È un trattato sui grandi problemi che riguardano la vita politica e l’organizzazione dello Stato, al tempo di Machiavelli come nell’antichità . Scritto sotto forma di commento ai primi dieci libri delle Storie di Tito Livio[1], il trattato si articola in tre libri di 60, 33 e 49 capitoli. Facendo riferimento ad Aristotele, Machiavelli sostiene che gli Stati sono organismi naturali e quindi destinati a nascere, svilupparsi e decadere; il passaggio da una forma di governo all’altra fa parte di questo inesorabile processo. I Discorsi vogliono gettare le basi per una teoria moderna dello Stato che si fonda sugli insegnamenti del passato, in particolare sulla storia di Roma. Il primo libro tratta della politica interna allo Stato (organizzazione, leggi, religione), il secondo della politica estera (organizzazione militare, guerre, ampliamento dei territori), la terza le cause della grandezza e del declino. I Discorsi sono dedicati all’amico Zanobi Buondelmonti e a Cosimo Rucellai, promotore degli incontri culturali che si svolgevano negli Orti Oricellari di Firenze; come molte altre opere di Machiavelli, furono pubblicati dopo la sua morte.
[1] Tito Livio (59 a.C-17 d.C) è uno storico romano autore di Ab Urbe Condita, un’opera gigantesca in 142 che narra la storia di Roma dalle origini fino al principato di Augusto. In seguito i libri furono suddivisi in gruppi di 10 (decadi), in relazione a determinati periodi storici.