In questa giornata dedicata ai motti di spirito e alle pronte risposte, l’ultimo a narrare è Dioneo, che racconta la storia di un frate dell’ordine di Sant’Antonio[1] di nome Cipolla, che ogni anno si recava a Certaldo in cerca di elemosine. Frate Cipolla era di persona piccolo, di pelo rosso e lieto nel viso, buon compagno di brigata (miglior brigante) , benvoluto da tutti e ottimo parlatore, sebbene non fosse istruito. Una volta arrivò a Certaldo nel mese d’agosto, la domenica mattina quando tutti andavano a messa e appena la chiesa fu piena disse che era venuto a raccogliere offerte per i poveri del convento; in cambio avrebbe mostrato loro una santissima e bella reliquia da lui stesso raccolta terra santa: una delle penne dell’agnol Gabriello, la quale nella camera della Vergine Maria rimase quando egli la venne ad annunziare in Nazzarette.
Alla messa assistono anche due giovani molto astuti, Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini, che, sebbene amici del frate, decidono di rubargli la preziosa reliquia per vedere come se la sarebbe cavata di fronte alla gente. Frate Cipolla ha come servitore un losco individuo chiamato da alcuni Guccio Balena, da altri Guccio Imbratta o Guccio Porco, nel quale né vertù né senno né santità alcuna è: lento, sporco, bugiardo, negligente, disobbediente, maldicente. A lui il frate ha lasciato in consegna le bisacce dove sono riposte le reliquie, ma Guccio Imbratta se ne cura e va dietro alla serva Nuta, lasciando perfino la porta aperta. Così Giovanni e Biagio entrano nella stanza, frugano nella bisaccia e trovano una cassettina che contiene una penna di quelle della coda d’un pappagallo: capiscono che quella è la reliquia, la prendono e riempiono la cassetta con dei carboni trovati in un angolo. Intanto sono giunte le tre e frate Cipolla, che ha ben desinato e poi alquanto dormito, ordina al servo di portargli la bisaccia, si reca alla chiesa e davanti ai parrocchiani accorsi in gran numero, recita numerose preghiere all’angelo Gabriele, poi apre la cassettina che dovrebbe contenere la reliquia…
[1] Sant’Antonio abate, eremita egiziano vissuto fra il III e il IV secolo, è il patrono degli animali; viene rappresentato di solito con un porco ai piedi ed è venerato soprattutto nelle campagne. I frati di Sant’Antonio erano famosi per la loro avidità e mancanza di scrupoli; accusati di vendere reliquie e indulgenze false, vennero anche puniti dalla Chiesa.