"Sera nella valle del Masino"

    Nello spazio dei colli,
    tutto inverno, il silenzio
    del lume dei velieri:
    fredda immagine eterna
    navigante! E qui risorge.

    Presto la rana cresce il verde:
    è foglia; e l'insetto di spine
    s'avventa sull'erbe dei canali.
    I mulini tentano le ruote,
    deserti, all'acqua che si piega.

    Non udrò ancora fragore del mare
    lungo i lidi dell'infanzia omerica
    il libeccio sull'isole
    funebre a luna meridiana,
    e donne urlare ai morti cantando
    dolcezze di giorni nuziali.

    E tu come la terra
    riappari a volte, e mi deludi
    discorde. Basta così poco tempo
    per morire da vivi.

    Nella veste di colore infantile
    inventi il passo d'una spirale
    al timpano che imita la notte.
    Ma il tuo volto dilegua in tonfi,
    in cesure straziate.

    Tornano già i prati alla valle; forte
    il lamento del corvo. Che certa
    presenza, cara, di vita! Avverto
    la sera alle tempie, e l'allarme
    è un canto di cupo dialetto.

    Nulla rimane della mia giornata.
    Mi sorprende immutabile la noia
    misericorde a ogni gioia apparsa
    e alle radici subito indurita.

    Calma notte superiore
    volontà di consensi,
    mi forzerò in così stretta misura
    d'ingenua sapienza,
    in tutto il freddo pietoso
    serrato dentro il mio corpo
    .

     

    (Salvatore Quasimodo, Sera nella valle del Masino, in Nuove poesie)

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