L'Italia: un patrimonio mondiale

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Immagine di copertina

Presentazione del centro storico della città di Napoli e di alcuni momenti della sua tradizione pittorica (il soggiorno napoletano di Michelangelo Merisi da Caravaggio e quello di Giuseppe De Nittis).

Autore: Valentina Gallo
Livello linguistico: B+
Obiettivi contenutistici: Napoli e la pittura italiana
Indici linguistici: il periodo ipotetico.

Livello linguistico (Quadro comune europeo di riferimento):

B+

 

Area tematica:

Arte

 

Obiettivi contenutistici:

introduzione alla città di Napoli; la pittura di Caravaggio e di Giuseppe De Nittis.

 

Indici linguistici:

Il periodo ipotetico

 

Testi:

E. König, Michelangelo Merisi da Caravaggio. 1571-1610, Köln, Könemann, 1997

G. De Nittis, Taccuino 1870/1884, Bari, Leonardo da Vinci, 1964

 

Percorso accessibile a utenti non udenti.

 

Siti citati:

http://www.unesco.it/cni/index.php/siti-italiani

http://www.piomontedellamisericordia.it

http://www.pinacotecadenittis.it/home.html

 

Tempo stimato:

1h30’

 

Autore:

Valentina Gallo

 

Breve descrizione:

In questo percorso ti presentiamo uno dei centri storici più antichi d’Europa, quello di Napoli. Una passeggiata tra i suoi vicoli ti porterà a conoscere alcune opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio e di un pittore pugliese dell’Ottocento, Giuseppe De Nittis.

L'Italia: un patrimonio mondiale

L’Italia è uno dei paesi del mondo più ricco di monumenti e di luoghi di interesse artistico. L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), a partire dal 1945, anno della sua fondazione, ha dichiarato “patrimonio dell’umanità” quarantasei luoghi italiani. L’elenco completo è consultabile sulla sezione italiana dell’UNESCO: http://www.unesco.it/cni/index.php/siti-italiani.

 

In questo percorso ti presentiamo una di queste meraviglie: il centro storico di Napoli, a partire dal quale ti sarà possibile conoscere due artisti italiani: Michelangelo Merisi da Caravaggio e Giuseppe De Nittis.

La Napoli dell'UNESCO

Il profilo di Napoli sullo sfondo del VesuvioIl centro storico della città di Napoli è “patrimonio dell’Umanità” dal 1995. L’Unesco ha riconosciuto alla città di Napoli:

 

  • di essere stata un luogo di scambi e crescita della civiltà per un lunghissimo periodo;
  • l’essere un esempio originalissimo di urbanizzazione. [sviluppo cittadino]

 

Napoli è, infatti, tra le più antiche città d’Europa. Le sue origini risalgono al periodo greco-romano. Nel Medioevo fece parte dell’impero di Federico II. Nel Quattrocento fu conquistata dagli Spagnoli, che dominarono la città fino ai primi anni del Settecento. Dopo un breve periodo sotto l’Impero Asburgico, divenne capitale del regno dei Borbone. Nel 1861 entrò a far parte del Regno d’Italia.

 

Il periodo di massimo splendore è stato il Seicento, quando, sotto la dominazione spagnola, la città vide sorgere splendidi palazzi, che esprimevano la grandeur della nobiltà spagnola.

 

Napoli, Palazzo dello Spagnolo, architetto F. Sanfelice (1738)L’elemento più originale di questa architettura sono le celebri “scale aperte”. Le scale aperte furono adottate dagli architetti spagnoli giunti a Napoli. Dovendo lavorare in spazi ridotti a causa della vicinanza delle case le une alle altre, gli architetti furono costretti a sfruttare al massimo i cortili interni delle case nobiliari. La scala, elemento indispensabile per costruzioni che si innalzavano per diversi piani, venne così spostata all’esterno e trasformata in un elemento scenografico. [che impressiona per la sua spettacolarità]

Caravaggio a Napoli

Centro storico di Napoli, via dei Tribunali. Su questa via al n. 253 c’è il palazzo del Pio Monte della Misericordia.

Passeggiando tra le vie del centro di Napoli, ciò che colpisce è proprio l’altezza delle costruzioni antiche che si affacciano sui vicoli stretti, affollati di venditori, di caffè e di pizzerie. Nessuna di queste c’era quando, quattrocento anni fa, Michelangelo Merisi Caravaggio si trovò a trascorrere un primo breve e tormentato periodo della sua esistenza nella popolosa città napoletana.

