Livello linguistico consigliato (Quadro comune europeo di riferimento):
C
Obiettivi contenutistici:
L’emigrazione italiana di oggi.
Indici linguistici:
subordinate implicite al gerundio
subordinate implicite al participio passato
Testi
Autore:
Elena Maria Duso
Tempo stimato:
2,5 ore
Breve descrizione del percorso:
In questo percorso si parlerà dell'emigrazione italiana di oggi, con particolare riferimento ai giovani.
Ti presenteremo il libro Vivo altrove di Claudia Cucchiarato, scrittrice che ascolteremo anche in un'intervista radio. Ti proporremo poi un'intervista allo scrittore Carmine Abate, che spiega cosa significhi emigrare in un paese straniero dal punto di vista della propria identità.
Rifletteremo inoltre sulle subordinate implicite al gerundio ed al participio passato.
TEST: Secondo te, chi emigra oggi in Italia?
Completa il testo con le parole della lista.
Difficilmente, laureato, articolo, capitale, qualificato, talenti, altamente, indagine, cervello, professionisti , sintesi
Secondo una recente condotta dalla trasmissione “Giovani talenti” di Radio 24 e diretta da Sergio Nava (su cui si veda http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-12-20/numeri-costi-nuova-emigrazione-173135.shtml), non è ancora del tutto chiaro il numero di giovani che emigra ogni anno dall’Italia. Stando ai dati ufficiali infatti, il flusso di giovani migranti dall’Italia ad altri paesi europei o all’America sarebbe di circa 30mila persone. Ma secondo altri dati il numero è almeno doppio: sono 60mila i giovani emigranti, una gran parte dei quali non sono ancora quarantenni. Si presume che il 70% di questi giovani sia : si tratta quindi di un umano molto che lascia il paese e che, una volta partito, tornerà indietro.
Il nostro Paese presenta dunque forti flussi in uscita dei cosiddetti “giovani ”, ma scarsi flussi in entrata di giovani stranieri. In : l’immigrazione verso l’Italia è generalmente poco qualificata, l’emigrazione dall’Italia è invece qualificata. Una ricerca di Lorenzo Beltrame, autore di un sul “brain drain”, stima in 410mila i laureati italiani all’estero: in sostanza, per un che entra, tre ne escono.
(dati tratti da: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-12-20/numeri-costi-nuova-emigrazione-173135.shtml)
Leggi l'articolo tratto da http://
«Vivendo altrove, il confronto fra l’Italia e altri paesi diventa impietoso. E illuminante». In un libro le storie degli italiani che fuggono all'estero
Di Eleonora Voltolina - 20 novembre 2010
Viaggi e avventure di giovani espatriati raccontati da una giovane espatriata: Vivo altrove, libro scritto da Claudia Cucchiarato [nella foto] e pubblicato quest’anno da Bruno Mondadori, ha un sottotitolo un po' da manuale di sociologia ma molto attuale: «Giovani e senza radici: gli emigranti italiani di oggi». Dove il centro sta in quella parola un po’ desueta, emigranti, che riporta alla mente vecchie fotografie ingiallite, valige di cartone, e i vaglia con cui gli zii d’America da lontano mantenevano figli e nipoti.
Oggi i giovani in fuga dall’Italia non si sentono esattamente emigranti. Sono figli della generazione Erasmus e dell’Europa post Schengen molti di loro hanno fatto esperienze all’estero già durante gli studi: trasferirsi da Bari a Milano o da Bari a Bruxelles non fa grande differenza. E anche il motivo che spinge a partire non è più lo stesso: cent’anni fa era fame in senso stretto, fame di lavoro e di un salario che permettesse di mandare avanti la famiglia; oggi è fame di esperienze, libertà, nuovi orizzonti.
Claudia Cucchiarato parla con cognizione di causa e per esperienza personale: veneta, laureata all’università di Bologna, a 26 anni ha deciso di trasferirsi a Barcellona e lì è rimasta, appagata da una carriera giornalistica bilingue (scrive in spagnolo su La Vanguardia, il più importante quotidiano catalano, e in italiano su Repubblica e Unità) e da una vita piena di amici tra cui tanti, tantissimi espatriati italiani – che in città sono più o meno 40mila. Non solo perché Barcellona va di moda, ma anche perché «chi emigra in Spagna si sente "un po’ come a casa". Non avverte le difficoltà che in altri paesi si possono riscontrare nella comprensione della lingua, nella lunghezza e nel costo del viaggio per far visita alla famiglia a Pasqua o a Natale, nella distanza culturale e sociale».
