"La bufera"

    Letteratura e teatro

    La bufera, prima poesia della raccolta Finisterre, è dedicata a Irma Brandeis che Montale celebra con il nome di Clizia. La poesia verrà poi inserita nel 1956 nella raccolta Bufera e altro  alla quale dà il titolo. Il poeta si rivolge alla strana sorella, ormai lontana e le descrive una bufera reale: i tuoni, la grandine, la pioggia sulle foglie/dure della magnolia. Ma quell'evento concreto e contingente è l’immagine, la rappresentazione di un evento molto più grande: la guerra in tutti i suoi aspetti, reali e simbolici.

     

    Il titolo Finisterre è usato nel senso più largo e ambiguo (la guerra reale e cosmica).

    La Bufera è la guerra, in ispecie quella guerra dopo quella dittatura; ma è anche guerra cosmica, di sempre e di tutti. I suoni di cristallo: la grandine. Il luogo è imprecisabile, ma lontano da me. Marmo manna e distruzione sono le componenti di un carattere: se tu le spieghi, ammazzi la poesia. Più che l’amore NON è riduttivo. Lo schianto ecc.: immagini di guerra. ‘Come quando’: separazione come per es. nelle Nuove stanze. Sgombra la fronte: ricordo realistico. Il buio è tante cose; distanza separazione, neppure certezza che lei fosse ancora viva. Il tu è per Clizia.

    [Montale commenta Montale, a cura di L. Greco, Parma, Pratiche, 1980].

     

    La bufera si apre con i versi tratti da À Dieu del poeta Agrippa d'Aubignè (1552 -1630:

    Les princes n' ont point d' yeux pour voir ces grand' s merveilles, / leurs mains ne servent plus qu' à nous persécuter.[1]

     

    La bufera che sgronda sulle foglie
    dure della magnolia i lunghi tuoni
    marzolini e la grandine,


    (i suoni di cristallo nel tuo nido
    notturno ti sorprendono, dell'oro
    che s'è spento sui mogani, sul taglio
    dei libri rilegati, brucia ancora
    una grana di zucchero nel guscio
    delle tue palpebre)


    il lampo che candisce
    alberi e muro e li sorprende in quella
    eternità d'istante – marmo manna
    e distruzione – ch'entro te scolpita
    porti per tua condanna e che ti lega
    più che l'amore a me, strana sorella,
    -


    e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
    dei tamburelli sulla fossa fuia,
    lo scalpicciare del fandango, e sopra
    qualche gesto che annaspa...

     

    Come quando
    ti rivolgesti e con la mano, sgombra
    la fronte dalla nube dei capelli,

    mi salutasti – per entrar nel buio.



    [1]:I principi non hanno occhi per vedere questi grandi meraviglie, le loro mani servono solo a perseguitarci. A causa di queste parole, ritenute offensive per il regime fascista, Finisterre non venne pubblicata in Italia; uscì a Lugano, nel 1943

     

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