Farinata (Inferno, canto X)

    Letteratura e teatro
    Sandro Botticelli, Dante incontra Farinata degli Uberti, particolare del disegno

    Nel sesto cerchio, dove sono puniti gli atei e gli epicurei, Dante incontra Manente degli Uberti – detto Farinata a causa dei capelli biondi che ricordavano il colore giallo della farina di granoturco – un nobile ghibellino appartenente a una fra le più antiche famiglie di Firenze. Gli Uberti, che avevano contribuito alla cacciata dei Guelfi nel 1248, vennero a loro volta esiliati. Farinata si rifugiò a Siena, organizzò nuovamente la sua parte e con l’appoggio di Manfredi, re di Sicilia, sconfisse duramente i Guelfi nella battaglia di Montaperti. I ghibellini vittoriosi avrebbero voluto radere al suolo Firenze, ma Farinata si oppose fermamente e riuscì a salvare la città. Così, accolto con grandi onori, fece ritorno in patria dove morì nel 1264. Due anni dopo, i Guefi riconquistarono definitivamente Firenze cacciando tutte le famiglie ghibelline. Col tempo, molte rinnegarono la loro parte e tornarono in città; gli Uberti, invece, non seguirono questa strada e vennero aspramente perseguitati. Dopo la morte, Farinata venne accusato di eresia: il suo corpo e quello della moglie, sepolti in Santa Reparata, furono riesumati e sottoposti a un processo che si concluse con la condanna e la confisca dei beni; le loro ossa furono gettate in Arno, i due figli vennero decapitati, altri tre messi al rogo insieme ai cugini.

     

    Dante mostra di ritenere fondata l’accusa di eresia e colloca il nobile ghibellino dentro la città di Dite, nel sesto cerchio, dove sono puntiti gli epicurei o gli atei; fra questi sono compresi anche i ghibellini, che si sono ribellati all’autorità del Papa. Il cerchio è una grande pianura coperta di tombe infuocate, forse perché gli eretici venivano bruciati vivi sul rogo.

     

    L’accento fiorentino di Dante suscita la nostalgia e la curiosità di Farinata, che si alza all’improvviso dalla tomba di fuoco, dritto e pieno di fierezza, come se avesse in disprezzo tutto l’Inferno e chiede al poeta di fermarsi a parlare con lui. È un personaggio di grande spessore, perciò Virgilio raccomanda a Dante di usare parole adeguate (conte).

     

    Il dialogo è serrato, come si conviene a due avversari politici, ma Dante mostra rispetto per Farinata, un uomo coraggioso e fedele ai suoi principi, che come lui ha amato Firenze (difesa “a viso aperto”), ricevendo in cambio persecuzione e disprezzo. Farinata infatti non soffre per la pena a cui è sottoposto nell’Inferno, ma perché i fiorentini non hanno riconosciuto che dovevano a lui la salvezza della loro città.

     

    Il colloquio viene interrotto dalla figura dolente di Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido, poeta illustre dello Stilnovo e grande amico di Dante. Cavalcante chiede notizie del figlio e poi, credendolo morto, ricade disperato nel sepolcro. Subito Farinata riprende il discorso, come se niente fosse accaduto, e dopo uno scambio di battute cariche di tensione, predice al poeta l’esilio; poi spiega che i dannati, poiché in vita pensarono solo al presente e mai all’aldilà, ora, come per un difetto della vista («come quel c’ha mala luce»), possono vedere il futuro ma non il presente o il passato. Detto questo sparisce nel sepolcro di fuoco e Dante, turbato per la profezia, riprende il suo cammino.

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