Sintassi della frase secondo il modello valenziale

Sintassi
Anteprima: 
La costruzione della frase

Il funzionamento della lingua per produrre discorsi si comprende conoscendo la costruzione, detta sintassi, della FRASE.

Per la descrizione della frase italiana viene adottato il modello della grammatica valenziale, che vede nel verbo il punto di partenza della formazione della frase nella mente del parlante.

Il modello valenziale rende facile il confronto con la costruzione della frase in altre lingue. Viene sviluppato il confronto con quattro lingue: francese, inglese, spagnolo, tedesco.

 

SINTASSI DELLA FRASE: testo base in italiano di Francesco Sabatini, con le traduzioni in francese di Jacqueline Brunet, in inglese di Silvia Cacchiani e Paul Marshall, in spagnolo di Maria Soledad Bianchi e in tedesco di Marcus Köhler.

 

SINTASSI DELLA FRASE: adattamento in schede (vedi Indice sottostante) a cura di Cecilia Robustelli, con approfondimenti contrastivi redatti da Angelo Variano.

 

Sistema della lingua e testo: frase ed enunciato

Sintassi

La descrizione del sistema generale di una lingua non si può eseguire direttamente sui testi perché questi utilizzano il sistema in molti modi diversi, secondo il carattere del testo stesso: è quindi necessario distinguere tra sistema generale della lingua e uso della lingua nei testi.

 

1. Il sistema generale di una lingua si può descrivere attraverso unità strutturali tipo che permettono di osservare le regole interne del sistema. Le unità strutturali tipo sono chiamate frasi:

 

Piero sbadiglia

Mario pulisce la finestra

Lo sport giova alla salute

Gli amici regalano un libro a Giulia

 

Si nota subito che ognuna di queste frasi ha un significato di per sé compiuto e che in ognuna è presente il verbo: constatazione importante perché la descrizione del funzionamento del sistema, osservato nella frase, non può che partire dal verbo. Si può quindi definire frase (termine perfettamente sinonimo di ‘proposizione’), detta anche frase-tipo, come segue:

 

espressione linguistica costruita secondo le regole generali della lingua, tale da avere un significato compiuto (per quanto generico) anche senza collegamenti ad altre frasi e senza riferimenti a una situazione comunicativa o ad altri segni che la affianchino.

 

2. Le esigenze della comunicazione reale, che richiede l’uso effettivo della lingua nei testi e utilizza il sistema in molti modi diversi, secondo il carattere del testo stesso, “nascondono” tali strutture-tipo. Basta prendere in esame dei testi reali, quali i due seguenti, per rendersi conto che è impossibile riconoscere direttamente su questa prosa le strutture generali della lingua italiana (lo stesso, naturalmente, accade in tutte le lingue):

 

«Ritirarsi quando si è all’apice della carriera. Capita, soprattutto nello sport. Nelle aziende no. Mai. Anzi: […]» (in “Corriere della Sera”, 12.5.1994)

 

«Ventidue ore dalle Alpi alla Piramide. Quella Cestia, a Roma Ostiense. Partenza da Bressanone, Alto Adige, alle 14 di giovedì e arrivo nella capitale alle 11.50 di ieri tra voli cancellati, treni soppressi, autostrade bloccate. Ecco l’effetto che fa, quando si sente il classico titolo “Italia divisa in due”, a non trovarsi in nessuna delle due, bensì inghiottiti dalla voragine che fa da confine. E che, giovedì, passava da Verona» (in “La Repubblica”, 5.3.2005).

 

In questi testi non compaiono frasi-tipo ma espressioni che hanno una determinata forma perché acquistano significato preciso in quel testo: sono segmenti di un testo e, addirittura, possono costituire da sole un testo. Queste espressioni si definiscono enunciati, in quanto ciascuna è stata davvero “enunciata”, cioè proferita, o si immagina che venga enunciata, per comunicare un determinato messaggio:

 

espressione linguistica comunque formata, compresa tra due stacchi forti (fonici o grafici), che sia parte di un testo o da sola lo costituisca, e che ha senso compiuto perché è collegata ad altri enunciati o è legata a una determinata situazione comunicativa.

 

Frase (o proposizione) e enunciato hanno quindi diverso significato e diversa funzione.

