Palatalizzazione non sistematica della s seguita da c come in šcarola ma non in scarparo.
Tendenza a non raddoppiare le consonanti b e g intervocaliche a differenza di quanto avviene nell’italiano regionale meridionale (conservativo di influenza galloitaliche): si ha quindi roba e non robba, agire e non aggire.
Troncamento della sillaba finale nei participi passati come venù, o in parole tronche anche in dialetto come ad esempio uagliò.
Tratti morfosintattici (Potenza)
L’aggettivo possessivo precede i nomi di parentela (mentre nei dialetti meridionali è prevalente lo spostamento del possessivo in fondo al nome del tipo sòreta ‘tua sorella’), quindi mi frà ‘mio fratello’, ta ssuora ‘tua sorella’.
Prevalenza della preposizione locativa in, dove l’italiano regionale meridionale predilige a, quindi ngasa (‘in casa’) invece di a casa.
Presenza di dialettismi passati nell’italiano locale come gn’è ‘c’è’ che viene usato in alcuni casi al posto del tipico meridionale stare per ‘essere’; la forma anna per ‘deve’, quindi anna venì ‘deve venire’.
Lessico
Nel lessico potentino fagliare (con il relativo participio presente fagliante) per ‘sbagliare’ è stato riconosciuto come probabile provenzalismo, mentre tra i dialettismi passati in italiano troviamo chitaro ‘freddo’, chiatrare ‘gelare’, un cittadino ‘un tale’, cuscio ‘rozzo’, legittimo ‘sobrio’, pelliccio ‘cafone’, scuma ‘persona volgare’, tònza ‘pozzanghera’. Tra i regionalismi letterari, di carattere genericamente meridionale, sanno la mia faccia ‘conoscono’, cacciare il discorso ‘tirare fuori’, chiatto ‘ grasso’, non fidarsi più ‘non sentirsela, non farcela’, regalare ‘dare la mancia’. Numerosi anche i nomi del lessico gastronomico con cavatelli, fusilli, ferretti, strazzata o ruccolo ‘focaccia rotonda con buco al centro’.