Chioggia, paese di “baruffe” e di “gente marina”

Letteratura e teatro

Nella Prefazione L’autore a chi legge, Goldoni spiega il significato del termine “baruffa” e i motivi per cui ha scelto di ambientare a Chioggia la sua commedia:


II termine Baruffa è lo stesso in linguaggio Chiozzotto, Veneziano e Toscano. Significa confusione, una mischia, azzuffamento di uomini o di donne, che gridano, si battono insieme. Queste baruffe sono comuni fra il popolo minuto, e abbondano a Chiozza più che altrove poiché di sessantamila abitanti di quel Paese ve ne sono almeno cinquantamila di estrazione povera e bassa, tutti per lo più pescatori o gente di marina.

 

Chioggia è lo scenario ideale per mandare in scena la vita della gente – la gente bassa – che in questa bella e ricca città lagunare rappresenta quasi la totalità della popolazione

 

Chiozza è una bella e ricca città venticinque miglia distante da Venezia, piantata anch'essa nelle Lagune, isolata, ma resa Penisola per via di un lunghissimo ponte di legno, che comunica colla Terraferma.

[…] Evvi il ceto nobile, il civile ed il mercantile. Vi sono delle persone di merito e di distinzione. Il Cavaliere della città ha il titolo di Cancellier Grande, ed ha il privilegio di portare la veste colle maniche lunghe e larghe, come i Procuratori di San Marco. Ella in somma è una città rispettabile; e non intendo parlare in questa Commedia che della gente volgare, che forma, come diceva, i cinque sesti della popolazione.

 

A Chioggia si parla la lingua veneziana, ma la gente del popolo ha una pronuncia diversa e utilizza termini particolari; Goldoni, nelle Baruffe chiozzotte, si serve proprio di queste caratteristiche del linguaggio per creare gli effetti comici (quel giocoso) a cui la commedia deve il suo successo:

 

Quando il verbo è sdrucciolo, come ridere, perdere, frigere ecc., i Veneziani troncano la finale, e dicono: rider, perder, friger ecc.; ed i Chiozzotti, che non potrebbero pronunziare, come negli altri verbi, ridereeee, perdereeee, frigereeee, perché ciò sarebbe troppo duro anche alle loro orecchie, troncano la parola ancor di piú, e dicono: ridè, perdè, frizè ecc. Ma io non intendo qui voler dare una grammatica Chiozzotta: accenno qualche cosa della differenza che passa fra questa pronunzia e la Veneziana, perché ciò ha formato nella rappresentazione una parte di quel giocoso, che ha fatto piacer moltissimo la Commedia.

 

Padron Fortunato è uno dei personaggi più amati dal pubblico proprio per il suo particolare modo di parlare che lo rende quasi incomprensibile agli stessi abitanti di Chioggia. Capire Padron Fortunato può essere molto difficile per chi non è del luogo, ma Goldoni, convinto che la commedia debba imitare esattamente la realtà, fa parlare il personaggio nella sua lingua e accetta il rischio

 

Il personaggio principalmente di Padron Fortunato è stato de' più gustati. È un uomo grossolano, parla presto, e non dice la metà delle parole, di maniera che gli stessi suoi compatrioti lo capiscono con difficoltà. Come mai sarà egli compreso dai Leggitori? E come potrà mettersi in chiaro colle note in piè di pagina quel che dice e quel che in­tende di dire? La cosa è un poco difficile. I Veneziani capi­ranno un poco più; gli esteri, o indovineranno, o avranno pa­zienza. Io non ho voluto cambiar niente né in questo, né in altri personaggi; poiché credo e sostengo, che sia un merito della Commedia l'esatta imitazione della natura.

 

Il poeta Goethe durante il suo viaggio in Italia nel 1786 assiste a una rappresentazione della Baruffe e scrive questo commento, che avvalora la scelta di Goldoni:


Anch'io posso dire finalmente di aver visto una commedia! Hanno rappresentato oggi, al Teatro San Luca, Le baruffe chiozzotte... I personaggi, tutta gente di mare; abitanti del luogo, con le rispettive mogli, sorelle e figliuole. I soliti chiassi di questa gente, nei momenti di gioia come nell'ira, i loro pettegolezzi, la vivacità, la bonomia, la volgarità, l'arguzia, il buonumore, la libertà dei modi, tutto è egregiamente rappresentato. Anche questo lavoro è di Goldoni; da parte mia vi ho assistito con immenso piacere, tanto più che proprio ieri ero stato a Chioggia e gli orecchi mi ronzavano del vocio di quei marinai e di quegli scaricanti e i loro gesti mi stavano innanzi agli occhi. Qualche allusione particolare mi è certo sfuggita, ma nel complesso ho potuto tener dietro il lavoro benissimo. (…) Non ho mai assistito in vita mia ad un'esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con naturalezza. E' stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine.

                                                                                                          

Ed è proprio con un inno alla gioia di vivere che Lucietta, una delle protagoniste, fidanzata col pescatore Titta- Nane chiude la commedia:

 

LUCIETTA: Sior sì, balemo, devertìmose, zà che semonovizzi; ma la sènta, lustrìssimo, ghevoràve dir dóparolètte. Mìghe son obbligà de quel che l'ha fatto per mì, e anca ste altre novizze le ghexéobbligae; ma me despiase, che elxéforèsto, e co'l va via de sto liógo, no voràve che el parlasse de nù, e che andasse fuora la nomina, che le Chiozottexé baruffante; perché quel che l'ha visto e sentìo, xé sta un accidente. Semo donne da ben, e semo donne onorate; ma semoaliegre, e volemo stare aliegre, e volemobalare, e volemo saltare. E volemo che tutti posse dire: e viva le Chiozotte, e viva le Chiozotte! (atto III, scena ultima)

 

 

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