 

Una separazione così netta nello studio, tra sistema e testo sembra allontanarci dalla concretezza della lingua. Ma si tratta solo di un’operazione provvisoria, necessaria per scoprire il sistema linguistico, che altrimenti rischia di restare sempre nascosto dall’aspetto specifico dei testi. D’altra parte, solo la consapevolezza di come funzione il sistema della lingua ci dà la possibilità di intendere con molta precisione la specificità dei singoli testi: viene infatti il momento in cui le due prospettive di studio si ricongiungono e siamo in grado di cogliere le manipolazioni che l’autore ha compiuto sul sistema della lingua.

Il modello valenziale. Il verbo e le sue valenze

Sintassi

Per analizzare le strutture della frase è necessario servirsi di un MODELLO teorico che permetta di cogliere gli elementi necessari e sufficienti per definire di volta in volta ciò che osserviamo. Il modello adottato in questa descrizione della sintassi della frase italiana è quello della GRAMMATICA VALENZIALE, definito da Lucien Tesnière a metà del secolo scorso (L. Tesnière (1893-1954), Èlèments de syntaxe structurale, pubbl. postumo nel 1959). È un modello che spiega in maniera chiara e convincente le caratteristiche degli oggetti che osserviamo e che permette di cogliere il rapporto essenziale del tutto con le sue parti.

 

L’elemento che regola i rapporti sintattici tra i pezzi principali della frase e funziona da vero e proprio “motore” che porta alla sua costruzione è il verbo, nel quale troviamo due tipi di informazione:

 

a) il significato proprio del verbo, che indica quello che più genericamente possiamo chiamare l’evento (avvenimento, fenomeno, modo di essere di qualcosa o di qualcuno, azione, processo mentale, stato d’animo, …);

 

b) i dati relativi a tempo, modo, aspetto in cui poniamo la nostra rappresentazione di quell’evento.

 

Il significato del verbo coglie l’essenza dell’evento ed è quindi l’elemento dinamico che mette in moto, nella mente del parlante, il meccanismo centrale della frase.

 

Conoscendo il significato del verbo nella sua lingua il parlante sa (per esperienza generale del mondo nel quale vive) quali elementi “indispensabili” bisogna aggiungere a quel verbo perché si formi intorno ad esso un’espressione di senso compiuto, cioè una frase. Il verbo quindi si comporta come un elemento chimico che ha una determinata “valenza”, in base alla quale si può combinare con altri elementi chimici. La valenza del verbo si può definire così:

 

valenza del verbo

proprietà che ha il verbo, in base al proprio significato, di chiamare a sé gli elementi necessari e sufficienti con i quali può costruire una frase di senso compiuto.

 

Prendiamo in esame i quattro verbi già visti nella scheda 1 e vediamo da quali elementi deve essere accompagnato ciascun verbo per fornire un’informazione compiuta:

 

 

a) sbadigliare

questo verbo deve essere accompagnato soltanto dall’indicazione di “chi” sbadiglia. In questo modo si genera la frase, già autosufficiente, Piero sbadiglia.

 

b) pulire

l’atto del pulire implica che si indichino “chi” pulisce e “che cosa” pulisce. Si costruisce così la frase Mario pulisce la finestra.

 

c) giovare

indica che “qualcuno o qualcosa” giova “a qualcun altro o a qualche altra cosa”. Si costruisce così la frase Lo sport giova alla salute.

 

d) regalare

l’atto del regalare implica che si indichino “chi” regala, “che cosa” e “a chi”. Si costruisce così la frase Gli amici regalano un libro a Giulia.

 

Gli elementi specificamente legati al verbo perché ne riempiono (“saturano”) le valenze, e che devono essere tenuti distinti da tutti gli altri, che giocano altri ruoli, si chiamano argomenti:

 

Gli argomenti sono gli elementi strettamente necessari e sufficienti per saturare le valenze del verbo.

 

Il verbo e i suoi argomenti formano una frase “minima” che costituisce il nucleo della frase, intorno al quale possono svilupparsi, come vedremo, altre parti della stessa frase. Quindi Piero sbadiglia, Mario pulisce i vetri, Lo sport giova alla salute e Gli amici regalano un libro a Giulia sono altrettante frasi minime, ossia nuclei portanti di frasi eventualmente più ampie.

 

La frase minima costituita dal NUCLEO si definisce FRASE SEMPLICE non perché è formata da poche parole ma perché ha un solo verbo che la regge. L’aggettivo semplice ha qui il significato del latino simplex ‘fatto di un solo componente’. La FRASE COMPLESSA invece ha anche altri verbi, ma, come vedremo, collocati “in periferia”.

