È un'ode composta da 242 endecasillabi sciolti, scritta in forma di dialogo. Manzoni immagina di parlare con l’Imbonati, il nobile milanese morto pochi mesi prima, con cui sua madre Giulia viveva da tempo a Parigi; a lei infatti è dedicata l'ode. Manzoni ricorre all'espediente letterario della visione notturna: Carlo Imbonati, che Giulia ha spesso indicato come esempio di virtù e nobiltà d'animo, gli appare in sogno e inizia a parlare. Il sereno colloquio offre a Manzoni la possibilità di chiarire le basi su cui intende fondare la sua attività di scrittore: il rispetto della realtà (il “santo Vero”) e l'impegno morale. L'ode venne pubblicata a Parigi nel 1806, poi a Milano, a Brescia e a Roma.