Un tema ricorrente: la forza dell'acqua

Letteratura e teatro
Beppe Fenoglio

Nei romanzi e nei racconti di Fenoglio i fenomeni della natura sono descritti come minacciosi e inarrestabili: dominano l'esistenza degli uomini e diventano simbolo della violenza che caratterizza la loro vita. In particolare sono presenti descrizioni che mettono in evidenza la forza dell'acqua, in particolare quella della pioggia e dei fiumi in piena.

Così inizia La Malora:

 

Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedtto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra...

 

Siamo alle pagine finali di Una questione privata. Il romanzo, con un andamento circolare, si conclude nello stesso luogo dove era iniziato. Sotto una pioggia torrenziale, Milton si sta dirigendo verso la collina dove sorge la villa di Fulvia, la ragazza di cui è innamorato, che lo ha tradito e per la quale ha ucciso:

 

Pioveva come non mai, a piombo, selvaggiamente. La strada era una pozzanghera senza  fine nella quale egli guadava come in un torrente per lungo, i campi e la vegetazione stavano sfatti e proni, come violentati dalla pioggia. La pioggia assordava... Arrivò in cima e prima di allungare lo sguardo si scartò dalla fronte i capelli che la pioggia alternativamente incollava e scuoteva. Ecco la villa, alta sulla sua collina... Certo le fitte cortine di pioggia concorrevano a sfigurarla, ma egli la vide decisamente brutta, gravemente deteriorata e corrotta... Al piano, camminò con furore, rispondendo al furore della pioggia. “In che stato sono. Sono fatto di fango. Dentro e fuori...”

 

La Repubblica partigiana di Alba ha i giorni contati e il fiume sembra alzarsi in piedi per difenderla:

 

Ma verso la fine d'ottobre piovve in montagna e piovve in pianura, il fiume Tanaro parve rizzarsi in piedi tanto crebbe. La gente ci vide il dito di Dio, veniva in massa sugli argini nelle tregue di quel diluvio e studiava il livello delle acque consentendo col capo. Pioveva notte e giorno, le pattuglie notturne rientravano in caserma tossendo. Il fiume esagerò al punto che si smise d'aver paura della repubblica per cominciare ad averne di lui. Poi spiovve decisamente, ma il fiume rimase di proporzioni più che incoraggianti.

 

L'immagine del fiume in piena ritorna più volte  nel romanzo Il partigiano Johnny:

 

Il sole non brillò più, seguì un'era di diluvio. Cadde la più grande pioggia nella memoria di Johnny: una pioggia nata grossa e pesante, inesauribile, che infradiciò la terra, gonfiò. il fiume a un volume pauroso («la gente smise d'aver paura dei fascisti e prese ad aver paura del fiume») e macerò le stesse pietre della città.

Nella fattispecie, la natura stava riportando un eccezionale trionfo: una volta tanto la natura stava prendendosi la rivincita sugli uomini per il primato nell' incussione della paura; per ognuno era infinitamente meglio avanzare solo contro un'armata di SS piuttosto di aver a che fare con uno solo di quei flutti fangosi. Guardò ancora il fiume, quasi si rifornisse di materiale per il suo incubo notturno.

Più alto dello scroscio della pioggia rumoreggiava il fiume, amplissimo, enfiato e insaccato come una belva dopo la digestione della preda, eppure sembrava aver perso in virulenza quanto acquistato in lutulenta ipertensione. Alla sinistra di Johnny le colline erano già cancellate da multiple cortine di pioggia, appena macchiate dall'ombra delle alture, mentre a destra, le tanto meno alte colline dell' oltrefiume apparivano più prossime e più incombenti del naturale sulla pianura allagata; quelle collinette d'oltrefiume, sulle quali già brood ed i cannoni fascisti, puntati al cuore della città ribelle.

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