L’anno scorso Cucchiarato ha deciso di allargare lo sguardo e approfondire la tematica, costruendo un sito e parallelamente un libro (che oggi ha una sua fanpage anche su Facebook) per raccogliere le storie di chi come lei ha scelto di vivere all'estero. «Una generazione fluida e in qualche modo sfortunata» si legge nell’ultimo capitolo «che non ha avuto, o ha creduto di non avere, le stesse opportunità che erano state a portata di mano per le generazioni precedenti. Una generazione di italiani che in patria si sono sentiti esclusi, non valorizzati. O che comunque hanno visto ben poche porte aperte davanti a loro. E che quindi hanno deciso di andarsene». E così ecco Davide che da Milano scappa a Barcellona e poi a Berlino, Alvise che per amore da Venezia si sposta a Monaco, Laura che decide di fare il grande salto dopo aver visto in Parlamento un senatore italiano mangiare mortadella per irridere il premier Prodi, Matteo che passa dal Portogallo all’Inghilterra alla Spagna, il napoletano Andrea quasi esterrefatto nel raccontare che uno dei più importanti studi di architettura di Rotterdam lo ha assunto semplicemente sulla base del suo curriculum, senza agganci o raccomandazioni. Emigranti del nuovo millennio, talvolta anche in coppia: come i veneti Alessandro e Lidia che mano nella mano passano dalla facoltà di Scienze della comunicazione dell’università di Padova a fare i camerieri a Madrid e Londra, per poi planare a Parigi dove ora lui fa il commesso in una boutique che vende abat-jour mentre lei frequenta un master e contemporaneamente lavora in un ufficio reclami di compagnie aeree. Senza dimenticare chi scappa dall’Italia per non diventare un «serial stagista»: e qui c’è spazio anche per la Repubblica degli Stagisti e per alcuni dei risultati emersi dal sondaggio Identikit degli stagisti italiani.
Sedici capitoli, una settantina di «emigranti» messi a nudo, molti numeri per inquadrare il fenomeno al di là dei dati ufficiali dell’ Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) cronicamente incapace di monitorare in maniera efficace gli italiani che vivono altrove. E per uscire dal cliché dei «cervelli in fuga» che rischia di ridurre questi emigranti alle figure di geniali – e lontani – ricercatori universitari: in realtà ormai il fuggi-fuggi è generale. «Sono i "neo-migranti", gente che parte "per dimenticare", per lasciarsi alle spalle un paese che sta stretto, che non piace» scrive Cucchiarato: «Gente che vorrebbe cambiare l’Italia, ma non sa come fare e non sa se potrà farlo in futuro. E quindi cambia paese, se ne va, alla ricerca di maggiori stimoli o di un’alternativa».
L’aspetto più preoccupante sta tutto in una frase alla fine del libro: «Di colpo, vivendo altrove, il confronto fra l’Italia e altri paesi – con regole e relazioni diverse – diventa impietoso. E illuminante». Questo confronto spiega perché quasi nessuno dei protagonisti pensa di rientrare in Italia, quantomeno nel breve periodo. Uno spreco di risorse, di energie, di talenti. Una perdita netta per l’Italia.
(tratto da http://www.
(tratto da: http://www.vivoaltrove.it/l-autrice/)
Claudia Cucchiarato
Giornalista, è nata a Treviso nel 1979 e vive a Barcellona dal 2005. Scrive per L’Unità e il gruppo L’Espresso in Italia e per La Vanguardia in Spagna.
Vivo altrove è il suo primo libro, ma soprattutto il suo modo di dare voce a chi, come lei, ha scelto di non abitare in Italia.
Dall’inizio del 2008 mantiene il blog: http://barcellonaitalia.blog.unita.it/
Ascolta l'intervista a Claudia Cucchiarato che presenta il suo libro. Poi completa le affermazioni scegliendo una delle tre proposte.
Intervista di Alberto Conti a Claudia Cucchiarato, 18 ottobre 2010.
