Conversazioni in Sicilia (estratto)

Silvestro Ferrauto, il protagonista del romanzo, poco prima della sua partenza dalla Sicilia incontra l'arrotino Calogero e il sellaio Ezechiele. Ezechiele – che Vittorini definisce l'uomo – spiega il perché della sofferenza che accomuna tutti gli uomini: il linguaggio usato ha come caratteristiche la ripetizione (offeso) e l'anafora (il mondo), i dialoghi sono costituiti da battute brevi ed essenziali, simili a sentenze o passi della Bibbia.

 

Nella nota che conclude il romanzo Vittorini afferma che il protagonista di questa Conversazione non è autobiografico, così la Sicilia che lo inquadra e accompagna è solo per avventura la Sicila; solo perchè il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o Venezuela.

 

A commento della nota, scrive ancora Manacorda:

[…] dunque quando pare che il suo sguardo più sia puntato su una situazione precisa, proprio allora Vittorini ci mette in guardia dall'equivocare, dal rimpicciolire i termini del suo concreto 'furore': è la generale condizione umana quella che ormai lo muove ed interessa, la condizione umana sul versante dell'offesa, del dolore, dell'ingiustizia.

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