Siamo nel I canto dell’Inferno che fa da proemio a tutta la Commedia. È l’alba del giorno dell’Incarnazione, nel 1300, anno del Giubileo. Dante ha 35 anni, perciò si trova a metà della sua esistenza terrena (secondo quanto lui stesso aveva scritto nel Convivio, la vita dell’uomo durava in media 70 anni). Ha trascorso una terribile notte perduto in una selva oscura che rappresenta lo stato di smarrimento e di peccato in cui si trova; ora, confortato dalla luce del giorno, sta cercando di risalire in cima al colle per trovare una via d’uscita, ma tre belve feroci – una lonza, un leone e una lupa – gli si parano davanti sbarrandogli il cammino.
Dante ha ormai perduto ogni speranza di salvarsi quando, all’improvviso, scorge una figura a cui d’istinto chiede aiuto, senza capire se sia un uomo o un’ombra. La figura si presenta: è Virgilio, autore dell’Eneide, poema che esalta l’origine di Roma e l’Impero universale.
Dante considera Virgilio il più grande dei poeti latini, il suo maestro e il suo autore [Nel Convivio (IV, 6) aveva definito “autore” «ogni persona degna d’essere creduta e obedita»; nel Purgatorio (XXII) il poeta Stazio, attribuirà a Virgilio anche il merito di aver predetto l’arrivo di Cristo nella IV Egloga e quindi di aver fatto di lui non solo un poeta, ma soprattutto un vero cristiano. Dante, infatti, considera la storia, prima o dopo la nascita di Cristo, come la realizzazione di un disegno divino che comprende e abbraccia tutto quanto accade.], modello di stile e di vita. Di certo ha tratto dall’Eneide ispirazione per la Commedia: Enea, il protagonista del poema virgiliano, compie un avventuroso viaggio nel regno dei morti durante il quale ha modo di conoscere ciò che gli riserva il destino.
Virgilio spiega a Dante che se vuol salvarsi dalle tre belve (simbolo di altrettanti vizi: la lussuria, l’avidità e la superbia), deve compiere un viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. In questo lungo cammino lui gli starà sempre a fianco come guida fino al Paradiso Terrestre, quando Beatrice prenderà il suo posto per condurlo nel regno della beatitudine, dove un pagano non può andare.
D’ora in poi Virgilio non si separerà più da Dante e sarà per lui dolcissimo padre e amico perfetto, che rimprovera con saggezza e fermezza, accoglie e conforta, sostiene e indica la strada: al momento della separazione, il poeta scoppierà in un pianto doloroso e irrefrenabile, nonostante si trovi ormai nel Paradiso terreste e in compagnia dell’amatissima Beatrice.
Per Dante Virgilio rappresenta la ragione, alla quale chi è smarrito può affidarsi per ritrovare, assistito dalla grazia divina, la strada della salvezza.