frasi 1-3 sono composte da una proposizione principale e da una dipendente temporale. Quest’ultima può presentarsi in forma esplicita (a) o in forma implicita (b-c), cioè con il verbo all’infinito, al participio o al gerundio.
Loretta Baldassar è un’antropologa australiana nata da un emigrato italiano. Dell’immigrazione ha dunque vissuto l’esperienza non diretta, ma quella trasmessa dai ricordi familiari. Nella sua storia personale l’origine del padre è stata a tal punto importante da condizionare i suoi studi. Ha studiato antropologia e si è dedicata soprattutto all’analisi del fenomeno dell’immigrazione. Secondo Loretta Baldassar l’identità dell’emigrato (e del figlio dell’emigrato) è un’identità problematica, che si costruisce nel tempo, attraverso una serie di esperienze. Questa identità è strettamente legata al concetto di madrepatria. Solo che per un figlio di un emigrato la madrepatria è spesso duplice. Essa va negoziata. Il “viaggio di ritorno” in Italia è un rito di passaggio importantissimo per gli emigrati e i loro figli. Attraverso questo rito essi imparano a gestire la loro duplice identità.
Il prossimo brano è tratto da Visit home. In questo libro Loretta Baldassar ha raccolto diverse esperienze di “ritorno” in Italia da parte di emigrati italiani in Australia o di “italiani di seconda generazione” che vivono in Australia. Il brano che leggerai riguarda la stessa Loretta. Analizza le sue emozioni. Cerca di definire cosa questo viaggio abbia rappresentato nella sua identità culturale.
Dopo un intero mese di viaggi in automobile visitando i luoghi più famosi del Nord-Italia, intraprendevo la via che mi avrebbe portata, finalmente, dalla nonna. Ricordo chiaramente che non mi era stato possibile trovare il nome del paesino, Tarzo, sulla carta stradale. Ero stata costretta a fermarmi e chiedere direzioni diverse volte. È difficile descrivere il senso di sorpresa e allo stesso tempo di eccitazione che mi assalì quando finalmente in una stazione di servizio, sentii per la prima volta il dialetto di mio padre, un idioma che avevo sentito parlare soltanto a casa, a Perth, o nel club Veneto alla cui fondazione aveva contribuito mio padre. Avevo perfino fotografato una bottega che portava il mio cognome (in Australia, il mio cognome appare solo una volta sull'elenco telefonico). Mi ritrovavo in un luogo che non mi era familiare, e che però in qualche modo, sì, riconoscevo.
Finalmente imboccai la strada di campagna che mi avrebbe condotto da mia nonna. Per un’australiana abituata alle strade degli agglomerati urbani [Complesso di edifici], prive di curve o sfreccianti nelle vaste pianure dell’Australia occidentale, la vista di questa viuzza angusta [Stradina stretta], fiancheggiata da montagne coperte di neve era assolutamente straordinaria. Mi sembrava di viaggiare a ritroso [Indietro] nel tempo, nel mio passato. Era la scena più bella in cui mi fossi mai trovata. E mi sembrava proprio di essere in una scena, in una fotografia. Forse perché ero venuta a conoscere questo luogo fin da bambina, così, attraverso fotografie, cartoline e descrizioni. Non appena l’ebbi vista, riconobbi senza esitazione la casa di mio zio. Un riconoscimento che era un miscuglio di vaghe memorie della mia visita precedente, da bambina di dieci anni, di fotografie di quella visita e di memorie collettive, queste molto più vivide [Intense, luminose], condivise con la mia famiglia.
La nonna, i fratelli di mio padre e i miei cugini aspettavano lì per darmi il benvenuto. I più anziani, la nonna in particolare, mi guardavano con occhi pieni di lacrime che tradivano la pena di altri addii. Commentavano quanto assomigliassi a mio padre, e io ebbi la sensazione che stessero ricevendo lui attraverso me. Erano passati undici anni da quando avevano visto mio padre, in occasione di quella prima visita di ritorno, quando eravamo venuti tutti insieme, i miei fratelli e la mamma e io. Quella prima visita, la più importante di tutte, che per mio padre, come per molti suoi paesani in Australia, era avvenuta vent’anni dopo il suo viaggio di emigrazione a Perth.
