Lo stile comico

    È Dante stesso a attribuire alla sua opera il titolo Commedia e ne spiega i motivi nell’epistola a Cangrande della Scala (XIII, 10).

     

    In essa vengono spiegati i due motivi per cui è stato adottato: il primo, di carattere letterario: si utilizzava il nome “commedia” per definire un’opera in cui le vicende del protagonista, dopo un inizio difficoltoso, si concludevano con un lieto fine; il secondo, stilistico, perché la parola “commedia” indicava opere scritte in linguaggio “medio”. Nel poema si trovano entrambi questi aspetti. Il poeta, all’inizio smarrito nella “selva oscura”, dopo un lungo e avventuroso viaggio, giunge infine alla visione di Dio.

     

    Il titolo del libro è: “Inizia la Commedia di Dante Alighieri, fiorentino di nascita, non di costumi”. A chiarimento di ciò dobbiamo sapere che commedia deriva da “comos”, “villaggio”, e “oda”, cioè “canto”: da qui commedia quasi “canto villereccio”. La commedia è un genere di narrazione poetica che differisce da tutti gli altri. Differisce dalla tragedia riguardo al contenuto: infatti la tragedia all'inizio suscita un sentimento di quieta ammirazione, ma nella conclusione è rivoltante e terrificante; è definita così perché deriva da “tragos”, che è il “capro” e “oda”, come se si trattasse di un “canto del capro”, ossia disgustoso e maleodorante appunto come un capro, come appare palese nelle tragedie di Seneca. La commedia, poi, propone all’inizio le difficoltà di un evento, ma lo sviluppo di questo approda a un esito felice, come si palesa nelle commedie di Terenzio. Da qui alcuni scrittori hanno preso l’abitudine di usare, nei loro saluti, invece di “salve”, l’espressione “tragico principio e comico finale”. Allo stesso modo i due generi differiscono nell’espressione: alata e sublime è la tragedia, dimessa e umile la commedia, come afferma Orazio nella sua Arte poetica, dove consente talvolta ai comici di esprimersi come i tragici e viceversa:

     

    Talvolta, però, anche la commedia solleva lo stile,

    e Cremete, irato, disputa con ampolloso linguaggio;

    e spesso si dolgono con parole dimesse

    i tragici Telefo e Peleo...

     

    E per questo appare chiara la ragione per cui quest’opera si intitola Commedia. Infatti, se guardiamo al contenuto, inizialmente orribile e ripugnante, poiché descrive l’Inferno, alla fine appare positiva, desiderabile e gradevole, perché illustra il Paradiso; quanto all’espressione, viene impiegato un linguaggio misurato e umile, in quanto usa la lingua volgare in cui si esprimono le donnette. Ma vi sono anche altri generi di narrazioni poetiche, come il carme bucolico, l’elegia, la satira e il canto votivo, come Orazio spiega nella sua Arte poetica; ma, in questo contesto, non è opportuno parlare al riguardo.

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