"De vita solitaria"

Letteratura e teatro
Una pagina del "De vita solitaria" con postille derivate da Petrarca.

È un trattato in prosa latina in due libri dove Petrarca esalta la solitudine che – come insegnano i filosofi dell’antichità o i religiosi come sant’Agostino – è necessaria e indispensabile per elevare lo spirito. La solitudine di cui il poeta parla non è l’isolamento dell’eremita che si allontana dal mondo, ma l’otium del letterato, il tempo trascorso in compagnia delle Muse (gloriantem musarum consortio), lontano dal frastuono della città, dove il silenzio favorisce la concentrazione e lo studio. Petrarca delinea la figura ideale dell’uomo di lettere: un saggio che nella bellezza della natura, insieme a pochi cari amici e a molti buoni libri, trova la sua umanità più vera e l’ispirazione per scrivere cose degne di essere ricordate. L’opera aveva come destinatario Philippe de Cabassoles, vescovo de Cavaillon e amico del Petrarca; il poeta gliela invierà nel 1366, dopo averla corretta per circa dieci anni e anche in seguito continuerà ad ampliarla e a modificarla.

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