3.1. Le prime traduzioni dei ricettari francesi

    Cucina

    La letteratura gastronomica italiana del Seicento aveva visto una ricca produzione di testi di scalcheria (relativi alla gestione della casa) e dell'arte del trinciare le carni, ma non di ricettari veri e propri. A partire dagli ultimi decenni del Seicento si iniziarono a produrre traduzioni di testi francesi, come quella del Cuoco francese ove è insegnata la maniera di condire ogni sorta di vivande, che si proclamava traduzione dell'opera di François de La Varenne (Le Cuisinier françois del 1651).

     

    Sempre a Bologna nel 1724 uscì la libera traduzione del Cuisinier royal et bourgeois di François Massialot, pubblicata col titolo Il cuoco reale e cittadino. Ma il testo che avrebbe costituito la svolta nella produzione editoriale italiana, perché primo a promuovere la "nuova cucina", sarebbe stato Il Cuoco piemontese perfezionato a Parigi, traduzione rimaneggiata della Cuisinière bourgeoise di Menon, pubblicato anonimo nel 1766 a Torino (editore B.A. Re, C.G. Ricca tipografo, un volume in 12°), che fin dal titolo fa emergere una tendenza che si sarebbe affermata nell'Ottocento: la fioritura di testi che promuovono patrimoni gastronomici regionali. Sempre dallo stesso testo francese sarebbe poi derivata, con riferimenti anche ad altri numerosi testi francesi, La Cuciniera piemontese che insegna con facil metodo le migliori maniere di acconciare le vivande sì in grasso che in magro secondo il nuovo gusto, pubblicata a Vercelli, presso Beltramo Antonio Re,  nel 1771 (un volume in 12°). Mentre il Cuoco piemontese ha una struttura del tutto definita in capitoli, in cui alle zuppe e minestre seguono le carni (bue, vitello, maiale, montone, agnello, pollame, cacciagione) e i pesci, i legumi e gli ortaggi, le uova, burro e formaggio, l'uso delle spezie, le creme, le frittelle, la pasticceria, ecc., nella Cuciniera piemontese non sembra si segua un ordine definito, e le ricette che nell'indice sono ordinate alfabeticamente si trovano poi sparse nel testo.

     

    Spostandoci in Toscana, nel 1772, presso Stecchi & Pagani, fu stampato a Firenze L'economia della città e della campagna ovvero il cuoco italiano secondo il gusto francese, libero adattamento del Soupers de la cour di Menon. I suoi tre tomi sono così divisi: nel primo sono presenti ricette di brodi, zuppe e salse, oltre che di vitello e uova; nel secondo troviamo ricette di carni (tra cui ancora il vitello) e terrine (pietanze preparate in recipienti circolari o rettangolari, di ceramica con bordi alti); nel terzo sono inserite ricette dell'arte del credenziere (chi si occupa della pasticceria).

     

    Per quanto riguarda la produzione originaria italiana, va ricordata l'Oniatologia ovvero il discorso dei cibi, in quattro tomi (1785 e il 1794 per l'editore Pagani), primo esempio di ricettario pubblicato a dispense, al quale l'editore fiorentino Giuseppe Luchi contrappose nel 1793 Il cuciniere all'uso moderno, sempre a dispense, copia rimaneggiata dell'Oniatologia.

     

    Altri testi da ricordare sono Il Cuoco maceratese di Antonio Nebbia che insegna a cucinare ogni sorta di vivande, tanto di grasso che di magro (Macerata, Dalle stampe di Luigi Chiappini, ed Antonio Cortesi, 1781, un volume in ottavo), e Il Cuoco galante, opera meccanica dell'oritano Vincenzo Corrado (Napoli, stamperia Reimondiana, 1773, un volume in quarto).