2.2. I ricettari del Cinquecento e del Seicento

Cucina
Giuseppe Arcimboldo, "Ritratto di Rodolfo II in veste di Vertunno", 1591

Nel Cinquecento in cucina cambia la distribuzione dei compiti fra il cuoco e i suoi aiutanti: i ruoli cardine diventano quelli dello scalco, del trinciante e del bottigliere. Il primo era addetto all'allestimento della tavola e dei banchetti, il secondo al taglio delle carni e l'ultimo alla mescita dei vini. Non a caso è questo il periodo in cui diminuisce la produzione di ricettari e aumenta quella di trattati di scalcheria e di monografie sull'arte del trinciare. Tra i ricettari veri e propri, ha particolare importanza La singolar dottrina del gentiluomo fiorentino Domenico Romoli, detto il Panunto (XVI sec.), pubblicata a Venezia nel 1560 e l'Opera di Bartolomeo Scappi, "cuoco secreto", cioè personale, di Papa Pio V, pubblicata a Venezia nel 1570.

 

È questo anche il periodo in cui vedono la luce i Banchetti di Christoforo di Messisbugo, pubblicati a Ferrara nel 1549. Importante, a livello culinario e linguistico, è la presenza di piatti e prodotti di varia provenienza, alcuni dei quali attestati per la prima volta (es. zambudelli, 'sorta di salume'; cannellini 'confetti di forma allungata a base di cannella'). Come nei testi non toscani prodotti all'epoca, anche in quest'opera lo sforzo di adeguarsi al modello toscano convive con fenomeni e termini dell'uso locale parlato e del latino.

 

In tutti i ricettari menzionati, le ricette proposte mantengono, in linea con il calendario liturgico, l'alternanza di menù per i giorni “di magro” e per i giorni “di grasso”, risolta a volte con ricette descritte nelle versioni “grassa” o “magra”. Dal punto di vista del gusto, sulla quantità, come status symbol, si inizia a prediligere la qualità; l'uso dello zucchero prende il sopravvento a discapito di quello delle spezie, e il burro viene prediletto come collante per le salse. Ma la vera svolta si sarebbe avuta nel Settecento. Il Seicento, infatti, viene ricordato come un periodo di passaggio in cui mentre in Italia il numero di ricettari pubblicati diminuiva, in Francia se ne iniziava a produrre un numero altissimo. Tra i testi pubblicati in questo periodo è importante soltanto L'Arte di ben cucinare di Bartolomeo Stefani (1662) e Il cuoco francese ove è insegnata la maniera di condire ogni sorta di vivande (1682), del signor de La Varenne, in realtà traduzione di tre testi anonimi francesi.