 

Caravaggio giunse a Napoli alla fine del 1606. Il pittore fuggiva da Roma, dove era stato condannato alla pena capitale per omicidio. L’angoscia di questa condanna e le tormentate vicende del pittore condizionano i grandi quadri realizzati a Napoli. Al tema della decapitazione Caravaggio dedica tre dipinti: Giuditta che decapita Oloferne, Salomè con la testa del Battista, Davide con la testa di Golia.

 

A Napoli, Caravaggio dipinge anche un quadro rivoluzionario: le Sette opere di misericordia che gli fu commissionato [chiesto di eseguire] da una società di beneficenza [che aiuta le persone bisognose], il Pio Monte della Misericordia (clicca qui per vedere il palazzo e conoscerne la storia).

Caravaggio, "Le sette opere di misericordia"

Caravaggio, “Sette opere di Misericordia” (1607), Napoli, Pio Monte della Misericordia.Le Sette opere di misericordia è un’allegoria [rappresentazione per simboli ed immagini] della carità cristiana. Quest’ultima raccomanda di vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, dare da bere agli assetati, curare gli ammalati, dare da mangiare agli affamati, fare visita ai carcerati e seppellire i morti. Caravaggio rappresentò queste opere in una tela bipartita: nella metà inferiore sono rappresentati da sinistra a destra un oste [proprietario di una locanda] che offre alloggio a un pellegrino, Sansone dissetato per grazia divina, San Martino che divide il suo mantello con un giovane dalla schiena nuda, un uomo che trascina il corpo di un morto (di cui si vedono i soli piedi) e una donna che allatta un vecchio carcerato.

 

La scena è affollata e piena di movimento, i personaggi sono realistici, sporchi e malvestiti, come i modelli che Caravaggio sceglieva per i suoi dipinti.

 

Nella parte superiore della tela, invece, Maria si affaccia come sospesa e riparata da due angeli. Questo elemento fu aggiunto in seguito, probabilmente su desiderio del Pio Monte della Misericordia.

E. König, "Le sette opere di misericordia"

Analizzando questo quadro, Eberhard König ha sottolineato la separatezza tra il piano umano – i personaggi che occupano la parte inferiore del quadro – e quello divino – la Madonna. E ha aggiunto:

 

Caravaggio, “Sette opere di misericordia” dettaglio della parte superiore del quadro.«Secondo la tradizione, doveva trattarsi di una composizione banale, che solitamente vedeva la raffigurazione delle sette azioni misericordiose in distinti medaglioni [dipinto di forma circolare], che facevano corona alla madre di Dio. Caravaggio tuttavia, nel suo dipinto particolarmente originale, ha voluto riunire in un solo avvenimento otto scene non legate fra loro. Maria, che non trova spazio alla base del quadro, scende dal cielo per osservare come vengono compiute le opere di misericordia.

 

Dal basso nessuno percepisce [vede] la Madonna, perché tutti sono interamente impegnati nel compimento delle rispettive opere di misericordia. Ma anche se qualcuno avesse avuto il tempo di sollevare gli occhi al cielo, Maria e il bambino sarebbero stati ben nascosti, in quanto essi si librano [sono sospesi in volo] al di sopra di una coppia di angeli che volano verso il basso abbracciati, con le loro ali poste in posizione simmetrica [corrispondenti le une alle altre] e cinti da un prezioso tessuto». (E. König, Michelangelo Merisi da Caravaggio. 1571-1610, Köln, Könemann, 1997, p. 120)

Caravaggio, "Davide e Golia"

Caravaggio, “Davide e Golia”, Roma, Galleria BorgheseProbabilmente a Napoli Caravaggio dipinge anche uno dei suoi più complessi e misteriosi dipinti. È Davide con la testa di Golia. Secondo Gian Pietro Bellori, un antico biografo di Caravaggio, il dipinto sarebbe stato fatto per il cardinale Scipione Borghese. Quest’ultimo stava cercando di ottenere la grazia per Caravaggio, accusato di omicidio e condannato alla decapitazione [taglio della testa].

