6. XIX SECOLO - Dal sarto allo stilista: il trionfo dell’Haute Couture

Moda e design
Sarah Bernhardt vestita da Worth, foto di N. Sarony, 1880. Fonte: loc.gov

Seguire l’evoluzione della moda nel XIX secolo, specie nell’ottica del Made in Italy, comporta una duplice visione: l’una “tecnico-artistica” e l’altra storico-geografica.

 

Se Parigi resterà sempre punto di riferimento del “dérnier cri” è pur vero che l’influenza della rivoluzione industriale, di matrice inglese, ha sparigliato notevolmente le carte dell’assetto produttivo con implicazioni sociali di enorme rilievo. Con una semplificazione un po’ forzata, ma chiarificatrice possiamo dire che le due aree, francese e anglo-americana, furono leader dei due settori in cui si va specializzando la moda: l’Haute Couture e il Prêt-à-porter. La prima elitaria, commercialmente rivolta alle classi più elevate, sarà sempre più legata agli umori artistici maggiormente innovativi, alla ricerca di novità ed esclusività insieme, spingendo il significato della parola Moda verso il concetto di “Immagine”.

Il Prêt-à-porter è, letteralmente, pronto da portare: si lega allo sviluppo tecnologico nel settore dell’abbigliamento e al idea di “serialità”, di “inclusività” e accessibilità. Non a caso a spingere tale democratizzazione della moda furono i paesi più liberali; i primi significativi passi del Prêt-à-Porter risalgono infatti al sarto americano Ebezener Butterick, che stabilì un sistema di produrre modelli in serie e in misure diverse: dal 1863 la Butterick Pattern Company iniziò la sua ascesa ai vertici della modellistica sartoriale alla portata di (quasi) tutti.

Anche la distribuzione richiedeva reti diverse di cui si fecero carico i Grandi Magazzini: dal prototipo parigino del Bon Marché (1852) di Aristide Boucicat la loro diffusione fu inarrestabile.

 

La storia dell’alta moda tra il 1800 e il 1900 ruota invece sull’abito su misura e la professione del sarto, che fino allora si limitava a riprodurre i modelli. Questa evoluzione è racchiusa esemplarmente tra due figure di spicco: Madame Rose Bertin, già modista di Maria Antonietta, e l’inglese Charles Frederick Worth, a cui si deve l’evoluzione della crinolina. A Parigi dal 1845, Worth orientò l’eleganza internazionale, dall’imperatrice Eugenia alle dive della scena come Sarah Bernhardt e Eleonora Duse.

 

Ma la prima stilista ante litteram fu Madame Bertin: aprì Le Grand Mogol a Parigi nel 1770. Con una settantina di marchandes de mode alle dipendenze della sua boutique, creava abiti estrosi ed elaborati, con quel tocco così personale che le gran dame se li contendevano in perenne sfida alle novità.

La “maison Worth”, sconvolse i vecchi schemi già nel modo di presentare la collezione: i prestigiosi clienti vedevano sfilare gli abiti su modelli “vivi” e a loro fisicamente conformi, ma che esibivano un’eleganza ed un portamento tanto “desiderabile” quanto l’abito indossato, che ne veniva oltremodo valorizzato. Il concetto della moda cambiò così di significato, spostando l’accento dal vestito all’immagine complessiva, archetipo del futuro Total Look. Worth orientava pertanto le scelte dei clienti, il ciclo delle mode e della stagionalità: la strada della haute couture era tracciata e l’umile sarto, si erigeva ad artefice di un’intera impresa creativa.