Per gentile concessione di Ustation
Claudia ha cominciato la sua carriera giornalistica occupandosi
Claudia dice che oltre a scrivere un libro, ha deciso di aprire un blog
Claudia dice che le città europee ed americane dove si migra
All’estero per un giovane italiano riuscire è più facile perché
Il problema principale in Italia per Claudia è che
In Italia i giovani si sentono
Per Claudia andarsene in una città europea è
Per Claudia all’estero fare carriera è più semplice perché
Per Claudia i giovani italiani se ne vanno perché
Per Claudia il fenomeno dell’emigrazione italiana contemporanea
Osserva con attenzione questi passi tratti dai testi che hai appena letto ed ascoltato.
Le frasi evidenziate sono subordinate implicite, che si costruiscono usando uno dei modi indefiniti (cioè non coniugabili a seconda della persona) del verbo: il gerundio.
Il gerundio può essere
In genere il gerundio ha lo stesso soggetto della frase principale:
altrimenti il soggetto va espresso dopo il gerundio:
Se il verbo è impersonale, il soggetto però può mancare:
Attenzione!
Vanno evitati invece i gerundi dipendenti da un elemento diverso da soggetto, frequenti nell'italiano degli stranieri per interferenza della madrelingua o di altre L2, come
*Ho visto Maria leggendo un libro
In italiano “leggendo un libro” può essere riferito solo a me, cioè al soggetto. Se è invece Maria che legge, la frase corretta è:
Ho visto Maria che leggeva un libro / Ho visto Maria leggere un libro
Un altro errore tipico è quello di utilizzare il gerundio al posto dell'infinito in una frase soggettiva:
Adesso che ho finito l'Erasmus, mi manca molto *andando nei locali con gli altri studenti.
(andando > andare)
al posto di
Adesso che ho finito l'Erasmus, mi manca molto l'andare/ la possibilità di andare nei locali con gli altri studenti.
Le subordinate al gerundio possono avere valore:
causale: Sapendo (= poiché sapevo) che in Italia sarebbe stato difficile trovare un lavoro ed una condizione di vita adeguati a me, sono partita subito per Barcellona.
C’è poi un particolare tipo di gerundio che si chiama gerundio coordinante che sta sempre dopo la frase principale e si può parafrasare con una frase coordinata:
Rispetto alla frase principale, le subordinate al gerundio possono indicare un rapporto di
Più raramente, il gerundio semplice può indicare un rapporto di posteriorità, ed è allora situato dopo la frase principale:
Trasforma le subordinate implicite in esplicite scegliendo una delle tre possibilità.
Esempio:
Essendo stanco della situazione lavorativa italiana, Marco Poggi è emigrato in Argentina.
Avendo fatto molti stage in aziende d'ogni tipo, finalmente mio cognato è riuscito ad avere un posto fisso.
Pur essendo malato, Gianni è andato al colloquio di lavoro ed è stato assunto.
Potendo scegliere, Claudia tornerebbe in Italia.
Avendo lavorato sodo, mio figlio è riuscito a crearsi una buona posizione.
Trasforma le frasi o le espressioni sottolineate in subordinate implicite al gerundio. Scrivi negli spazi solo il verbo al gerundio e, se serve, il pur. Alla fine puoi controllare le soluzioni.
Esempio: Anche se non avevo molto tempo libero, da studentessa ho sempre dedicato alcune ore settimanali allo sport.
Pur non avendo
1. Dopo che si era trasferita a Monaco, Sara ha dovuto imparare il tedesco. =
2. Anche se non era nessuno, mio nonno è partito per l'America e lì ha fatto fortuna. =
3. Mentre partiva per l'America, Giovanni rifletteva sulla difficile situazione degli emigranti italiani d'un tempo. =
4. Sebbene avesse mandato molti curricola, mio fratello non ha trovato il lavoro che cercava a Napoli. Così, con coraggio, ha deciso di partire. = ;
5. Lucia non emigrerebbe, se potesse. =
6. Mauro non avrebbe mai lasciato l'Italia, se ne avesse avuta la possibilità. =
Leggi queste frasi scritte da studenti stranieri che contengono degli errori nell'uso del gerundio e pensa a come correggerle. Poi, clicca sul pulsante "Soluzione" e verifica le tue proposte.
Conosci Carmine Abate? Leggi la sua biografia.