In quella occasione egli non era riuscito a riconoscere la propria sorella, che aveva avuto nove anni alla sua partenza. A dispetto delle numerose fotografie che avevano attraversato gli oceani, era stata una vera sorpresa per lui ritrovarsi questa donna già adulta, madre di tre bambini, quasi completamente sconosciuta, eppure sorella. Ma questa volta toccava a lei meravigliarsi: la nipotina di dieci anni era adesso una giovane adulta. Mi stringeva la mano e me la teneva stretta nelle sue, come per farmi capire che la distanza non aveva importanza di fronte al legame di famiglia che ci univa.
Mi sentivo completamente sopraffatta e confusa e costantemente prossima alle lacrime. Ognuno di loro mi era in qualche modo familiare, eppure, allo stesso tempo, sconosciuto. Mi sentivo insicura del mio posto, di quello che ci si aspettava da me. Non sapevo come comportarmi, cosa fare. Mi era impossibile decifrare le battute rapide delle loro osservazioni. Mi sentivo profondamente persa, fuori posto: spaesata, infatti, come si dice in Italia. A un certo punto ebbi il bisogno impellente di fuggire. Annunciai, nel mio italiano stentato, che volevo andare alla casa vecchia. La casa vecchia era quella dove eravamo vissuti con la mia famiglia durante la nostra prima visita. Era la casa in cui era nato mio padre.
Quando giunsi in capo alla strada che conduce alla vecchia casa, non riuscii più a trattenere le lacrime. Singhiozzando percorsi la via fino al cortile. La mia prozia [La zia del padre] mi vide avvicinarmi dalla finestra e sapendo del mio arrivo uscì a darmi il benvenuto. Piangeva. Chiamava i vicini dicendo: «Questa deve essere Loretta, la figlia di Angelo, è tornata». Diverse persone vennero fuori ad abbracciarmi. All'improvviso e inaspettatamente sentii di essere arrivata a casa. Ero a mio agio.
(L. Baldassar, Tornare al paese: territorio e identità nel processo migratorio, in «Altreitalie», 2,3 luglio-dicembre 2001).
Hai letto con attenzione il brano di Loretta Baldassar? Indica se le seguenti frasi sono vere o false:
Loretta arriva nel paese del padre direttamente dall’Australia
Quando sentì parlare il dialetto del padre provò un senso di delusione
In Australia il cognome Baldassar è molto diffuso
Il paese del padre era simile a quelli australiani
Il paese del padre è ai piedi delle montagne
Arrivata in paese, Loretta si sentì come in una fotografia
Per Loretta era la seconda visita al paese del padre
I familiari di Loretta la accolsero con grande emozione
Il padre di Loretta era tornato in Italia dopo vent’anni dalla sua emigrazione
Il padre di Loretta aveva riconosciuto subito la sorella, ormai adulta
Nell’incontro con i propri familiari Loretta sente che il contatto fisico è più comunicativo delle parole
Nell’incontrare i propri familiari Loretta è combattuta da emozioni contrastanti
Loretta, però, si sentì subito nel posto giusto
Loretta volle andare a visitare la casa dove era nato il nonno
Ad accoglierla sulla porta della casa paterna c’è sua nonna
Lygon building nel quartiere Carlton di Melbourne [L’immigrazione italiana a Melbourne si concentrò soprattutto nel quartiere di Carlton, ritratto nella foto qui sopra, noto anche come Little Italy.]
Rispondi, adesso, alle seguenti domande.
Idioma è un sinonimo di?
Che cos’è un elenco telefonico?
Il verbo imboccare ha diversi significati, qual è quello più adatto alla frase di Loretta: «imboccai la strada»?
Qual è l’etimologia del verbo sfrecciare?
