Giornata VIII, novella 3: Calandrino e l’elitropia

B. Buffalmacco, "Trionfo della morte", 1355. Fonte: Wikimedia Commons

Siamo di domenica pomeriggio, i giovani sono riuniti vicino a una bella fontana; la regina è Lauretta, il tema della giornata, la beffa giocata senza un secondo fine, per puro divertimento. Dopo Neifile e Panfilo, prende la parola Elissa, per raccontare la storia di Calandrino[1], uno sciocco credulone, a cui due amici, Bruno e Buffalmacco, con la complicità di Maso il Saggio, fanno credere di aver trovato nel torrente vicino a casa una straordinaria pietra che rende invisibile chi la porta: l’elitropia.

Nella nostra città – racconta Elissa - che è sempre stata piena di usanze particolari (varie maniere) e personaggi strani (nuove genti) vivevano un depintore di nome Calandrino, uom semplice e di nuovi costumi, Bruno e Buffalmacco, pittori anch’essi, uomini sollazzevoli molto ma per altro avveduti e sagaci, che spesso si prendevano gioco (gran festa) di lui. Un giorno Maso[2], giovane astuto e abile, propose ai due di giocare una beffa a Calandrino. Quando per avventura lo incontra nella chiesa di San Giovanni intento a osservare le pitture, lo scherzo ha inizio.

Maso, in compagnia di un amico al corrente dell’imbroglio, fa finta di non aver visto Calandrino e continua a parlare ad alta voce di alcune pietra straordinarie che si trovano nella contrada di Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e dove, con un solo soldo, si poteva comprare un’oca con un papero in aggiunta. Calandrino, incuriosito si avvicina e cade nella trappola. Bengodi è molte miglia lontano più di millanta che tutta notte canta, ma la straordinaria elitropia, la pietra capace di rendere invisibili, si trova anche nel Mugnone, un torrente che si getta nell’Arno vicino a Firenze: è di colore nero e di varia grandezza.  Calandrino racconta tutto agli amici Bruno e Buffalmacco e insieme vanno a cercare l’elitropia, grazie alla quale, potranno, non visti, portar via i soldi dai banchi dei cambiavalute (cambiatori) e arricchire subitamente. La domenica mattina, in gran segretezza, inizia la raccolta. Mentre sono intenti a cercare la pietra, ad un tratto Bruno chiede a Buffalmacco:- Calandrino dov’è?...



[1] Calandrino, Bruno e Buffalmacco sono i soprannomi di personaggi storici, tutti pittori; di loro si trovano testimonianze in documenti del Trecento. Calandrino, il cui vero nome era Giovannozzo di Pierino, si riferisce sia a un particolare tipo di squadra usato dai pittori sia a un tipo particolare di allodola; Bruno (Giovanni d’Olivieri) ricordato dal Vasari come compagno di Buffalmacco; Buffalmacco (Bonamico di Cristofano), che Franco Sacchetti cita nelle Novelle come grande beffatore, era un artista molto stimato al suo tempo . Mentre Bruno e Calandrino erano  pittori di scarso valore, noti in Firenze soprattutto per la dabbenaggine (il primo) e per la vita da buontempone (il secondo), Buffalmacco, allievo di Andrea Tafi, è autore degli affreschi della chiesa di Badia a Firenze e del Duomo di Arezzo; a lui viene anche attribuito il Trionfo della morte che si trova nel Camposanto Vecchio di Pisa.

[2] Maso il Saggio è un altro autore di scherzi, anche lui realmente esistito. Di professione sensale; compare anche nella novella di frate Cipolla; nella sua bottega, come ricorda Vasari, si davano convegno i più famosi buontemponi della città.

 

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