Diverso legame tra il verbo e i suoi argomenti. La reggenza verbale. Tipi di valenza

Sintassi

Tutti gli elementi che si legano strettamente al verbo hanno funzione di argomenti ma il rapporto che essi hanno con il verbo varia in base alla valenza verbale, cioè alla capacità del verbo di combinarsi con gli argomenti e alla reggenza verbale, cioè al tipo di rapporto che instaura con essi.

 

Con la stragrande maggioranza dei verbi c’è almeno un argomento che ha un rapporto privilegiato con il verbo, perché (salvo casi particolari) determina la persona e il numero della forma verbale e quindi è in accordo morfologico con questa. È l’argomento considerato soggetto del verbo.

Con gli altri argomenti (quindi escluso il soggetto) il verbo può avere una reggenza diretta, quando “regge” un argomento diretto, cioè collegato al verbo senza alcuna preposizione, o indiretta, quando regge un argomento indiretto, cioè collegato al verbo mediante una preposizione (se gli argomenti sono rappresentati da un pronome personale, questo è nella forma “obliqua”).

 

I verbi che possono avere un argomento diretto hanno una caratteristica particolare: possono essere volti al passivo (Mario pulisce i vetri > i vetri sono puliti da Mario; ecc.) e si definiscono transitivi; tutti gli altri, di conseguenza, si definiscono intransitivi.

Analizziamo i diversi tipi di legame fra verbo e argomenti (cioè la reggenza verbale) che caratterizza le quattro frasi semplici seguenti:

 

1) Piero sbadiglia

2) Mario pulisce la finestra

3) Lo sport giova alla salute

4) Gli amici regalano un libro a Giulia

 

a) In tutte e quattro le frasi di esempio compare l’argomento considerato soggetto del verbo (Piero; Mario; lo sport; gli amici):

 

Piero sbadiglia

Mario pulisce la finestra

Lo sport giova alla salute

Gli amici regalano un libro a Giulia

 

b) Nella seconda e nella quarta frase c’è un secondo argomento collegato con il verbo senza alcuna preposizione, cioè un argomento oggetto diretto del verbo (la finestra; un libro);

 

Mario pulisce la finestra

Gli amici regalano un libro a Giulia

 

c) Un argomento oggetto indiretto, cioè collegato al verbo mediante una preposizione (se l’argomento è rappresentato da un pronome personale questo è nella forma obliqua) compare come secondo argomento nella terza frase di esempio, alla salute, e come terzo argomento nella quarta frase: a Giulia (se fosse sotto forma di pronome personale, potrebbe essere a lei o anche le).

 

Lo sport giova alla salute

Gli amici regalano un libro a Giulia

 

I quattro verbi che abbiamo esaminato finora sono quindi monovalenti (‘sbadigliare’, perché ha solo il soggetto), bivalenti (‘pulire’ e ‘giovare’, perché oltre al soggetto hanno un argomento ciascuno, rispettivamente diretto e indiretto) e trivalenti (‘regalare’ perché oltre al soggetto ha due argomenti, rispettivamente diretto e indiretto). Il loro rapporto con gli argomenti ha questa rappresentazione grafica:

 

verbi monovalenti

Verbi monovalenti

 

verbi bivalenti

Verbi bivalenti

 

verbi bivalenti 2

Verbi bivalenti (2)

 

verbi trivalenti

Verbi trivalenti

 

I costituenti primari del nucleo della frase: il verbo e i suoi argomenti

Sintassi

Il verbo e i suoi argomenti, che formano il nucleo della frase, vengono chiamati costituenti primari della frase.

Nei grafici che seguono ciascun nucleo è racchiuso in un ovale per distinguere il nucleo stesso da tutto ciò che – come vedremo in seguito – gli può stare intorno (a vario titolo):

graficograficograficografico

 

Si noti che il NUCLEO costituisce una FRASE SEMPLICE (da tenere distinta dalla FRASE COMPLESSA).