Carmine Abate è nato a Carfizzi, in Calabria, nel 1954. Dopo essersi laureato a Bari, si è trasferito in Germania, ad Amburgo, quindi in Trentino Alto Adige, dove ancora oggi si trova. È insegnante e scrittore: oltre ad una ricerca storica (I Germanesi, storia e vita di una comunità calabrese e dei suoi emigranti) ha pubblicato racconti (Il muro dei muri, Vivere per addizione ed altri viaggi), numerosi romanzi (Il ballo tondo, La moto di Scanderbeg, Tra due mari, La festa del ritorno, Il mosaico del tempo grande, Gli anni veloci) ed una raccolta di poesie e prose (Terre di andata). Nel 2012 è uscito il suo ultimo romanzo, La collina del vento.
Per saperne di più visita il suo sito www.carmineabate.net
Leggi la recensione al libro Terre di Andata ed indica se le frasi sono vere o false. (dal sito: http://www.carmineabate.net/):
Terre di andata (Poesie & proesie, Il Maestrale, 2011)
"Come se non fossimo immigrati” – di Roberto Carnero – Il Sole 24 Ore n. 311 di domenica 13 novembre 2011 - pagina 30. Per gentile concessione de Il Sole 24 Ore
L’ultimo libro di Carmine Abate, Terre di andata, è una raccolta di poesie, ma forse, prima ancora, un diario di viaggio. Perché in testi ibridi [Ibridi: qui significa 'misti di prosa e poesia'], spesso al confine tra prosa e versi, l’autore ci riporta al vissuto di migrante, al proprio personale vissuto e a quello di un’intera generazione. Nato nel 1954 a Carfizzi, un paesino di origine albanese in provincia di Crotone, figlio di emigranti, Carmine Abate è vissuto tra il paese natio [Natio: dove è nato], la Germania e il Trentino (dove attualmente risiede).
In Germania ci arriva a sedici anni e da allora, fino a tutto il periodo universitario, lavora ogni estate in fabbrica o nei cantieri stradali con suo padre, che viveva ad Amburgo da quando lui era un bambino. Laureatosi in Lettere, diventa insegnante di Italiano ai figli dei nostri connazionali in diverse città tedesche.
L’autore ha vissuto in prima persona i problemi degli emigrati, dalle difficoltà d’integrazione e di apprendimento di una lingua straniera al razzismo. Poi, con il tempo, è stato in grado di cogliere anche gli aspetti positivi di quell’esperienza: l’arricchimento culturale, il vivere tra due mondi, il contatto tra le culture e il superamento dei pregiudizi. Anche se non è mai venuto meno il motivo della nostalgia. Motivo non a caso centrale in Terre di andata. Dove la tonalità nostalgica ed elegiaca si incarna nella figura di un padre che sogna per il figlio un futuro migliore. Prende le sembianze [Sembianze: apparenze, aspetto] dei fichi d’India e delle stelle della natìa Calabria. Diventa – “ora che al paese / tu sei un germanese / con il conto in banca / con il mondo in tasca” – il sogno di una vita diversa “come se noi non fossimo emigrati”. Una nostalgia che si sofferma sui sogni giovanili che il tempo avrebbe infranto [Infranto: rotto, spezzato, distrutto]. Ma c’è, a un certo punto, uno scatto d’orgoglio identitario e politico, che porta a rivendicare la propria storia: “Oh sì, hanno tentato. Di metterci la museruola [Museruola: lett. è piccola gabbia di cuoio o di metallo che si applica al muso dei cani per impedire che mordano. In senso figurato, mettere la m. a qualcuno significa impedirgli di esprimersi liberamente] come ai cani”. Ma non ci sono riusciti.
In una lingua intensa, un italiano vivo interrotto qua e là da termini tedeschi, Abate racconta sogni, speranze, utopie, una vita intensa al confine tra diversi mondi. E, ancora, sempre lei, la nostalgia del migrante: “Aspettavamo l’estate / come impazienti cicale / con le ali spezzate / e l’anima andata a male”.
Rispondi alle seguenti domande:
Carmine Abate...
è nato in Campania.
si è laureato in Lettere.
adesso vive in Trentino.
è professore di Italiano.
ha scritto molti libri di poesia.
ha scritto un libro misto di poesia e prosa.
è emigrato in Germania da adulto.
scrive in un misto di più lingue.
ha vissuto gli aspetti positivi e negativi dell'emigrazione.
pensa che l'emigrazione possa anche migliorare la propria cultura.
ha superato il tema della nostalgia per il paese d'origine.
