L'italiano dell'uso medio

    Varietà dell'italiano
    Piazza Anfiteatro, Lucca

     

    Le nuove condizioni generali raggiunte dalla comunità degli abitanti d’Italia dopo la completa unificazione politica (1861-1870) hanno influito potentemente, anche se gradualmente, sull’uso della lingua italiana nello stesso suolo patrio. Per effetto di un simile profondo cambiamento socio-politico la lingua, in precedenza usata da pochi e prevalentemente per iscritto, viene ormai usata dalla quasi totalità degli Italiani e ampiamente nella comunicazione parlata. In queste mutate condizioni di uso, nell’italiano novecentesco si sono affermate e sono state accettate molte forme, talora già antiche, che lo allontanano dalla tradizione colta e grammaticale.

     

    La spinta a questa evoluzione è venuta dalle necessità proprie della comunicazione parlata, la quale richiede soprattutto:

    • modalità efficaci pragmaticamente, quali la focalizzazione dell’informazione “nuova” (o “rema”) e le strutture che isolano più chiaramente il “tema”;
    • scelta di connettivi polivalenti;
    • unificazione di alcune forme pronominali atone;
    • riduzione di alcuni usi del congiuntivo a favore dell’indicativo;
    • concordanze a senso;
    • frequente ricorso alle forme pronominali dei verbi, che esprimono una più intensa partecipazione del soggetto all’evento.

     

    Va subito aggiunto che tali tratti non sono innovazioni assolute dell’italiano odierno, ma risultano largamente presenti, in forma fonetica e morfologica locale, nei volgari di tutto il territorio italiano, fiorentino compreso, da epoche anche molto antiche (come attestano abbondanti documenti scritti e perfino opere letterarie eccellenti ma precinquecentesche, come la Commedia dantesca). Inoltre tali tratti si riscontrano spesso nelle altre lingue romanze.

    Da questi rilievi si è pervenuti alla conclusione che l’uso effettivamente parlato dell’italiano ha portato, in realtà, al recupero e all’accettazione, in esso, di tratti pragmaticamente funzionali, esistenti da tempo nell’uso vivo, ma censurati dalla norma stabilita dai grammatici a partire dal Cinquecento. È venuto così a configurarsi, nel corso dell’ultimo secolo, un italiano più comunicativo, del quale sono state fatte anche ampie descrizioni e al quale sono state attribuite etichette quali “italiano dell’uso medio” (da F. Sabatini) o “italiano neostandard” (da G. Berruto) o “italiano comune” (da T. Poggi Salani).

    Questa varietà dell’italiano si ascolta quotidianamente nel parlato anche delle persone colte, nella comunicazione radiofonica e televisiva, nei dialoghi cinematografici. Affiora decisamente nella lingua giornalistica e domina in larga parte della narrativa del secondo Novecento.

     

    Bibliografia

    Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1987

    Teresa Poggi Salani, Per uno studio dell'italiano regionale, in "La Ricerca dialettale" III (1981), pp. 249-269.

    Una descrizione abbastanza dettagliata è nel saggio Una lingua ritrovata: l’italiano parlato di Francesco Sabatini (1990, riduzione di un saggio più articolato, L’italiano dell’ ”uso medio”: una realtà tra le varietà linguistiche italiane, 1985, cit. in bibliografia).

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