Verbi "predicativi" e verbi "copulativi". Il complemento predicativo del soggetto

Sintassi

Per quanto riguarda il significato e il comportamento sintattico i verbi si possono dividere in due gruppi:

 

il gruppo più numeroso è rappresentato dai “predicativi”, verbi che “predicano”, cioè esprimono un significato specifico (es. sbadigliare, pulire, giovare, regalare);

 

il piccolo gruppo dei “copulativi”, che hanno un significato molto generico, come essere (ma non nel significato di ‘esistere’ o di ‘essere situato [in un luogo]’), sembrare, parere, apparire (nel significato di ‘sembrare’), divenire, diventare, risultare e che funzionano da “copula” (dal latino copula ‘corda’, quindi ‘collegamento’), cioè da semplice legame tra il soggetto e un altro elemento (nome o aggettivo) che definisce una caratteristica del soggetto stesso. Le informazioni specifiche sul soggetto che con i verbi predicativi sono affidate tipicamente al verbo, come le indicazioni di tempo, modo e aspetto, vengono dunque “predicate” (fornite) dall’elemento che li accompagna e che viene chiamato complemento predicativo del soggetto (ma nella terminologia tradizionale è definito anche “predicato nominale”). 

 

Piero è stanco

Giulia sembra contenta

Le pere diventano mature.

 

Il complemento predicativo può a sua volta aver bisogno, talora, di altri completamenti per dire cose più specifiche: in una frase come Luigi è abile manca l’indicazione dell’ambito in cui è abile, pertanto occorre aggiungere in disegno, negli affari, nelle trattative, ecc.; e così Ugo è stato mediatore tra le parti; Luisa è stata molto attenta alle mie parole, sono frasi che vedono il complemento predicativo seguito da ulteriori specificazioni che sono veri e propri argomenti.

In queste frasi l'insieme "verbo+aaggettivo predicativo" equivale a un verbo bivalente che ha il primo argomento nel soggetto e il secondo nell'elemento che indica l'ambito della sua abilità (Luigi è abile negli affari) o della sua attività di mediazione (Ugo è stato mediatore tra le parti) o della attenzione che ha prestato (Luisa è stata molto attenta alle mie parole), ecc.

 

 

Con i verbi copulativi sembrare e parere la funzione di complemento predicativo del soggetto può essere svolta anche da un verbo all’infinito: Mario sembra sofferente può diventare Mario sembra soffrire; Luisa pare spazientita può diventare Luisa pare spazientirsi. È una costruzione che si avvicina alle completive.

 

Verbi predicativi che acquistano valore copulativo

 

Molti verbi possono avere più significati e in base a ciascuno avere comportamenti sintattici diversi così da rientrare alternativamente fra i verbi predicativi e i verbi copulativi.

Per esempio nella frase La sua data di nascita risulta dai documenti il verbo risultare significa ‘viene fuori, si desume’ ed è predicativo; invece nella frase Piero è risultato vincitore, il verbo risultare conserva una parte del suo significato predicativo (quel riconoscimento ‘viene fuori’ da una gara, un concorso), ma include anche il valore tipico del verbo essere, perché Piero ‘è’ vincitore.

Vediamo altri due esempi, nella cui parafrasi tra parentesi esplicitiamo e sottolineiamo la componente di valore copulativo:

 

Maria è andata a casa Rossi (‘si è diretta’)

Maria è andata sposa in casa Rossi (‘è entrata in una nuova famiglia ed è diventata signora Rossi)

Paolo ha fatto il concorso da avvocato (‘ha affrontato il concorso …’)

Paolo fa l’avvocato (‘è’).

 

Possono assumere valore copulativo e farsi così seguire da un complemento predicativo del soggetto anche

Classificazione generale dei verbi predicativi secondo la loro "valenza"

Sintassi

Tutti i verbi predicativi possono essere classificati, in base alla loro valenza, in 5 tipi: zerovalenti, monovalenti, bivalenti, trivalenti e tetravalenti.

 

zerovalentiGli zerovalenti sono quei verbi che in italiano e in altre lingue non hanno argomenti, nemmeno l’argomento soggetto, e per questo sono tradizionalmente chiamati “impersonali”: sono i cosiddetti verbi atmosferici piovere, nevicare, grandinare e altri, che rappresentano compiutamente i rispettivi fenomeni, senza bisogno di affiancare un soggetto alle forme verbali. Piove, nevica, grandina sono espressioni già di senso compiuto, quindi sono vere e proprie frasi. Es. Piove

 

monovalentiI monovalenti hanno solo l’argomento soggetto, es. sbadigliare, tossire, russare, nascere, morire, vivere (nel senso puro di ‘essere in vita’), splendere, brillare, scoppiare, abbaiare, miagolare, vagire, starnutire, ecc. Es. Luigi sbadiglia

