Circa dieci anni dopo la laurea Petrarca inizia a scrivere in latino Posteritati (Alla posterità ) che, come la maggior parte delle sue opere, continuò a rielaborare nel corso di tutta l’esistenza.
Petrarca indirizza questa lettera a coloro che, dopo la sua morte, vorranno sapere che uomo io fui o quale fu la ventura delle opere mie: innanzitutto quelle la cui fama sia pervenuta fino a te o anche quelle che avrai sentito appena nominare. Da questo autoritratto emerge la figura di un uomo inquieto e girovago, sempre in cerca di pace e di raccoglimento.
Poco interessato alla ricchezza, in gioventù Petrarca è tormentato da un amore infelice e schiavo delle passioni delle carne:
Di buon lignaggio i genitori e d’origine fiorentina; mediocri le fortune e, a dir vero, volgenti al basso allorché furono scacciati dalla patria. Ond’io nacqui in Arezzo nell’esiglio, all’aurora del lunedì primo agosto 1304. Spregiai altamente le ricchezze; non perché non le curassi, ma perché mi veniano a fastidio le fatiche e le brighe che ne sono inseparabili compagne… Potentissimo fu l’amore ond’ebbi travaglio nella giovinezza, però unico ed onesto; più lunga guerra mi avrebbe dato, ove una morte dolorosa sì ma utile non avesse estinto il fuoco che già rattiepidiva… Ed oh foss’io stato libero d’ogni cupidigia di sensi! Ma mentirei, se il dicessi; affermerò solamente che, quantunque il fervore dell’età e della complessione mi trascinasse al piacere, sempre il mio pensiero ebbe a schifo cosiffatte turpezze. E non appena toccato il quarantesimo anno, mentre ancor mi sentiva vigoroso e robusto, di tal guisa m’uscì dall’animo ogni sconcio appetito che ne perdetti sin la memoria, come se non avessi mai guardato donna.
Il poeta abita in varie città ma considera Avignone la sua vera patria e la valle chiamata Chiusa il luogo ideale dove scrivere e studiare:
Il primo anno di vita, nè tutto intero, lo passai in Arezzo, ove era nato; i sei appresso, quando mia madre fu richiamata dal bando, nella villetta paterna di Ancisa, non più che quattordici miglia discosta da Firenze; l’ottavo a Pisa; il nono e i seguenti nella città d’Avignone, posta nella Gallia transalpina, alla sinistra sponda del Rodano, dove la chiesa di Cristo dimora da lungo tempo in esiglio… E per altri quattro anni dimorai in Mompellieri, a studiarvi la legge; quindi in Bologna, nella quale indugiatomi un triennio… Contava l'anno ventiduesimo quando me ne tornai in patria; tal chiamo Avignone… Iacopo Colonna, vescovo di Lombez, a cui somigliante non vidi e non vedrò forse nessuno, conducendomi seco nella Guascogna presso i colli Pirenei… Di là tornato, me ne stetti molti anni col fratel suo Giovanni Colonna cardinale, che trattandomi non da signore, ma da padre e amorosissimo fratello, più nella mia casa che nella sua mi parve abitare… A quel tempo il giovanil desiderio mi trasse a visitare le Gallie e la Germania… Mossi dapprima a Parigi… M’avviai appresso alla volta di Roma, cui sin dall’infanzia mi struggea di vedere … Rivedute l’antiche mie sedi, cercando un luogo a che ripararmi come a porto, mi scontrai in una valle assai angusta, ma solitaria ed amena, che chiamano Chiusa, quindici miglia da Avignone, donde scaturisce il Sorga, re di tutte le fonti. Innamorato della bellezza del sito, mi vi trasferii in compagnia de’ miei libri…
Mentre vive sereno nel suo ritiro a Valchiusa, Petrarca viene chiamato a Parigi per ricevere la corona di poeta ma prima di accettare si sottopone al giudizio di Rodolfo, re di Napoli e apprezzato filosofo:
Me ne dimorava tuttora nella mia solitudine, quand’ecco, e sembra incredibil cosa, nel giorno stesso giungermi lettere dal senato romano e dal cancelliere dell’università di Parigi che m’invitavano a ricevere la corona del poetico alloro… Perciò, fermato di andarmene prima a Napoli presso quel sommo re e filosofo Roberto... Quali accoglienze ne ricevessi e di quanto affetto mi amasse è tal cosa che anche adesso mi cagiona maraviglia… nel terzo dì mi credette degno della laurea. Ed egli me la offeriva a Napoli, e non rifinì dal pregarmi perché dalle sue mani l’accettassi; se non che l’amore di Roma vinse la gentil violenza di un tanto re… Quindi, forte d’una tanto autorevole sentenza, tuttochè immeritevole, men’ venni a Roma e, con sommo piacere di quanti intervennero a quella solennità , ignorante com’era, fui fregiato del poetico alloro…
Tornato da Roma, il poeta termina di scrivere l’Africa e cerca luoghi tranquilli dove scrivere, prima a Parma e poi di nuovo a Valle Chiusa:
Da Roma venuto a Parma, ospitai presso que’ signori di Correggio. Avvenne che un dì, nell’aggirarmi pei colli posti oltre l’Enza, sui confini di Reggio, m’inoltrassi nella selva che dicono Piana. Innamorato ad un tratto della bellezza di quella natura, mi posi nuovamente al lavoro dell’Africa e, ridestati gli spiriti che pareano assopiti, scrissi alcuni versi in quel dì e seguitamente parecchi altri ne’ vegnenti; finchè, tornando a Parma ed appigionata una solinga e tranquilla casa, che dopo comperai ed è di mia ragione anche adesso, con tanto di ardenza proseguii nell’impreso poema che ne stupisco tuttora. Avea già varcato il trentaquattresimo anno, quando feci ritorno al fonte di Sorga e alla mia solitudine oltre l’Alpi. Poscia ed in Parma e in Verona feci lunghe dimore.
Petrarca torna di nuovo in Francia quando muore il principe di Padova, che l’ha fatto eleggere canonico della città :
Come buon tempo trascorse, Iacopo da Carrara… cominciò a pregarmi, e per molti anni, affinchè quale amico me ne andassi a lui… Venni adunque, benchè tardi, a Padova, e da quel principe di chiarissima ricordanza, non che fossi ricevuto cortesemente, ma sì come i beati s’accolgono in cielo... E sapendo siccome io da’ primi anni era addetto alla vita ecclesiastica, (…) volle che fossi eletto canonico di Padova… Non compiva ancora il secondo anno da che io viveva con lui, quando Iddio lo tolse al mondo e alla patria… io però, perduto lui… mai sapendo quietarmi, me ne ritornai nelle Gallie.