1. L'età di Dante e il Trecento

Letteratura e teatro
La città di Firenze nell'affresco "La Madonna della Misericordia" (1342)

In Europa, alla fine del Duecento, la crisi del Papato e dell’Impero è ormai evidente e, spesso proprio in antagonismo con le due potenze che fino ad allora avevano governato il mondo, si vanno formando nuovi stati nazionali. La civiltà del Trecento è una civiltà urbana che, soprattutto in Italia, raggiunge un primato culturale e artistico destinato a durare per secoli.

 

La produzione letteraria si organizza intorno a più centri. A nord si sviluppa soprattutto una letteratura in versi a carattere didattico, destinata a un pubblico non colto, che riprende temi della Bibbia e offre insegnamenti di morale pratica. L’autore più rappresentativo è il milanese Bonvesin da la Riva (seconda metà del Duecento - 1315 ca) che affianca alla produzione latina (De magnalibus urbis Mediolani) una ventina di poemetti in volgare milanese (cataloghi di comportamenti, narrazioni di exempla e contrasti).

 

Al centro della penisola, in particolare in Umbria, i primi documenti letterari in volgare italiano sono prodotti in ambito religioso: il più importante, anche per valore poetico, è il Cantico di frate Sole (o Laudes creaturarum) di san Francesco d’Assisi, una preghiera in volgare umbro del 1224, composta in versi ritmati adatti per essere utilizzati anche durante la predicazione. Più tardi si svilupperà una nuova forma poetica, la lauda, legata alle pratiche della preghiera e del canto all’interno delle confraternite religiose; questo nuovo genere troverà in Iacopone da Todi (1230 ca-1306) una delle sue più intense espressioni.

 

In Sicilia, intorno agli anni Trenta del XIII secolo, alla corte dell’imperatore Federico II, si sviluppa una vera e propria scuola poetica che prende a modello la lirica cortese provenzale. I poeti, che sono spesso anche funzionari del governo imperiale, sperimentano, con fine lavoro metrico e retorico, varie forme poetiche (sonetti, canzoni, canzonette, ballate, frottole) sui temi dell’amore, della bellezza e della cortesia. Oltre allo stesso imperatore e al figlio re Enzo, i più illustri esponenti furono Pier della Vigna, consigliere dello stesso Federico II, Guido delle Colonne, giudice messinese, e il notaio Giacomo da Lentini, detto da Dante appunto «il Notaro» (Purgatorio XXIV, v. 56), che è considerato il caposcuola. Alla morte di Federico II (1250) e con il crollo della potenza sveva (battaglia di Benevento, 1266), si chiude questa esperienza poetica, che influenzerà tuttavia la successiva produzione poetica in volgare.