 

I bivalenti, che hanno un secondo argomento oltre al soggetto, si possono distinguere anche in base alla reggenza diretta o indiretta:

 

Verbi bivalenti:

bivalenti 1bivalenti 2

 

I trivalenti, oltre al soggetto possono avere:

 

Verbi trivalenti:

trivalenti 1trivalenti 2

 

tetravalentiI tetravalenti oltre al soggetto hanno un secondo argomento diretto e due argomenti indiretti: tradurre, trasferire, spostare qualcosa da ... a…

 

Verbi tetravalenti:

argom. soggetto, un argomento diretto e due indiretti; es. Maria traduce romanzi dal russo al danese (passivo: romanzi sono tradotti dal russo al danese da Maria)

 

Complessivamente si hanno, dunque, 7 classi di verbi predicativi.

La costruzione passiva

Sintassi

 

La costruzione passiva (che indica, fra l’altro, il valore transitivo di un verbo) in italiano ha due forme:

 

  1. La costruzione che possiamo considerare “normale” in cui l’oggetto diretto della frase attiva diventa soggetto, quello che era soggetto diventa complemento d'agente, mentre il verbo assume la forma della coniugazione passiva:

Oggi Mario pulisce i vetri > Oggi i vetri sono/vengono puliti da Mario

 

  1. La costruzione con il si passivante in cui l’oggetto diretto diventa soggetto del verbo, ma il verbo viene preceduto dal si e concordato con questo soggetto - quindi  resta nella forma attiva - e l’agente (già soggetto della forma attiva) normalmente non si esprime:

Oggi [qualcuno] pulisce i vetri > Oggi si puliscono i vetri

 

La costruzione passiva ha due funzioni particolari:

 

 

L'uso assoluto dei verbi. Verbi con indicazioni di "misura"

Sintassi

 

Uno stesso verbo può avere più significati: per ciascun significato presenta in genere valenze diverse e richiede argomenti diversi.

 

a) L’uso assoluto dei verbi

Il verbo leggere, per esempio, si comporta normalmente come verbo bivalente perché richiede due argomenti, il soggetto e l’oggetto diretto, ma può comportarsi anche come un verbo monovalente. Se confrontiamo le due frasi il mio bambino legge una favola e il mio bambino legge avvertiamo chiaramente che il verbo legge ha qui due significati abbastanza diversi e cioè nel primo caso ‘sta leggendo una favola’, nel secondo ‘sa leggere, ha imparato a leggere’. Troviamo la stessa differenza tra Paola dipinge paesaggi e Paola dipinge, Pietro lavora il marmo e Pietro lavora (‘è un gran lavoratore’ o ‘è al lavoro’ o ‘ha trovato lavoro’). Moltissimi verbi bivalenti o trivalenti quando vengono usati con questo significato ‘assoluto’ (ma al tempo stesso specifico) che non richiede un secondo argomento diventano, quindi, monovalenti.

 

b) da verbo monovalente a verbo bivalente

Si dà, naturalmente, anche il caso inverso, di un verbo monovalente che, usato con un significato diverso, diventa bivalente, indiretto o diretto. È il caso di un verbo molto importante come vivere. Il suo significato di base è ‘essere in vita’ ed è monovalente (Ada vive). Nel significato di ‘risiedere, abitare’ in un luogo (Ada vive a Milano) o anche ‘tenersi in vita, sostentarsi’ (Paolo vive di rendita; e figuratamente Gino vive di ricordi), è bivalente con secondo argomento indiretto. Anche nel significato di ‘passare con intensa partecipazione attraverso una situazione’ o ‘impegnarsi molto in un’attività’ (I ragazzi hanno vissuto una brutta esperienza o vivono lo sport) è bivalente con secondo argomento diretto.

 

c) da verbo zerovalente a verbo bivalente o trivalente

Anche i verbi zerovalenti, usati in senso figurato, diventano bivalenti e anche trivalenti. Il verbo piovere in senso proprio è zerovalente, ma in espressioni come piovono sassi o piovono rimproveri è monovalente. Il verbo tuonare in senso proprio è zerovalente, ma in un’espressione come il direttore tuona i suoi ordini ai dipendenti è trivalente.

