[…] S. nasce a Barcola, un paesino vicino Trieste, in una famiglia in cui si intrecciano lingue e culture. Suo nonno è musicista (anche Giorgio studierà musica e direzione d'orchestra) e di cognome fa [Si chiama] Lovric; sua nonna è francese e si chiama Firmy, cognome che il nipote prenderà quando firmerà le prime regie durante l'esilio svizzero. Suo padre, Bruno, muore giovanissimo, quando il figlio ha poco più di due anni; la madre, Alberta, è un'apprezzata violinista. Il giovane S. cresce così in un'atmosfera artisticamente ‘predestinata’, e in un ambiente a forte matrice [Modello] femminile. […] Da ragazzino S. si trasferisce con la madre a Milano, dove compie gli studi prima al convitto Longone e poi al liceo Parini, fino a frequentare l'università , facoltà di legge; ma fin da adolescente, accanto allo studio, coltiva l'amore per il teatro, frequentato anche (dice la sua leggenda) come claqueur [Persona ingaggiata per applaudire o fischiare a comando durante uno spettacolo]. Si iscrive all'Accademia dei Filodrammatici di Milano, dove trova il suo maestro di elezione [Scelta consapevole] in Gualtiero Tumiati [(1876-1971). Attore e poi direttore dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano, dove ebbe come allievi, tra gli altri, Strehler e Paolo Grassi.]. Le sue prime prove fuori dalla scuola sono da attore […].
Ma già qui, a soli ventidue anni, pensa che il teatro italiano […] abbia bisogno della scossa [In senso figurato, un forte colpo che risveglia] salutare e demiurgica [Che crea e ordina un nuovo fenomeno] della regia. Lo scrive in un articolo del 1942, Responsabilità della regia, pubblicato su "Posizione" [Rivista mensile degli studenti universitari fascisti] […]. In quegli anni che precedono la guerra S., legato da un'amicizia fortissima a Paolo Grassi, conosciuto (come hanno sempre affermato i protagonisti) alla fermata angolo via Petrella del tram numero sei, direzione Loreto-Duomo, fa la fronda [Opposizione] nei Guf [Gruppo Universitaro Fascista] e morde il freno [Mordere il freno: essere impaziente]. L'entrata in guerra dell'Italia lo trova militare e poi rifugiato in Svizzera nel campo di Mürren, dove stringerà amicizia, fra gli altri, con il commediografo e regista Franco Brusati [(1922-1993). Regista e sceneggiatore]. Qui, poverissimo, ma già con una grande abilità nell'usare a proprio favore le difficoltà , riesce, con il nome di Georges Firmy, a trovare i soldi per mettere in scena, fra il 1942 e il 1945, Assassinio nella cattedrale di T.S. Eliot, Caligola di A. Camus e Piccola città di T. Wilder. La fine della guerra lo vede però di ritorno in Italia, ormai deciso a fare il regista.
Il suo primo spettacolo […] è Il lutto si addice ad Elettra di O'Neill, con Memo Benassi e Diana Torrieri [(1913-2007). Attrice]. Firma anche tutta una serie di regie d'occasione per compagnie famose, senza crederci troppo, e torna a recitare in Caligola di Camus (che ha spesso fra i suoi spettatori un altro signore della scena, Luchino Visconti [(1906-1976). Regista e sceneggiatore]), dove dirige Renzo Ricci [(1899-1978). Attore e regista] e riserva a se stesso il ruolo [Parte, personaggio] di Scipione. Nel frattempo è stato anche critico teatrale per "Momento sera" [Giornale], senza mai rinunciare però al sogno, condiviso con Paolo Grassi, di costruire dal nulla un teatro diverso. L'occasione sarà la fondazione nel 1947 del Piccolo Teatro della Città di Milano: primo stabile pubblico italiano, che aprirà i suoi battenti [Le due ante da cui è composta una porta] il 14 maggio, con l'andata in scena di L'albergo dei poveri di Gor'kij, dove S. riserva a sé il ruolo del ciabattino [Calzolaio, l’artigiano che ripara le scarpe] Aljosa.
[…] Alla fondazione del Piccolo corrisponde anche la prima regia operistica di S., una Traviata [Una delle più famose opere teatrali di Giuseppe Verdi] alla Scala destinata a lasciare il segno. Dal 1947, però, gli sforzi maggiori di S. (prima regista stabile, poi direttore artistico, poi direttore unico) sono essenzialmente per il Piccolo Teatro, dove dirige spettacoli che appartengono alla storia del teatro e della regia. All'interno di questa storia, che potremmo definire positivamente eclettica [Che si ispira a teorie e metodi diversi], si può tuttavia rintracciare una costante: l'interesse per l'uomo in tutte le sue azioni. Questa scelta, che S. perseguirà per tutta la vita, è un atto di fedeltà alle ragioni profonde dell'esistenza di cui si fa portatore Satin, uno dei protagonisti dell'Albergo dei poveri: «Tutto è nell'uomo». E, in questo suo porre l'uomo sotto la lente d'ingrandimento del suo teatro, ecco venire alla luce alcuni rapporti che gli interessano: l'uomo e la società , l'uomo e se stesso, l'uomo e la storia, l'uomo e la politica. Scelte che si riflettono a loro volta nella predilezione per alcuni autori chiave [Centrali, importanti], veri e propri compagni di strada nel lavoro teatrale del grande maestro (anzi `Maestro e basta', come è stato chiamato): Shakespeare soprattutto, ma anche Goldoni, Pirandello, la drammaturgia borghese, il teatro nazional popolare di Bertolazzi, Cechov e, nei primi anni, la drammaturgia contemporanea; Brecht gli rivela un diverso approccio al teatro, alla recitazione, una ‘via italiana’ all'effetto di straniamento [Processo con cui un artista crea nel suo pubblico una percezione non abituale della realtà . In teatro, lo “straniamento” fu la teoria alla base del teatro politico di B. Brecht].
[…] Ma, all'interno di una produzione stupefacente, a venire in primo piano è il lavoro sui segni del teatro (le scene, le atmosfere, le sue inimitabili luci, e quella capacità prodigiosa nel saper ricreare, con apparente leggerezza, situazioni di altissima poesia) e lo scavo esigente, duro, mai soddisfatto sulla recitazione, che trova il suo vertice nel vero e proprio corpo a corpo che egli instaura con gli attori: un vero esempio di maieutica [Metodo d’insegnamento basato sul dialogo]; e, per chi ha avuto la fortuna di assistere alle sue prove, l'epifania [Rivelazione] di un metodo teatrale. […] S. ha anche diretto il neonato Teatro d'Europa, voluto da Jack Lang e da Françoise Mitterrand a Parigi. Del resto il suo cursus honorum è lunghissimo: parlamentare europeo, senatore della Repubblica, un lungo elenco di onorificenze [Riconoscimento pubblico per particolari meriti], fra cui l'amatissima Legion d'onore [La più alta onorificenza attribuita dalla Repubblica Francese]; ma gli ultimi anni sono segnati dall'amarezza per un processo che lo vedrà , alla fine, innocente. È morto nella notte di Natale; le sue ceneri riposano a Trieste, nel cimitero di sant'Anna, nella semplicissima tomba di famiglia […].
(tratto da: http://delteatro.it/dizionario_dello_spettacolo_del_900/s/strehler.php)