La storia linguistica dell’emigrazione italiana in Africa

    Emigrazione e lingua italiana nel mondo
    Pizzeria in Sud Africa

    L’italiano ha rappresentato la lingua franca in varie aree del Mediterraneo anche prima della colonizzazione e si è diffuso nel nord Africa fino alla sua sostituzione da parte del francese e dell’inglese. Con gli emigrati italiani sono arrivati in Africa anche i dialetti: nel nord Africa si è diffuso il dialetto siciliano, mentre nel Corno d’Africa si è affermato il veneto. I dialetti erano usati anche con gli autoctoni, dando vita a forme che sono frutto del contatto tra dialetti italiani e dialetti locali. Attualmente è da segnalare il flusso migratorio dall’Italia verso Paesi come il Kenia o la Tanzania, dove si sta stabilendo parte dell’imprenditoria italiana legata soprattutto al turismo, iniziando a condizionare così lo spazio linguistico locale.

     

    Nel Corno d’Africa si è venuta a creare una varietà di contatto pidginizzata per interagire con i colonizzati, utilizzata come lingua franca nel periodo coloniale e in seguito scomparsa. In questo contesto, nel repertorio linguistico degli emigrati italiani trovavano posto i dialetti, usati soprattutto in contesto familiare ma anche in alcuni contesti pubblici, l’italiano, usato come lingua dell’amministrazione e della scuola, e la varietà di contatto usata con gli indigeni.

     

    Nel nord Africa e in particolare in Tunisia è fiorita inizialmente una varietà dialettale comune o koinè a seguito dell’insediarsi in loco di una forte comunità siciliana analfabeta e dialettofona. Successivamente il contatto con comunità arabofone e francofone ha portato alla trasformazione di questa koinè e allo sviluppo di una varietà mista di siciliano, italiano, arabo-tunisino e francese. Il siculo-tunisino era parlato dal 70% della comunità, anche se il suo uso non era tollerato in contesto scolastico.

     

    In Sud Africa è invece sorta una varietà di italiese sudafricano, con una base prevalentemente inglese e con innesti di italianismi o pseudoitalianismi. L’italiese sudafricano si differenzia dagli altri italiesi (canadese, australiano o nordamericano) per l’influsso che le lingue locali hanno esercitato su di esso. L’italiese usato dalla comunità italiana in Sud Africa ha accolto infatti elementi provenienti dall’afrikaans e da alcune lingue bantu come isizulu, isixhosa e sesotho. Per quanto riguarda i dialetti, essi sono rimasti in uso all’interno di alcune comunità regionali presenti in Sud Africa, da un lato subendo infiltrazioni da parte dell’inglese e dall’altro mantenendo numerosi elementi linguistici che non si sono invece conservati nei dialetti attualmente parlati in Italia.

     

     

    Fonte: Raymond Siebetcheu Youmbi, Africa, in Storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo, a cura di Massimo Vedovelli, Roma, Carocci, 2011, pp. 477-509.