 

Verbi con indicazioni di “misura”

 

Esiste un piccolo numero di verbi che richiedono un elemento aggiuntivo, senza preposizione, che non ha la funzione di oggetto diretto ma indica una “misura” espressa normalmente con un’indicazione quantitativa: Il film dura due ore; Quel cappotto costa mille euro; Il pacco pesa due chilogrammi; L’appartamento vale un milione di euro, ecc. Questi elementi senza preposizione possono essere sostituiti da avverbi di quantità indefinita (…dura molto; … costa quanto il tuo o più del tuo o costa caro; ecc.), il che dimostra che hanno un valore avverbiale.

Alcuni di questi verbi (valere, pesare, costare, durare) sono usati spesso con significato assoluto e richiedono quindi solo con l’argomento soggetto: Mario vale; questo vestito costa; questa valigia pesa; il bel tempo dura. E alcuni verbi possono anche presentare significati e costruzioni diverse. Vediamo due esempi:

 

1) il verbo pesare nell’esempio Il pacco pesa due chilogrammi significa ‘avere un peso’, e in questo significato è accompagnato solo da un'espressione che indica misura; può però avere altri significati e cioè quello di ‘gravare col proprio peso’ e in tal caso ha un argomento indiretto che indica ‘su che cosa’ si esercita e si scarica il peso, es. la cupola pesa sui pilastri o, in senso figurato, questo fatto pesa sulla mia coscienza. Può anche avere il significato di ‘compiere la pesatura di un oggetto’ e in tal caso ha un vero argomento oggetto diretto, es. Ho pesato personalmente il pacco sulla bilancia della posta. In questo caso la frase può essere resa passiva: questo pacco è stato pesato sulla bilancia della posta personalmente da me.

 

2) il verbo distare nella sua costruzione di base richiede anche l’argomento che indica il punto da cui si misura la distanza (dunque è bivalente): la stazione dista 3 chilometri dal centro (non sarebbe completa una frase come la stazione dista dal centro, mentre dista 3 chilometri si può dire solo se sappiamo da quale punto consideriamo la distanza).

Verbi che richiedono un argomento oggetto diretto "arricchito". Il complemento predicativo dell’oggetto

Sintassi

Alcuni verbi predicativi bivalenti possono richiedere, in base al diverso significato che possono assumere, un argomento oggetto diretto arricchito da un altro elemento. Ad esempio, il verbo nominare nel significato di ‘fare il nome di qualcuno o qualcosa’ richiede il semplice oggetto diretto: L’imputato ha nominato il complice. Ma lo stesso verbo può significare ‘attribuire una carica o un compito a qualcuno’ e in tal caso l’oggetto diretto deve essere accompagnato dall’indicazione di quella carica o di quel compito: Il sindaco ha nominato Luigi assessore. Questo elemento aggiunto, che può essere un nome o un aggettivo, si chiama complemento predicativo dell’oggetto (cioè elemento aggiunto che predica un requisito o una qualità di una persona o cosa). Hanno questa caratteristica i verbi cosiddetti:

 

- appellativi: chiamare, denominare, dire, ecc. (es. Gli amici chiamano Andrea “l’elefante”)

 

- estimativi: stimare, considerare, giudicare, credere, ritenere, prendere per (o come), ecc. (es. Maria mi considera il suo migliore amico, oppure come un fratello; I cronisti hanno ritenuto falsa la notizia)

 

- elettivi: eleggere, nominare, dichiarare, proclamare, scegliere, ecc. (es. Gli studenti hanno eletto Giulia capoclasse )

 

- effettivi: fare, creare, rendere, assumere come, ecc. (es. La ditta ha assunto Laura come cassiera).

 

Quando questi verbi sono volti al passivo l’oggetto della frase attiva diventa soggetto grammaticale, il complemento predicativo dell’oggetto diventa complemento predicativo del soggetto, e il soggetto diventa complemento d’agente:

 

Andrea è chiamato “l’elefante” dagli amici

Laura è stata assunta come cassiera dalla ditta.