 

Caravaggio, Davide e Golia, dettaglio della spada.Davide, il giovane che nella Bibbia è trionfante della vittoria, ha in verità un’espressione triste: guarda la testa di Golia con un volto pieno di compassione. Egli tiene nella destra una spada, sulla cui lama si legge H AS O S. Secondo gli studiosi le lettere incise significherebbero HumilitAS Occidit Superbiam (“l’umiltà uccide la superbia”), una citazione latina di sant’Agostino. Con questa frase Caravaggio avrebbe indicato se stesso che si umilia per ottenere la grazia. Proprio Caravaggio, infatti, si autorappresenta nella testa mozzata [tagliata]di Golia che Davide tiene nella mano sinistra.

Ma c’è di più prosegui il percorso e leggi cosa scrive König.

E. König, "Davide e Golia"

Caravaggio, “Davide e Golia”, dettaglio della testa di GoliaSi pensa che la testa mozzata del gigante Golia, in un quadro della Galleria Borghese, abbia i tratti [i lineamenti del volto] del Caravaggio. Nello stesso tempo si è creduto di individuare un altro autoritratto dell’artista nel volto del giovane Davide che solleva la testa sanguinante di Golia: come se Caravaggio in questo quadro avesse rivelato la propria natura lacerata [divisa]. […] È certo comunque che la testa di Golia richiama un disegno dell’album di Ottavio Leoni (1509-90), che è considerato la migliore raffigurazione del Caravaggio trasmesso ai posteri [l'umanità futura] […].

 

Michelangelo Buonarroti, “Cappella Sistina”, dettaglio di San Bartolomeo martire che fu scuoiato vivo. Il santo tiene in mano la propria pelle, ma il volto di quest’ultima è in realtà un autoritratto del pittore.Identificando l’artista con la testa mozzata di Golia, il biografo Gian Pietro Bellori (1615-96) ha avallato nel 1672 una tradizione che ha il suo primo esempio in Michelangelo (1475-1564): questi ha dato il suo volto, deformato in modo ancora più impressionante, all’involucro della pelle [alla forma esteriore della pelle] che l’apostolo Bartolomeo, dopo essere stato scorticato, tiene in mano nell’affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina […]. Il grande fiorentino [cioè Michelangelo Buonarroti di Firenze] scorticato, il pittore originario della località lombarda di Caravaggio decapitato: se questo accostamento non è solo un’invenzione dei biografi, il fatto stesso di aver rappresentato se stesso in un capo mozzato è già una smentita alla diffusa convinzione che Caravaggio non si sia mai ispirato nella sua opera ai maestri che lo hanno preceduto»

 

(E. König, Michelangelo Merisi da Caravaggio. 1571-1610, Köln, Könemann, 1997, p. 12).

Esercizi

Secondo l’Unesco, Napoli è patrimonio dell’umanità perché:

  • Contiene moltissime opere artistiche e architettoniche.
  • Presenta un originale modo di intervento dell’uomo sulla natura.
  • È una delle città più antiche del mondo.

In quale secolo Napoli ha conosciuto il maggiore sviluppo artistico?

  • Nel Duecento, sotto Federico II.
  • Nel Quattrocento, sotto gli Spagnoli.
  • Nel Seicento, sotto gli Spagnoli.

Le “scale aperte” sono:

  • Delle scale meccaniche inventate dagli architetti spagnoli nel Seicento.
  • Delle scale a chiocciola esterne agli edifici.
  • Delle scale scenografiche esterne agli edifici.

Perché furono introdotte le scale aperte nel centro storico di Napoli?

  • Per rimediare al problema degli spazi stretti.
  • Per ovviare al problema del caldo.
  • Per offrire un punto di affaccio sui vicoli.

Michelangelo Merisi giunse a Napoli:

  • Dopo essere fuggito da Roma, dove era stato condannato per furto.
  • Dopo essere fuggito da Roma, dove era stato condannato per omicidio.
  • Dopo essere fuggito da Roma, dove era stato condannato per atti osceni.

Chi commissionò a Caravaggio le "Sette opere di misericordia"?

  • Il cardinale Borghese.
  • Il Pio Monte della Misericordia.
  • Il papa.

Esercizi

Attribuisci ai seguenti dipinti i rispettivi titoli

 
I bari Adorazione dei pastori Suonatore di liuto Salomè con la testa del battista Giuditta e Oloferne Canestro di frutta Incredulità di San Tommaso

Ecco una serie di dettagli del dipinto “Sette opere di misericordia”. Ad ogni immagine corrisponde un’opera di misericordia, indica quale.