Osserva con attenzione
Anche il participio passato può formare una subordinata implicita. Ciò però non avviene con tutti i verbi, ma solo
a) con i verbi transitivi, per i quali il participio passato ha valore attivo
In questo caso, il participio si accorda con il complemento oggetto.
b) con i verbi pronominali, per i quali il pronome si accorda con il soggetto e segue il participio.
c) con i verbi intransitivi di tipo non durativo [Cioè non si possono usare participi di verbi intransitivi che indicano un'azione che dura nel tempo, come ad esempio camminare,lavorare, dormire, ma solo verbi che indicano un'azione che ha un fine, un obiettivo preciso (verbi telici): andare, arrivare, partire...]:
Il participio passato in questo caso si accorda col soggetto. Normalmente il soggetto è lo stesso
della frase principale, ma a volte ci può essere anche un altro soggetto che però deve essere espresso.
In genere le frasi al participio passato indicano fatti o eventi con valore contemporaneo o anteriore rispetto ai fatti o agli eventi espressi nella principale.
Le frasi al participio che esprimono anteriorità hanno spesso indicatori temporali come appena, una volta.
Oltre al valore temporale, il più comune, le implicite al participio passato possono anche avere valore:
(informazioni tratte ed adattate da M. Bertuccelli Papi, “Frasi subordinate al participio: participo passato”, In L. Renzi, G. Salvi, A. Cardinaletti, Frasi subordinate al gerundio. Grande grammatica italiana di consultazione, II, I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, 2001).
Trasforma le subordinate implicite al participio passato in subordinate esplicite.
1.Si presume che il 70% di questi giovani sia laureato: si tratta quindi di un capitale umano molto qualificato che lascia il paese e che, una volta partito, difficilmente tornerà indietro. =
2. Nato nel 1954 a Carfizzi, un paesino di origine albanese in provincia di Crotone, figlio di emigranti, Carmine Abate è vissuto tra il paese natio, la Germania e il Trentino (dove attualmente risiede).
In Germania ci arriva a sedici anni e da allora, fino a tutto il periodo universitario, lavora ogni estate in fabbrica o nei cantieri stradali con suo padre, che viveva ad Amburgo da quando lui era un bambino. Laureatosi in Lettere, diventa insegnante di Italiano ai figli dei nostri connazionali in diverse città tedesche. = ;
Trasforma le frasi esplicite in implicite al participio passato
Un buon CV
Dopo che si fu diplomato al liceo scientifico ( ), Tommaso inizio a frequentare la Facoltà di Economia e Commercio a Venezia. Quando si fu laureato, si trasferì a Berlino, e lì decise di fare un PhD. Dato che aveva riconosciuto il suo talento ( ), il professore tedesco con cui lavorava gli propose di restare a lavorare in ambito accademico.
Se fosse rimasto in Italia ( ), chissà se avrebbe avuto una carriera così brillante!
E per finire ti presentiamo una riflessione sull'emigrazione. Ascolta l’intervista in cui Carmine Abate parla del suo libro Vivere per addizione e di come considera l’emigrazione, ed indica se le frasi sono vere o false.
Intervista di Giuseppe Albi a Carmine Abate
Abate dice di sentirsi un semplice scrittore.
È importante per Abate avere un contatto diretto con la realtà.
Abate ha cominciato a scrivere raccontando le ferite dell’emigrazione.
Abate ha capito fin da subito il potenziale arricchimento personale portato dall’emigrazione.
“Vivere per addizione” significa vivere in più dimensioni, lingue e culture.
Per Abate emigrare non è necessariamente doloroso.
Abate dice di avere le proprie radici nel dialetto calabrese.
Il libro non vuole dare messaggi specifici.
Abate critica il modo di porsi dell’emigrato di un tempo.
Abate invita ad andare oltre al dolore della mancanza e a vivere con più pienezza anche il paese in cui si emigra.
Ritornare al proprio Paese non è necessario per conservare il proprio equilibrio.
Abate ha un rapporto d’amore ed odio con la sua terra.
Abate non torna più molto spesso in Calabria.
Abate non ha un rapporto semplice con il proprio Paese, benché lo ami molto.
Abate vuole sottolineare anche gli aspetti positivi a livello personale dell’emigrazione.