Luchino Visconti

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Luchino Visconti - Fonte: INDIRE-DIA, Olycom spa

Luchino Visconti (Milano 1906 - Roma 1976) regista teatrale e cinematografico, tra le figure più eminenti della cultura italiana nel dopoguerra. Si avvicina alla regia cinematografica e al marxismo negli anni '30 collaborando con Jean Renoir, di cui è assistente alla regia per "La scampagnata" (1936). Debutta dietro la macchina da presa con "Ossessione" (1943), film che segna l'inizio del neorealismo.

Vicino ai partigiani e al movimento di liberazione, partecipa al documentario collettivo "Giorni di gloria" (1945) e nel 1948 dirige attori non professionisti che parlano siciliano in un altro caposaldo neorealista: "La terra trema", rilettura in chiave progressista dei "Malavoglia" di G. Verga. Con "Bellissima" (1951) racconta i sogni di una madre (Anna Magnani) che aspira a un futuro da diva per la figlia, scontrandosi poi con il vacuo mondo dello spettacolo.

Successivamente, Visconti si distanzia dall'estetica neorealista e realizza "Senso" (1954), suo primo film a colori, nel quale rilegge l'irredentismo italiano come lotta di classe tra la borghesia italiana e l'aristocrazia austro-ungarica . Dopo le "Le notti bianche" (1957), tratto da Dostoevskij, firma "Rocco e suoi fratelli" (1960), epica dell'emigrazione interna che si concentra sullo scontro fra la cultura del Sud e quella del Nord, tra i valori del mondo rurale e quelli della società industriale. Il grande successo del film convince la Titanus a rischiare enormi capitali per il fedele e sfarzoso adattamento del romanzo di Tomasi di Lampedusa "Il Gattopardo" (1963), con cui illustra il passaggio dalla Sicilia dei Borboni a quella dei Sabaudi e vince la Palma d'oro a Cannes. Nei suoi ultimi film ("La caduta degli dei", 1969; "Morte a Venezia", 1971; "Ludwig", 1973; "Gruppo di famiglia in un interno", 1974) si concentra sui temi della morte e della decadenza. 

 

 

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