La lingua di Gadda: derivazione culturale e significato etico

    Letteratura e teatro

    Una delle caratteristiche principali della lingua usata da Gadda è la presenza del dialetto, anzi, di molti dialetti: soprattutto del milanese e del romanesco, ma anche del fiorentino (come supporto espressivo autobiografico), del molisano, del napoletano, del veneziano (come supporto espressivo al protagonista del Pasticciaccio, il commissario Ingravallo, e ad altri personaggi, il dottor Fumi e la contessa Menegazzi).

     

    Ma ciò che importa non è tanto il numero dei dialetti e la loro capacità di resa espressiva, quanto il motivo – il significato etico – del loro uso: Gadda, come il poeta Giochino Belli, ma in condizioni storiche e ambientali, culturali, molto diverse e molto più complesse e difficili, aggredisce sia la lingua comune (che esprime il “senso comune”) sia la lingua letteraria (che esprime il conformismo letterario), quando diventano una media d’espressione di per se stessa falsa e ipocrita.

     

    Naturalmente, l’uso del dialetto in se stesso non è liberatore, non produce di per se stesso il processo che porta alla conoscenza del reale e del mondo; quel che conta è il rapporto dialetto-lingua, che dal meccanico dell’utilizzazione strumentale al personaggio e al suo ambiente divenga vera e propria violenza linguistica, disfacimento, distruzione del linguaggio del parlante e ricostruzione di modi d’espressione che implicano una resa il più possibile vicina al carattere del personaggio e una affermazione del mondo del narrante. Il barocchismo linguistico gaddiano, la sua tendenza a usare tutte le lingue, è il chiaro risultato di un processo del genere: ed è tale che può anche fare a meno del dialetto e recuperare invece un linguaggio anacronistico, utilizzando, in funzione denegante e deformante, anche il fiorentino antico.

     

    Altrettanto importante, nella lingua di Gadda è la commistione di terminologie che provengono dall’ambito delle scienze sperimentali o delle filosofie, con moduli di lingua letteraria e con gli intarsi dialettali.

    Inizialmente Gadda utilizza parole arcaiche, sfrutta al massimo la terminologia curiale e a volte raggiunge l’ironia proprio con l’impiego di stilemi di grande precisione formale, come, ad esempio, in certi passaggi del racconto Papà e mamma, che fa parte della raccolta Accoppiamenti giudiziosi:

     

    I diversi componenti la famiglia Velaschi, genitori, fratelli, sorella non addivennero ad alcuna definizione di programma, non tennero consigli di famiglia, non interpellarono persone autorevoli per cavarne verun oroscopo ecc.; Si trovarono però tacitamente unanimi in un pensiero, istintivamente concordi in una condotta: così! una cosa naturale, non deliberata di concerto, non predisposta ecc.

     

    La forza del parlato - che diverrà poi una costante del linguaggio di Gadda – cioè i “bè”, i “sì sì”, “no no”, “toh!” e simili, s’innesta su tale fondo e, assieme all’uso abbastanza precoce dell’anacoluto[1] di derivazione manzoniana e di modi tipici del novellare popolaresco (“che è che non è”), crea già l’attesa dell’inserto dialettale

     

    Il fondo iniziale resta tuttavia in vita anche nell’Adalgisa e nelle opere seguenti: certe parole, che oggi tengono posizioni di primo piano non solo nelle relazioni tecniche, ma anche nel gergo dei politici (evidenziare, evidenziato, ossidente, potenziare) fanno già parte, in anni che si possono considerare remoti rispetto ad una loro circolazione di massa, del gergo usato da Gadda.

     

    Le pagine “liriche” non sono di certo inferiori al dialetto quanto a forza di elaborazione, come dimostra la seconda parte della Cognizione del dolore, che segna il vertice raggiunto dal Gadda “lirico”. Ne è un chiaro esempio l’espressione “smemoranti cipressi” utilizzata per descrivere la madre di Gonzalo, il protagonista del romanzo, mentre ricorda l’altro figlio, morto in guerra:

     

    Il vento, che le aveva rapito il figlio verso smemorati cipressi, ad ogni finestra pareva cercare anche lei, anche lei, nella casa.

     

    Quindi, se la sperimentazione linguistica di Gadda ha giocato il favore di una ripresa dell’Italia dialettale ed è stata di stimolo agli esperimenti di diversi scrittori che si rifanno al fondo regionale, è importante non dimenticare il “gergo” usato dall’autore del Pasticciaccio ha tutt’altre derivazioni culturali e un diverso significato etico.



    [1] È un costrutto in cui i nessi sintattici mancano o sono incongruenti. Ad esempio, nei Promessi Sposi: Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto.

     

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