Taliàn

    Con questo nome gli italo-brasiliani chiamano la loro lingua familiare. Si tratta di un dialetto a base veneta che gli immigrati, perlopiù veneti e trentini, hanno continuato a parlare in Brasile, in particolare nella zona del Rio Grande do Sul, nella regione della Serra. Non si tratta di un dialetto veneto vero e proprio perché non è assimilabile né al dialetto effettivamente parlato in Veneto oggi, né al veneziano, il dialetto illustre di cui abbiamo documentazioni antiche e che è stato rappresentato nelle opere di Carlo Goldoni. Era la parlata portata in Brasile dagli emigranti veneti della fine dell’Ottocento che, a quel tempo, corrispondeva, grosso modo, al dialetto veneto dell’interno, e che divenne la lingua di comunicazione degli immigrati in Brasile dall’Italia settentrionale. Il contatto con il portoghese ha prodotto trasformazioni e fenomeni di ibridazione, ma il taliàn è stato volontariamente mantenuto come lingua della cerchia parentale tra le famiglie di origine italiana, subendo un inevitabile impoverimento (dovuto proprio all’ambito d’uso ristretto), ma resistendo anche di fronte a netti divieti da parte del governo brasiliano, volti a favorire l’uso dell’italiano e del tedesco tra gli immigrati. L’effetto opposto, che queste misure rigide hanno probabilmente favorito, è stato quello di far sentire tra gli immigrati il forte valore identitario e unificante di questa lingua, in particolare nei passaggi più duri della loro esperienza.

     

    In maniera “clandestina” il taliàn ha mantenuto una buona vitalità fino ad oggi e ha continuato a funzionare come un dialetto, quindi parlato e trasmesso dai genitori ai figli; nel corso degli ultimi decenni ha subìto però la stessa sorte degli altri dialetti, cedendo quindi il passo alle lingue di maggior prestigio, il portoghese come lingua nazionale e l’italiano, sostenuto anche dai finanziamenti della madre patria, per chi studi la cultura e la letteratura italiane. Il suo radicamento e il fatto che due o tre generazioni lo abbiano avuto come lingua materna, rende il taliàn, ancora oggi, uno strumento molto significativo per l’apprendimento: ci sono schemi mentali (come ad esempio le misure e i procedimenti di calcolo) che, se imparati in dialetto, restano automatici e difficilmente “traducibili” in un’altra lingua. A prescindere quindi dalle discussioni sulla “nobiltà” del taliàn, è importante tenere presente, soprattutto in contesto didattico, che questa lingua ha rappresentato, e in alcune ristrette comunità ancora rappresenta, il codice di comunicazione fondamentale.

     

    Nonostante la progressiva sparizione del taliàn, ci sono ancora alcune comunità che non solo lo parlano, ma ne promuovono la conservazione e la diffusione attraverso mezzi di comunicazione come riviste, radio (http://talian.net.br/radiotalian/) e, direttamente sul territorio (anche in alcune località del Triveneto), incontri di lettura, giornate celebrative (ancora negli ultimi anni ci sono state richieste del riconoscimento ufficiale di questa lingua, peraltro sempre respinte); sul fronte opposto c’è chi affida invece all’italiano il ruolo di lingua veicolare anche dei valori propri del taliàn, inteso come patrimonio linguistico-culturale.

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