"Non recidere forbice"

    Letteratura e teatro

    Non recidere forbice è un mottetto[1] che si trova nella raccolta Le Occasioni. In autunno il giardiniere recide inesorabilmente i rami dell'acacia e il guscio della cicala, simbolo dell'estate ormai trascorsa, cade nel fango (belletta) della prima pioggia di novembre. Il poeta invoca la forbice del tempo perché non tagli, non recida l'immagine di un volto amato e ancora vivo nella memoria (grande suo viso in ascolto) facendolo cadere nel fango della dimenticanza, come il fragile guscio di cicala quando si stacca al ramo. L'imperativo categorico con cui inizia la poesia (Non recidere) compare spesso nei versi di Montale.

     

    Non recidere, forbice, quel volto,
    solo nella memoria che si sfolla,
    non far del grande suo viso in ascolto
    la mia nebbia di sempre.

    Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
    E l'acacia ferita da sé scrolla
    il guscio di cicala
    nella prima belletta di Novembre.

     


    [1]Il mottetto (dal francese mot: parola) ̬ una composizione poetica breve nata in Francia nel XIII secolo; ̬ composta da una quartina e da una terzina, di solito con rima incatenata, detta anche terza rima dantesca: ABA BCB CDE EDC).Il mottetto nasce Рcome termine Рquale diminutivo di motto, che a sua volta deriva dal francese mot (parola): anche in quella lingua il motet designa un breve componimento.

     

     

     

     

     

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