«Mi sentivo completamente sopraffatta», afferma Loretta. Il verbo sopraffare significa “rendere qualcuno impotente, batterlo”. Esso è utilizzato soprattutto al passivo, es.: «Sono stata sopraffatta dall’avversario». Da che cosa si sente sopraffatta Loretta?
Arrivata nel paese del padre, Loretta si sente spaesata. Cosa significa questa espressione?
Dopo il primo incontro con i familiari, Loretta è travolta dalle emozioni, si sente smarrita, sente il bisogno impellente di fuggire. Cosa vuol dire impellente?
Loretta parla un italiano stentato. Cosa vuol dire?
Loretta giunge in capo alla strada che porta alla casa del padre. Cosa vuol dire in capo?
Rileggi questi due brevi brani dal racconto di Loretta Baldassar e rifletti sul loro profilo temporale:
1. "Dopo un intero mese di viaggi in automobile […], intraprendevo la via che mi avrebbe portata, finalmente, dalla nonna".
2. "Finalmente imboccai la strada di campagna che mi avrebbe condotto da mia nonna".
Il futuro nel passato può esser espresso, in un italiano più colloquiale, anche con l’imperfetto: Le ho detto che tornavo l’anno prossimo; o con una perifrasi composta da dovere + imperfetto, es.: Le ho detto che devo tornare l’anno prossimo.
Entrambe le frasi sono composte da una proposizione principale: intraprendevo la via e imboccai la strada di campagna, e da una proposizione relativa che mi avrebbe portato, finalmente, dalla nonna e che mi avrebbe condotto da mia nonna.
Dal punto di vista temporale, la proposizione principale si colloca nel passato, la proposizione relativa indica un’azione futura rispetto a quel passato. Si dice, pertanto, che questa indica il futuro nel passato. Per indicare il futuro nel passato, in italiano si usa spesso il condizionale composto (vedi anche Modi finiti).
3. Ieri ho detto a mia nonna che sarei tornato in Italia l’anno prossimo.
In questa frase, infatti, la principale riferisce un evento avvenuto nel passato, la proposizione subordinata un evento che si svolgerà un anno più tardi.
Il modo condizionale non è limitato alla funzione di futuro nel passato. Esso è, più in generale, il modo con cui si esprime un’azione “condizionata” da qualcos’altro.
Se il biglietto d’aereo non costasse così tanto, verrei in Italia tutti gli anni.
In questa frase, la venuta in Italia è condizionata dal costo del biglietto aereo. Questa relazione si esprime, solitamente, con il condizionale: verrei (per questa struttura sintattica, detta periodo ipotetico, vai al percorso L’Italia: un patrimonio mondiale)
Molto simile a questo uso, è quello detto di “dissociazione”, cioè il condizionale usato per riportare un’informazione dalla quale chi parla prende le distanze, o in quanto non può garantirne la verità o perché non la ritiene veritiera. Questo tipo di condizionale è molto frequente nel linguaggio giornalistico: «Il governo starebbe esaminando alcune misure per contrastare l’immigrazione clandestina».
Svolgi i seguenti esercizi sull’uso del condizionale.
Una delle tappe cruciali dell’immigrato italiano in Australia, era la ricerca di una moglie italiana disposta a seguirlo nel nuovo continente. Nel 1971 l’argomento divenne un film, Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata diretto da Luigi Zampa e interpretato da Alberto Sordi e Claudia Cardinale.
Nelle seguenti frasi indica se il condizionale ha un valore di “futuro nel passato” (F), “condizionato” (C), “desiderativo” (D), “dubitativo” (DU) o di “cortesia” (CR):
1. Comunque, non arriverei prima delle nove
2. Non saprei come arrivare
3. Sarei partita prima, se l’avessi saputo
4. Vorrei una margherita, grazie
5. Mi vestii in fretta, quel giorno avrei incontrato mio padre
6. Mi direbbe che ore sono?
Completa le seguenti frasi, inserendo al modo condizionale il verbo indicato tra parentesi:
Scegli nei seguenti casi se usare il condizionale o l’indicativo del verbo tra parentesi: