Manzoni inizia a comporre Il Conte di Carmagnola nel 1816, l'anno in cui Madame de Stael scrive l'articolo Sull’importanza delle traduzioni che dà avvio alla polemica fra Classicisti e Romantici. Manzoni non partecipa al dibattito, tuttavia propende per le idee dei Romantici, come traspare già dal Conte di Carmagnola. Nella Prefazione Manzoni argomenta i cambiamenti più significativi che ha portato nella rappresentazione del dramma storico, in particolare l'introduzione del Coro, una componente fondamentale del teatro classico. Nella tragedia moderna il Coro ha una funzione rinnovata, rispondente alle esigenze di un pubblico moderno: permette all’autore di esprimere idee e sentimenti propri senza immedesimarsi nei personaggi; in questo modo la realtà storica (il “vero”) viene separata dalla fantasia e dalle passioni del poeta, e quindi rispettata:
M’è parso che, se i Cori dei greci non sono combinabili col sistema tragico moderno, si possa ottenerne in parte il loro fine, e rinnovarne lo spirito, inserendo degli squarci lirici composti sull'idea di que’ Cori. Se l'essere questi indipendenti dall'azione e non applicati a personaggi li priva d'una gran parte dell'effetto che producevano quelli, può però, a mio credere, renderli suscettibili d'uno slancio più lirico, più variato e più fantastico […] Hanno finalmente un altro vantaggio per l'arte, in quanto, riserbando al poeta un cantuccio dov'egli possa parlare in persona propria, gli diminuiscono la tentazione d'introdursi nell'azione, e di prestare ai personaggi i suoi propri sentimenti: difetto dei più notati negli scrittori drammatici.
[A. Manzoni, Prefazione al Conte di Carmagnola, In Tutte le opere, a cura di A. Chiari e F. Ghisalberti, I, Milano, Mondadori, 1969]