"Canzoniere" - Le antitesi

Emilio Bigi[1] afferma che non coglierebbe il carattere specifico dell’antitesi petrarchesca chi si limitasse a porne in rilievo il movimento de analisi e di opposizione psicologica. In verità nell’antitesi al movimento di analisi e di opposizione si lega indissolubilmente un secondo e inverso movimento, altrettanto tipicamente petrarchesco, che si potrebbe chiamare di ricomposizione e di armonizzazione; che tende cioè a trasformare gli elementi analizzati e opposti in termini perfettamente bilanciati di dolce ed elastica simmetria, di equilibrio euritmico.

 

Come arriva il poeta a questo equilibrio?, si chiede Bigi. Proprio attraverso l’impiego di una figura di per se stessa naturalmente simmetrica come l’antitesi e di alcuni sottili accorgimenti lessicali e ritmici attraverso i quali tale simmetria è variamente governata e raddolcita.

 

A questa ricomposizione e armonizzazione contribuisce la scelta frequente di vocaboli tradizionalmente opposti, che cioè proprio per questa tradizione sembrano nitidamente richiamarsi, quali vita e morte, pace e guerra, cielo e terra. Non dissimile è l’azione armonizzatrice ottenuta con la studiata disposizione delle parole che compongono i due membri contrapposti, ordinati, per esempio, parallelamente: la morte s’appressa, e ‘l viver fugge LXXIX,14; E mirar lei, et obliar me stesso CXXIX, 35.

 

Frequenti sono anche le disposizioni chiasmiche[2] quale quella che ordina il contrapposto che chiude la canzone CCLXIV: E veggio il meglio et al peggior m’appiglio; e ancora: La sera desiare, odiar l’aurora CCLV, 1.

 

Spesso poi il movimento di ricomposizione è affidato a quelle relazioni musicali così importanti nella tecnica petrarchesca: talora sonore, come le allitterazioni[3] E dolendo adolcisce il mio dolore, CV, 58 e Quel po’ solo adolcir la doglia mia CCXXIII., 14; ma più frequentemente ritmiche, fondate cioè su rispondenze di accenti: E i lumi bèi, che mirar soglio, spénti è in gran parte raddolcito, e ricondotto dunque al più genuino tono petrarchesco, proprio dalla rispondenza delle vocali delle due parole in contrasto. Altri esempi: or piàngo or cànto, e témo e spèro; et in sospìri e ‘n rìme CCLII, 1-2.

 

A volte la simmetria ritmica si estende a tutto il verso: E ‘n duo ràmi mutàrsi àmbo le bràccia / Che volèndo parlàr, cantàva sèmpre, XXIII, 49 e 62. Non sarà da trascurare, infine, l’effetto operato dalla rima baciata, specialmente in fine di stanza[4]: Non fa per te di star fra gente allégra, Vedova, sconsolata, in veste négra CCLXVIII, 81-82.

 



[1] Tratto con adattamenti da: E. Bigi, Dal Petrarca al Leopardi: studi di stilistica storica, in Alcuni aspetti dello stile del canzoniere petrarchesco, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954. Emilio Bigi (1916-2009) è stato professore emerito di letteratura italiana nelle Università di Trieste, Pisa e Milano e condirettore del «Giornale storico della letteratura italiana»

[2] Il chiasmo (dal greco chiasmos = incrocio) è una figura retorica in cui si dispongono in ordine inverso le parti corrispondenti di una frase.

[3] L’allitterazione (dal latino “littera” = lettera) è una figura retorica che consiste nella ripetizione della stessa lettera o della stessa sillaba all’inizio o alla fine di due o più parole.

[4] La stanza è la singola strofa in chi è divisa la canzone.

 

 

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