  • immagine Curare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagine Curare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagine Curare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagine Curare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagineCurare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagine Curare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi
  • immagineCurare gli ammalati/Dare da bere agli assetati/Sfamare gli affamati/Seppellire i morti/Accogliere i forestieri/Visitare i carcerati/Vestire gli ignudi

Il periodo ipotetico

Rileggi queste due affermazioni di König a proposito dei due dipinti di Caravaggio, le Sette opere di misericordia e il Davide e Golia:

 

 

Si tratta di due periodi molto complessi. Al loro interno però si individuano due identiche strutture: una proposizione introdotta da se che rappresenta la condizione della proposizione reggente.

 

Condizione

Reggente

Anche se qualcuno avesse avuto il tempo di sollevare gli occhi al cielo,

Maria e il bambino sarebbero stati ben nascosti

Se questo accostamento non è solo un’invenzione dei biografi,

il fatto stesso di aver rappresentato se stesso in un capo mozzato è già una smentita alla diffusa convinzione…

 

Questo tipo di costrutto si chiama “periodo ipotetico” (link alla grammatica di Sabatini). Il periodo ipotetico è dunque formato da una proposizione subordinata condizionante, che si chiama protasi, e una proposizione reggente condizionata, che si chiama apodosi.

Tempi e modi del periodo ipotetico

A seconda del grado di realtà o di irrealtà della condizione espressa, nella protasi si può usare il modo indicativo o il congiuntivo. A seconda del modo e del tempo verbale della protasi, si usa l’indicativo o il congiuntivo nell’apodosi.

Osserva questi esempi:

 

+/- realizzabile

Protasi

Apodosi

Modi e tempi verbali in protasi/apodosi

+ realizzabile

Se vado a Napoli

voglio vedere la tela di Caravaggio

Indicativo pres. /indicativo pres.

 

Se vado/andrò a Napoli

vedrò la tela di Caravaggio

Indicativo futuro/indicativo futuro

+/- realizzabile

Se andassi a Napoli

vorrei vedere la tela di Caravaggio

Congiuntivo imperf. / condizionale pres.

- realizzabile

Se fossi andato a Napoli

avrei visto la tela di Caravaggio

Congiuntivo imperf. / condizionale passato

 

Nell’ultimo esempio l’apodosi presenta un condizionale passato: in italiano, infatti, il condizionale composto esprime il futuro nel passato (vedi il percorso Emigrazione in Australia: quale madrepatria?).

Esercizi

Leggi le seguenti fasi e clicca su +, - o +/- a seconda del loro grado di realizzabilità.

1. Se fossi vissuta nel Seicento, mi sarei fatta fare un ritratto da Caravaggio.

2. Se guardi il dipinto con attenzione, ti accorgi che è un falso.

3. Se avessi guardato il dipinto con più attenzione, ti saresti accorto che è un falso.

4. Se riuscissi a prendere il treno delle 10.00 arriveresti a Napoli alle 12.00.

5. Se prenderò il treno delle 10.00 arriverò a Napoli alle 12.00.

6. Invece, se ti piacesse la pittura, non potresti non amare Caravaggio.

7. Se osservi il “Canestro di frutta” di Caravaggio, ti accorgi che la frutta è ritratta con realismo tale da mostrare le imperfezioni naturali.

In base al tempo e al modo del verbo della protasi, inserisci quello dell’apodosi (indicato tra parentesi) nel modo e tempo corretto:

  • Se vai a Napoli, parola i quartiere spagnoli [Napoli, Chiesa di San Carlo alle Mortelle, nei Quartieri spagnoli.Napoli, Chiesa di San Carlo alle Mortelle, nei Quartieri spagnoli] (visitare)
  • Se fossimo nel Seicento, tu parola un pittore della scuola di Caravaggio (essere)
  • Se abitassi al centro di Napoli, parola al Pio Monte della Misericordia tutte le domeniche (andare)
  • Se sapessi dipingere, parola le nature morte (dipingere)
  • Se non sarai stanco, ti parola a piazza Plebiscito [Piazza Plebiscito, NapoliPiazza Plebiscito, Napoli], il cuore di Napoli (portare).

Adesso inserisci il verbo nella protasi.

