"Il gelsomino notturno"

Letteratura e teatro

Pascoli scrive Il gelsomino notturno in occasione del matrimonio di Gabriele Briganti, bibliotecario lucchese e suo caro amico. La poesia viene pubblicata per la prima volta nel 1901 nell’opuscolo nuziale e in seguito nei Canti, con l'aggiunta di una nota in cui Pascoli ricorda a Briganti la notte di nozze che ha portato alla nascita del primo figlio:

 

E a me pensi Gabriele Briganti risentendo l'odor del fiore che olezza nell'ombra e nel silenzio: l'odore del Gelsomino notturno. In quelle ore sbocciò un fiorellino che unisce (secondo l'intenzione sua), al nome d'un dio e d'un angelo, quello d'un povero uomo: voglio dire, gli nacque Dante Gabriele Giovanni[1].

 

Il gelsomino notturno Ã¨ un fiore estivo che si apre la sera e si richiude al mattino: il poeta lo accompagna nel suo percorso attraverso immagini che scandiscono l’arrivo della sera, poi della notte, piena di fremiti e di mistero, e infine dell’alba, quando la natura finalmente si acquieta e anche il fiore, ormai fecondato, riposa.

Nella notte piena di magia e di mistero il fiore aperto che esala il suo voluttuoso profumo e l’immagine evocata della sposa appagata e felice formano un tutt’uno per rappresentare la trepidazione e il fascino, ma anche il turbamento e la sottile angoscia che l’amore e l’erotismo esercitano sul poeta.

Pascoli utilizza come metro le quartine di novenari a rima alterna (ABAB), introducendo alcune variazioni.

È il tramonto, l’ora in cui affiorano i ricordi, e il poeta pensa alle persone care perdute per sempre (nell'ora che penso ai miei cari). La sera che scende viene descritta attraverso alcuni particolari: i gelsomini che si schiudono, l’arrivo delle farfalle notturne (crepuscolari) in mezzo agli arbusti (viburni), l’acquietarsi del rumore assordante provocato dagli uomini e dagli animali (cessarono i gridi). La congiunzione E messa all’inizio del primo verso lega la poesia a qualcosa di sconosciuto e indistinto accaduto in precedenza:

 

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.

 

Ormai è notte. Tutto tace, solo nella casa degli sposi si continua a parlare con voce sommessa e continua a brillare una luce; gli uccellini (i nidi) dormono protetti dai genitori (sotto l'ali). Nella notte la natura e le cose assumono caratteristiche umane: la casa bisbiglia, i nidi in cui dormono gli uccellini sono come occhi sotto le ciglia…

 

Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.

 

La vita degli uomini (splende un lume là nella sala), immersa nel paesaggio notturno – e descritta nel verso situato in mezzo alla strofa – è un tutt’uno con l’erba e con i gelsomini che ora si sono aperti (calici aperti) ed emanano un intenso profumo simile a quello delle fragole mature. La costellazione delle Pleiadi, grazie all’uso di un appellativo dei contadini della Garfagnana (la Chioccetta) diventa una gallina che razzola, il cielo è la sua aia azzurra, le stelle sono i pulcini che la seguono pigolando (pigolio di stelle); in questo magico mondo in cui tutto si fonde e si confonde, la Chioccetta ha la stessa importanza della piccola ape giunta in ritardo all’alveare, descritta nella medesima strofa:


Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.


 

Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

 

Durante la notte il profumo del gelsomino continua a diffondersi portato dal vento e anche nella casa la vita continua, misteriosa e impalpabile: qualcuno sale le scale portando un lume (passa il lume su per la scala), che infine si spenge. Poi c'è solo buio e silenzio...

 

Per tutta la notte s’esala
l’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento...

 

 

Nella strofa finale i petali del gelsomino, un po’ sciupati dall’umidità notturna, si chiudono. Tutto si placa e anche il ritmo subisce una pausa, creata dall’enjambement (petali/un poco,) enfatizzato dal punto e virgola (;) e dalla rima sdrucciola (petali).

In questa quiete raccolta e sospesa, dentro i petali chiusi del gelsomino (urna molle e segreta) si sta compiendo il mistero della vita: l’impollinazione del fiore, un evento spesso usato come metafora per spiegare la riproduzione umana. Il gelsomino fecondato dal polline ci suggerisce l’immagine della sposa che in quella notte, avendo concepito un figlio, sente dentro di sé la presenza di una nuova vita e gioisce di una felicità mai provata (nuova); il verbo cova riporta al tema del nido, sede degli affetti familiari evocati nella strofa iniziale:


 

È l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
dentro l’urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.



[1] Gabriele Briganti aveva dato al figlio il nome del pittore Dante Gabriele Rossetti e del poeta Giovanni Pascoli.

 

 

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