 

La rappresentazione grafica di questo tipo di frasi può essere la seguente:

attiva

in forma attiva

 

passiva

in forma passiva

 

Verbi pronominali

Sintassi

Molti verbi si usano anche, e taluni soltanto, accompagnati dal pronome personale atono (mi, ti, si, ci, vi, si): lavarsi, vestirsi, alzarsi, offendersi, ribellarsi, pentirsi, stupirsi, ricordarsi, addormentarsi, annoiarsi, svegliarsi, allontanarsi ecc. La forma pronominale del verbo indica, in generale, che l’evento descritto dal verbo coinvolge in modo particolare il soggetto, sia che questo promuova (volontariamente) l’evento (lavarsi, vestirsi, alzarsi, ribellarsi, allontanarsi …), sia che esso venga raggiunto (più o meno involontariamente) dagli effetti dell’evento (offendersi, pentirsi, ricordarsi, addormentarsi, annoiarsi, ammalarsi …).

 

Queste forme realizzano quella che si chiama la diàtesi media del verbo, la quale appunto esprime o la ricaduta materiale degli effetti di un atto volontario sul soggetto stesso (si parla in tal caso di verbo riflessivo, es. Maria si pettina o l’intensa “partecipazione” del soggetto (anche inanimato) all’evento descritto dal verbo: Lino si è ammalato; Il vaso si è rotto.

 

Le forme pronominali che s’incontrano spesso in costruzioni del tipo mi bevo un caffè, mi vedo un film giallo, mi godo la vacanza hanno funzione di “intensificazione-soggettivizzazione” dell’evento.

 

Attenzione: il pronome “si” può anche indicare reciprocità dell’azione, es. Paolo e Luca si stringono la mano.

Materiali collegati

Verbi "accompagnatori": ausiliari, modali, causativi, aspettuali

Sintassi

 

S’incontrano spesso forme verbali ed espressioni verbali composte da due verbi strettamente associati tra loro. Di questi due verbi uno esprime un significato specifico e l’altro lo “accompagna”, con varie funzioni. Il caso più semplice è dato dalla compresenza dell’ausiliare (essere, avere e qualche volta andare e venire) che serve a creare le forme composte del verbo (passato prossimo, ecc.) e del participio passato del verbo con significato specifico. È ovvio che questa coppia di elementi costituisce un solo predicato, anche se a volte tra l’ausiliare e il participio passato si inserisce un avverbio o una congiunzione, come però, anche, anzi, perfino, tuttavia, ecc.: es. Mario ha perfino pulito i vetri!

Altra cosa è, invece, l’accostamento, al verbo di significato principale, di verbi che portano un significato particolare da aggiungere al verbo principale. Si distinguono le seguenti categorie:

 

 

 

Da "argomenti nominali" a "argomenti verbali". Le frasi "completive"

Sintassi

 

La funzione di argomenti del verbo è svolta tipicamente dai nomi ma al posto di questi si trovano spesso elementi che hanno altra forma: pronomi, alcuni avverbi o addirittura frasi. Il caso dei pronomi come sostituenti del nome o degli avverbi che sostituiscono un’indicazione di luogo è semplice da intendere: nella frase Paolo chiama Maria al posto del secondo argomento Maria possiamo trovare lei o il pronome atono la; nella frase Piero ha messo le chiavi nel cassetto al posto del terzo argomento nel cassetto possiamo trovare gli avverbi qui (o qua) e (o ), accettabili quando il luogo è visibile o è stato già specificato.

 

Più articolato è il caso delle frasi che, con determinati verbi al centro del nucleo, possono prendere il posto di un argomento: es. Basta la tua approvazione / basta che tu approvi. Le frasi che funzionano da argomenti e quindi completano il nucleo si chiamano completive e si articolano in:

 

soggettive quando rappresentano l’argomento soggetto;

oggettive dirette quando rappresentano l’argomento oggetto diretto;

oggettive indirette quando rappresentano l’argomento oggetto indiretto.

 

Le completive possono essere di forma implicita o esplicita:

 

- sono di forma implicita, all’infinito, quando il soggetto del verbo reggente corrisponde a quello della completiva, es. Penso di essere in ritardo, oppure quando il soggetto della completiva corrisponde al complemento indiretto del verbo reggente, es. Ti chiedo di venire subito;

 

- in tutti gli altri casi sono di forma esplicita, con verbo all’indicativo o congiuntivo preceduto da che o se, a seconda del verbo reggente, es. Penso che Andrea sia in ritardo oppure Non so se Andrea sia in ritardo. Si noti che con il verbo al congiuntivo presente singolare il soggetto di questo congiuntivo deve essere sempre specificato per evitare ambiguità: una frase come non so se sia in ritardo potrebbe avere come soggetto sia io, sia tu, sia lui o lei perché le tre persone del congiuntivo presente sono morfologicamente identiche.

