Petrarca scriveva su fogli sparsi che egli chiamava schedulae (piccole schede) e correggeva continuamente le rime. Spesso il contenuto diventava illeggibile e allora trascriveva la prima versione ottenuta su un’altra scheda, per poterla di nuovo correggere. Quando un certo numero di rime aveva raggiunto un buon livello di elaborazione, le copiava tutte insieme, non in modo sistematico, ma solo perché non andassero perdute e fosse più facile rileggerle e revisionale ulteriormente. Lo studioso americano Ernest Hatch Wilkins chiama questi raggruppamenti raccolte di riferimento e ne individua 4, che vanno dal 1336 al 1368.
Accanto a queste raccolte non sistematiche, Petrarca inizia poi a organizzarne altre secondo criteri artistici ben precisi. Nascono così nuove raccolte, a cui Wilkins dà il nome di forme, più ampie delle precedenti, che Petrarca continua a revisionare, a modificare e ad arricchire di nuovi componimenti fino al termine della sua vita.