  • Se parola, tornerei a Napoli (potere)
  • Se l’anno scorso parola a Napoli, adesso riconosceresti questa fotografia [Napoli, Galleria Umberto INapoli, Galleria Umberto I] (stare)
  • Se tu parola la pizza napoletana nel tuo ultimo viaggio non potresti non ricordarla. (mangiare)
  • Se ti parola i babà [Il babà, tipico dolce napoletano fatto di morbida pasta, imbevuta di rhum e zuccheroIl babà, tipico dolce napoletano fatto di morbida pasta, imbevuta di rhum e zucchero], Napoli sarebbe la tua città ideale (piacere)
  • Se parola sùbito al museo di Capodimonte, a Napoli, potrai vedere anche la “Flagellazione di Cristo” [Caravaggio “La flagellazione di Cristo”, Napoli, Museo di CapodimonteCaravaggio “La flagellazione di Cristo”, Napoli, Museo di Capodimonte] di Caravaggio (entrare)

Napoli nell'Ottocento

G. De Nittis, "Autoritratto", Barletta, Pinacoteca G. De Nittis.Il soggiorno di Caravaggio a Napoli lascia un segno profondo nella pittura dell’Italia meridionale. Da Caravaggio in poi la natura acquista una grande importanza nella pittura meridionale, anche per la particolare intensità dei colori e degli elementi paesaggistici di quei luoghi. Napoli, in particolare, diventa una delle mete del grand tour europeo: vi arrivano poeti ed artisti in cerca di quell’atmosfera unica che la caratterizza. I quartieri popolosi del centro e le sue coste sul mare diventano un soggetto ricorrente nella pittura sette e ottocentesca.

G. De Nittis, “Stradina di Napoli” (1865), Barletta, Pinacoteca G. De Nittis.Napoli è anche la capitale del Regno delle Due Sicilie: essa esercita una forte attrazione anche sui sudditi [abitante del regno] pugliesi [abitanti della Puglia, una regione d’Italia], calabresi [abitanti della Calabria, una regione d’Italia] e siciliani [abitanti della Sicilia, una regione d’Italia]. Proprio l’anno in cui nasce il Regno d’Italia, nel 1861, un giovane pugliese di Barletta di appena sedici anni giunge a Napoli. Si chiama Giuseppe de Nittis ed è destinato a diventare uno dei più famosi pittori italiani dell’Ottocento.

Giuseppe De Nittis

G. De Nittis, “Place des Pyramides” (1876), Parigi, Musée d’OrsayLa pittura di Giuseppe De Nittis inizia sotto il segno del realismo: i suoi primi quadri rappresentano il paesaggio dei dintorni di Barletta, con una precisione tale da fare concorrenza alla fotografia. Deciso a studiare pittura, De Nittis si trasferisce a Napoli e si iscrive all’Istituto di Belle Arti. Il suo carattere esuberante [vivace], però, e l’insofferenza [incapacità di sopportare] per la pittura “accademica” gli fanno lasciare gli studi. Con un gruppo di pittori fonda a Resina, un paesino nei dintorni di Napoli, la “Scuola di Resina”. L’intento è quello di liberarsi della pittura “accademica”, per dipingere in modo diretto e più libero la natura dal vero, en plein air.

G. De Nittis, “Westimester Bridge” (1878), Barletta, Pinacoteca G. De NittisIl successo premia De Nittis, che, dopo poco, parte per Parigi. La sua breve vita (morirà a soli 38 anni) si svolgerà tra Parigi, dove conoscerà e sposerà Léontine Gruville, e Londra. Nelle capitali europee imparerà a dipingere non solo gli oggetti, ma anche le atmosfere, sia quelle della moderna metropoli sia quelle dei paesaggi.

De Nittis pittore di paesaggio

G. De Nittis, “Lungo l’Ofanto” (1874-75), Barletta, Pinacoteca G. De NittisSeppure lontano dalla sua terra, De Nittis continua a dipingere paesaggi pugliesi, come l’incantevole Lungo l’Ofanto, il fiume che bagna Barletta.

 

Di tanto in tanto, torna in Italia. In uno di questi soggiorni, a Napoli, dipinge una serie di vedute del Vesuvio di grande valore, sia quelle che ritraggono il vulcano in lontananza (intitolate Sulle pendici del Vesuvio e La discesa dal Vesuvio), sia quella che rappresenta l’esplosione del 1872 (La pioggia di Cenere, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti).

Buona parte della sua produzione è oggi conservata presso la Pinacoteca [Museo dedicato alla conservazione di quadri] G. De Nittis, a Barletta.

