I tessuti che preferiti dalla Gallenga sono soprattutto velluti neri, grigi, viola, arancio, e crespi di seta, crêpe de Chine e chiffon. I disegni sono quasi tutti tratti da modelli antichi, anche orientali comunque medievali e rinascimentali, riprodotti elaborando un sistema di matrici ripreso dagli antichi stampi in legno, ma congegnati in modo da renderne l’uso seriale, facilmente riproducibile. I disegni, “combinabili” fra loro, possono bene adattarsi alla linea dell’abito, che viene decorato una volta tagliato. Un sistema di scomposizione e ricomposizione che Maria userà anche con i disegni moderni forniti da fidati collaboratori come Vittorio Zecchin. Risolve poi il problema dell’inchiostratura degli stampi ai cambi di colore e la possibilità di ritoccare gli stessi in modo pittorico con pigmenti o lacche, donando ai disegni effetti cromatici strabilianti: quelli che più l’hanno resa nota sono i delicati trapassi d’oro e d’argento o porporine metalliche di colori diversi digradanti l’uno nell’altro, non disdegnando l’uso di vero argento o oro zecchino.
Questo sistema di stampa, segreto e brevettato, grazie a un particolare collante, permette ai velluti di mantenere intatta la morbidezza del pelo serico e ai crespi di seta di non appesantirsi e rimanere naturalmente leggeri.
Bibliografia: Roberta Orsi Landini, Alle origini della grande moda italiana. Maria Monaci Gallenga, in: Moda Femminile fra le due guerre, Sillabe Ed., 2000.