È primavera e dalla cima del campanile di Recanati (vetta della torre antica) un passero solitario diffonde il suo canto melodioso (armonia) per tutta la vallata, fino al tramonto (finché non more il giorno). Il poeta descrive la natura in festa per l'arrivo della bella stagione, poi si rivolge al passero e confronta il loro modo di vivere, molto simile e molto diverso insieme. La primavera rende l'aria luminosa (brilla nell'aria) e riempie la campagna di gioia (per li campi esulta), gli uccelli felici volano insieme nel cielo festeggiando il periodo più bello dell'anno e della vita (il lor tempo migliore). Di fronte a questo spettacolo meraviglioso il cuore si commuove (intenerisce). Il passero solitario, però non si unisce a loro (non compagni), rimane a guardarli in disparte assorto nei suoi pensieri (tu pensoso in disparte il tutto miri), proprio come fa il poeta (Oimè, quanto somiglia / al tuo costume il mio!) che non si unisce ai giovani del paese, felici e in festa. Ma a differenza del passero che al termine della sua vita non avrà rimpianti (venuto a sera / del viver che daranno a te le stelle/ certo del tuo costume / non ti dorrai), il poeta, quando la vecchiaia renderà ogni giorno sempre più cupo (tetro) e privo di emozioni (noioso), rimpiangerà di aver desiderato la solitudine (tal voglia) e sprecato gli anni della giovinezza.