 

Alla morte del marito, Léontine pubblica il suo diario. Te ne proponiamo un breve brano, leggi con attenzione, vi ritroverai la stessa passione per la natura che si scorge nei suoi quadri di paesaggio.

De Nittis, "Taccuino. 1870-1884"

A Napoli

 

Volevo diventare un pittore. Di qui la grande collera di Vincenzo [Vincenzo De Nittis, fratello più grande di Giuseppe  e capo famiglia].

A Napoli e più ancora nei nostri paesi di provincia, essere artisti vuol dire “bohême”. Per lo meno allora i borghese la pensavano così.

Se avessi detto che volevo fare il muratore o il tagliapietre, l’indignazione di Vincenzo non sarebbe stata maggiore. Avrei disonorato la mia famiglia.

Ostinato, io intanto ripetevo:

-Sarò pittore!

E me ne andavo vagabondando per le strade, procurandomi tele e colori come potevo mentre la mia educazione artistica si veniva formando da sola.

Non contano i risultati, solo l’ideale conta. E se io sono riuscito a infondere nella mia pittura un po’ di quella mia ardente passione per la natura, di quel mio profondo amore per lei, ebbene soltanto questo conta […].

Così, ogni mattina, prima dell’alba, uscivo di casa e correvo a cercare i miei compagni pittori, molto più grandi di me, Rossano e Marco de Gregorio. […] Che bei tempi! Con tanta libertà, tanta aria libera, tante corse senza fine! E il mare, il gran cielo e i vasti orizzonti!

Lontano, le isole di Ischia e Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbia rosea che, a poco a poco, veniva dissolta dal sole.

E, da per tutto, un profumo di menta selvatica e di aranceti, che io adoro. Chiacchieravamo fraternamente con i marinai, i contadini, le donne e le belle ragazze.

A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché, credetemi, l’atmosfera io la conosco bene; e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura. Oh, il cielo! Ne ho dipinti di quadri! Cieli, cieli soltanto, e belle nubi.

La natura, io le sono così vicino! L’amo! Quante gioie mi ha dato! Mi ha insegnato tutto: amore e generosità. […] È con il loro cielo che io mi raffiguro i paesi ove sono vissuto: Napoli, Parigi, Londra.

Li ho amati tutti. Amo la vita, amo la natura.

Amo tutto ciò che ho dipinto.

 

Napoli 1874

Vincenzino [Il nipote del poeta] ci aspetta alla stazione […]. – Ah! Peppino [Diminutivo di Giuseppe]! Quanti cambiamenti troverai qui! Da quando Roma è diventata capitale d’Italia, ogni giorno è una metamorfosi. Hanno allargato le strade, costruito comodi palazzi moderni e perfino un magnifico mercato. Se non siete troppo stanchi andiamo a piedi, il cocchiere [Colui che guida la carrozza] è fidato, lo conosco, porterà lui i bagagli.

In quanto ai miglioramenti e ai cambiamenti, ehm! Troppi ne avevo visti dopo il 1870 e non mi avevano affatto incantato. La Napoli che io amavo era quella ingenua e pittoresca, dall’incomparabile animo poetico e io adoravo tutto di lei, le sue passioni, le sue violenze e perfino le sue selvagge esplosioni di collera. Io non amo la lingua italiana, trovo che manca di virilità ed è troppo solenne, preferisco il mio caro dialetto, facile e colorito e soltanto in quello riesco a esprimermi con spirito!

Della Napoli d’altri tempi, quella della mia giovinezza, tutto mi incantava, dalle grida dei venditori, degli acquaioli [Antico venditore ambulante di acqua fresca e bibite], dei pescatori, dei verdurai [Venditori di ortaggi] e degli innumerevoli rivendigliuoli [Piccoli venditori ambulanti] che traggono dalla strada il loro sostentamento, fino a quell’immenso mormorìo ininterrotto che sale come un soffio rivoltoso sin alle altezze di San Martino [Convento dei monaci certosini sulla collina del Vomero che sovrasta la città] in quell’aria che è di una tale sonorità da far talvolta distinguere con chiarezza le parole che provengono dal basso.

