L’Arcadia, paradiso terreste puro e incorrotto, è descritta con un linguaggio comprensibile, dal ritmo elegante e musicale, piano e scorrevole. In realtà , per ottenere questa leggerezza espressiva e questa semplicità , Sannazaro utilizza una sintassi complessa e una vasta gamma di artifici retorici: nelle frasi il verbo si trova alla fine del periodo e l’aggettivo precede il sostantivo, come nella lingua latina (con le loro ombre non picciola parte del bello e copioso prato occupando); vengono inseriti incisi di tono colloquiale (se io non mi inganno, se dir conviensi); è frequentissima la litote [1] (non umile = alto; non artificioso = semplice; non picciola = grande; non leggiere = pesanti, difficili; non senza pregio = apprezzabile, di valore).
Le parole e le espressioni, frutto di una scelta puntuale e raffinata, hanno varia provenienza: vengono dal latino (come tiglia, per indicare l’albero del tiglio) [2], dalla lingua dotta (veruno = alcuno, copioso= ricco, abbondante), dal dialetto napoletano (pedale al posto di piede, versaglio al posto di bersaglio).
La descrizione dell’Arcadia fatta dal pastore Ergasto durante l’orazione funebre ronunciata in onore di Androgeo, il migliore di tutti i pastori, è un esempio dello stile complesso e raffinato di Sannazaro. Nei versi troviamo richiami a divinità che vivono nei campi (Fauni) e nei boschi (Silvani) tendendo agguati amorosi alle Ninfe; a personaggi delle Bucoliche di Virgilio (i pastori Dafni e Melibeo); al mito di Orfeo che, come Androgeo, col suo canto meraviglioso riusciva a governare non solo gli uomini e gli animali, ma anche le piante (sparga il bosco di fronde/ e di bei rami induca ombra su l’onde). Sempre per celebrare il compagno scomparso, Ergasto stabilisce una complessa similitudine fra alcuni importantissimi elementi della natura - l’olmo, che regge la vite; il toro, che guida la mandria (armenti); il grano (ondeggianti biade), che rende prosperi (lieti) i campi - e Androgeno che ha rappresentato (fostù, tu fosti) l’eccellenza (la gloria e ‘l colmo) fra tutti i pastori (nostro coro):
Altri monti, altri piani,
altri boschetti e rivi
vedi nel cielo, e più novelli fiori;
altri Fauni e Silvani
per luoghi dolci estivi
seguir le Ninfe in più felici amori.
Tal fra soavi odori
dolce cantando all'ombra
tra Dafni e Melibeo
siede il nostro Androgeo,
e di rara dolcezza il cielo ingombra,
temprando gli elementi
col suon de novi inusitati accenti.
Quale la vite a l'olmo,
et agli armenti il toro,
e l'ondeggianti biade ai lieti campi,
tale la gloria e 'l colmo
fostù del nostro coro.
Ahi cruda morte, e chi fia che ne scampi,
se con tue fiamme avampi
le più elevate cime?
Chi vedrà mai nel mondo
pastor tanto giocondo,
che cantando fra noi sì dolci rime
sparga il bosco di fronde
e di bei rami induca ombra su l'onde?
(Ecloga V, vv.14-38)
[1] la litote (dal greco litotes, semplicità ) è una figura retorica che, negando ciò che vuole affermare, tende ad attenuare il significato.
[2] Nella lingua latina i nomi degli alberi hanno genere femminile.