È il filone principale della commedia cinematografica italiana negli anni '30. L'espressione deriva dal colore bianco dei telefoni presenti nelle ambientazioni borghesi di questi film, simbolo di benessere e status sociale elevato.
Tra le pellicole più rappresentative del "cinema dei telefoni bianchi", si ricordano "La segretaria privata" (1931, con Elsa Merlini e Nino Besozzi) di Goffredo Alessandrini, "La telefonista" (1932, con Isa Pola e Luigi Cimara) di Nunzio Malasomma, i film di Mario Camerini "Darò un milione" (1935) e "Il signor Max" (1937), con Assia Noris e Vittorio De Sica, e quelli di Max Neufeld, come "Mille lire al mese" (1938), "La casa del peccato" (1938) e "Assenza ingiustificata" (1939), con Alida Valli e Amedeo Nazzari.
"In quasi tutti i film del filone si narra di solito di una ragazza di umili origini ma intraprendente che riesce al contempo a conquistare il cuore dell'uomo che ama e a salire di grado nella scala sociale. Improntati all'ottimismo più sfacciato e basati sui meccanismi dell'equivoco cari a Feydeau, i film dei telefoni bianchi continuano ad avere un discreto successo fino agli inizi degli anni '40 [...], per poi declinare durante gli anni della guerra in concomitanza con l'affacciarsi del fenomeno Totò e con la messa a fuoco di modelli più realistici di commedia quali quelli annunciati da "Quattro passi tra le nuvole" (1942) di A. Blasetti". (Enciclopedia del Cinema, a cura di G. Canova, Garzanti, Milano, 2009, pag. 1359).
Nella foto: Assia Noris in una foto di scena del film "La casa del peccato", regia di Max Neufeld (1938).
Immagine tratta dalla rivista "Cinema, quindicinale di divulgazione cinematografica", III, n. 54, 25 settembre 1938, pag. 175.