Fra il 1504 e il 1506 Ariosto decide di scrivere una continuazione (una gionta) all’Orlando Innamorato di Boiardo, rimasto incompiuto: la prima edizione del Furioso uscirà nel 1516, la seconda nel 1521, l’ultima nel 1532.
Le tre redazioni presentano importanti differenze nella lingua, nei contenuti, nella quantità dei canti: Ariosto infatti lavorò alla stesura definitiva dell’Orlando Furioso per moltissimi anni e la morte lo colse mentre era impegnato in una ulteriore rielaborazione.
Nel 1516 Ariosto pubblica per la prima volta il Furioso a Ferrara con la tipografia di Giovanni Mazocco da Bondeno e lo dedica al cardinale Ippolito d’Este. Il poema comprende 40 canti. Ariosto però, in seguito alle sue riflessioni sulla lingua, si mette subito a correggere il testo cercando di eliminare i tratti padani (ferraresi) di cui è ricco e avvicinandosi a quel toscano letterario che era diventato il suo ideale.
In una lettera del 15 ottobre 1519 all’umanista Mario Equicola, Ariosto scrive che sta componendo un poco di giunta per il suo poema; gli studiosi sono concordi nell’identificare questa aggiunta con i Cinque Canti[1], nuovi episodi con al centro la figura di Gano di Magonza e il suo tradimento ai danni di Carlomagno. Però essi non verranno inclusi nel Furioso del 1532.
Nel 1521 esce a Ferrara la seconda edizione del Furioso, pubblicata da Giovan Battista da la Pigna sulla base della copia con le annotazioni ricevuta da Ariosto. Il poema ha grande successo e diffusione: viene ristampato 17 volte da editori milanesi, veneziani e fiorentini.
A Ferrara, nel 1532, Franco Rosso da Valenza pubblica l’ultima edizione del Furioso che esce pochi mesi prima della morte di Ariosto. I canti sono diventati 46, grazie all’aggiunta di 4 episodi: la storia di Olimpia (IX-XI), la Rocca di Tristano (XXXII-XXXIII), Drusilla e Marganorre (XXXVII), le vicende di Ruggiero e Leone, che concludono il poema (XLIV-XLVI).
In quest’ultima revisione Ariosto, anche per influsso delle Prose della volgar lingua di Petro Bembo (1525), lavora per rendere ulteriormente elegante il linguaggio, togliendo forme dialettali e latinismi. Il poeta ricerca equilibrio e armonia anche nella forma e le raggiunge attraverso la regolarità del ritmo e dei toni e l’utilizzo di parallelismi e simmetrie.
[1] Carlo Dionisotti (1908-1998), filologo e storico della letteratura italiana sostiene che i Canti furono composti fra il 1518 e il 1519 (C. Dionisotti, Per la data dei Cinque Canti in Giornale storico della letteratura italiana, n.137, 1960). I Canti non verranno inseriti nell’edizione del 1521 e rimarranno sconosciuti fino a quando Virgilio Ariosto li troverà fra le carte di suo padre e li pubblicherà nel 1545, in appendice all’edizione veneziana del Furioso, mantenendo inalterata la suddivisione e il titolo dati dall’autore.