 

(G. De Nittis, Taccuino 1870/1884, Bari, Leonardo da Vinci, 1964, pp. 25-26, 28-29 e 91-92)

Esercizi

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false:

 

Il fratello di Giuseppe De Nittis pensa che la professione di “pittore” sia poco onorevole

La prima formazione di De Nittis avviene da autodidatta, cioè senza la guida di un maestro

Per dipingere il paesaggio napoletano, De Nittis usciva di casa al tramonto

De Nittis cercava di cogliere, nei suoi quadri, l’atmosfera di un paesaggio

Dopo la presa di Roma e la trasformazione della città in capitale d’Italia, nel 1871, Napoli conobbe un periodo di decadenza

Secondo De Nittis, la lingua italiana non è abbastanza mascolina

L’aria di Napoli, per De Nittis, è piena delle voci della città

Le congiunzioni del periodo ipotetico

G. De Nittis, “Effetto neve” (1880), Barletta, Pinacoteca G. De Nittis. La messa in quadro dell’immagine, con il grande vuoto sulla destra e l’asimmetria della figura, rivela l’influsso dell’arte giapponese.

Rileggi queste due frasi dal Taccuino di De Nittis:

Come avrai certamente capito, si tratta di due esempi di periodi ipotetici:

 

Entrambi sono introdotti dalla congiunzione se. Se però non è l’unica congiunzione che può introdurre il periodo ipotetico:

 

Oltre a qualora, possono introdurre il periodo ipotetico anche le locuzioni nel caso che (o in cui), a condizione che (o in cui), posto che, ammesso che, e molte altre (vedi il percorso La canzone italiana dagli anni settanta agli anni novanta)

 

Tutte però vogliono il congiuntivo della protasi:

Ammesso che, qualora, se, a patto che…

G. De Nittis, “Donna sulla rena” (1870), Barletta, Pinacoteca G. De Nittis.

Completa le seguenti frasi, declinando il verbo all’indicativo o al congiuntivo in base al verbo dell’apodosi:

  • Qualora parola andrei a Barletta a visitare la pinacoteca G. (potere)
  • Se parola a Barletta, visiteremo la pinacoteca G. De Nittis (venire, in futuro).
  • Se mi parola, verrò a Barletta (ospitare, in futuro)
  • Nel caso in cui parola del tempo, mi piacerebbe visitare la pinacoteca G. De Nittis (restare)
  • A patto che tu parola la possibilità, quale dipinto di De Nettis preferiresti? (avere)
  • Se parola, vorrei fare il ritratto di quell’uomo. (dipingere)

Dicendo che… = se avessi detto che…

G. De Nittis, “Colazione in giardino” (1884)Leggi adesso queste frasi:

 

Le tre frasi che hai appena letto sono dei periodi ipotetici con la protasi in forma implicita (link alla Grammatica di Sabatini).

Questo tipo di protasi:

Esercizi

G. De Nittis, “Intorno al paralume”

Volgi le seguenti protasi esplicite in protasi implicite usando il costrutto indicato nell’ultima colonna:


 

Esplicita

Implicita

Costrutto

a.

Qualora potessi, acquisterei anche La pioggia di cenere

Potendo, acquisterei anche La pioggia di cenere

Gerundio

b.

Se fossi sincero, direi che Colazione in giardino è un quadro virtuosistico

parola sincero, direi che Colazione in giardino è un quadro virtuosistico

a + infinito

c.

Se la vedi nei quadri di De Nittis, Napoli ti sembra sospesa sull’acqua

parola nei quadri di De Nittis, Napoli ti sembra sospesa sull’acqua

Participio passato

d.

Se guardi La discesa dal Vesuvio, ti sembra di sentire le voci dei turisti incantati dal paesaggio ai loro piedi.

parola La discesa dal Vesuvio ti sembra di sentire le voci dei turisti incantati dal paesaggio ai loro piedi.

Gerundio

Completa, adesso, le protasi delle seguenti frasi seguendo le indicazioni inserite tra parentesi

  • parola che avremmo visitato la pinacoteca, avrei studiato di più la pittura di De Nittis. (sapere, gerundio)
  • parola l’opera di Degas, riconosceresti molte affinità con quella di De Nittis. (conoscere, se…)
  • parola Il pranzo a Posillipo, rivivresti l’atmosfera dei soggiorni napoletani di De Nittis. (vedere, participio passato)
  • parola le due versioni di Castel dell’Ovo di De Nittis, si capisce come la sua pittura di paesaggio diventi nel tempo sempre più severa ed essenziale. (confrontare, a + infinito).