Frasi completive soggettive

Sintassi

a) Soggettiva formata da che + verbo di modo finito (al congiuntivo):

 

 

b) Soggettiva formata da infinito semplice:

 

 

c) Soggettiva con verbo all’infinito semplice o preceduto da di o con verbo finito (al congiuntivo) preceduto da che, quando il verbo del nucleo è rappresentato dalle forme basta, bisogna, capita, succede, piace, dispiace, costa, giova, importa, ecc. o da espressioni come è giusto, è urgente, è bello, sembra giusto, ecc. In tutti questi casi la soggettiva è di norma posposta al verbo del nucleo:

 

 

Con verbi come capita, succede, accade, l’infinito della soggettiva è preceduto da di (mi capita di dimenticare la luce accesa).

 

La soggettiva all'infinito implica un soggetto generico: è il caso dell’esempio basta accettare verbalmente (rispetto a un possibile ti basta accettare verbalmente). Lo stesso accade ovviamente anche con il verbo in forma finita se è impersonale, come ad es. basta che si accetti verbalmente.

 

Con sembra, pare e con si dice, si pensa (che ha valore di passivo) si può avere la soggettiva all’infinito (solo con i verbi zerovalenti) o con il congiuntivo preceduto da che, che in uno stile ricercato si può anche omettere, anticipando il soggetto del verbo della soggettiva): Sembra piovere o Sembra che piova; Si dice che Andrea sia partito; Andrea pare sia partito,

 

Attenzione! In frasi come È urgente comprare i biglietti, Mi è utile leggere i libri, Mi è successo di perdere i bagagli e simili, sono le espressioni intere comprare i biglietti, leggere i libri, perdere i bagagli che formano la frase soggettiva (fanno da soggetto).

Frasi completive oggettive dirette

Sintassi

a) Oggettive dirette (in varie forme) o frase autonoma in discorso diretto al posto del nome come argomento oggetto diretto:

Il soggetto dei verbi delle due frasi oggettive e della frase in discorso diretto è sempre Mara

 

b) Oggettiva diretta, formata da che + altro soggetto e verbo di modo finito, al posto del nome come argomento oggetto diretto (il verbo del nucleo è bivalente):

Il soggetto del verbo dell’oggettiva dev’essere espresso (tu) perché è diverso dal soggetto del verbo del nucleo (la forma arrivassi da sola può essere sia di prima che di seconda persona)

 

c) Oggettive dirette (in varie forme) o frasi autonome in discorso diretto al posto del nome come argomento oggetto diretto (il verbo del nucleo è trivalente):

Frasi completive oggettive indirette

Sintassi

 

a) Oggettiva indiretta, con verbo bivalente, formata da che + altro soggetto e verbo di modo finito, al posto del nome con funzione di argomento oggetto indiretto:

 

 

                                         del tuo successo                                 (nome)

Giulia si compiace

                                        che tu abbia avuto successo          (oggettiva indiretta)

 

Come si vede, l’oggettiva indiretta, che prende il posto di un argomento indiretto, ha la stessa forma di un’oggettiva diretta.

 

b) Oggettiva indiretta con verbo trivalente, formata da a + infinito, al posto del nome come argomento oggetto indiretto:

 

 

                                                                  al pagamento delle spese di riscaldamento          (nome)

Il contratto obbliga l'inquilino

                                                                 a pagare le spese di riscaldamento                      (oggettiva indiretta)

 

Il soggetto del verbo dell’oggettiva è diverso da quello del verbo del nucleo, ma non va espresso perché si ricava dall’argomento indiretto (l’inquilino).

Frasi completive oggettive dirette che dipendono da verbi di percezione/verbi causativi/nomi o aggettivi

Sintassi

a) dipendenza da verbi di percezione

I verbi come sentire, ascoltare, vedere, guardare, osservare richiedono spesso un elemento aggiuntivo all’argomento, quando devono dare un’informazione specifica su quest’ultimo. Questo elemento aggiuntivo può essere espresso da elementi nominali (di solito un’espressione preposizionale), ma più spesso con un’oggettiva. Notiamo la differenza tra

 

Paola ha visto la nave

 

dove si dice solo che ha visto “la nave”, e

 

 

dove l’informazione specifica è data dall’“arrivo” e questo particolare è espresso con maggiore efficacia dall’oggettiva.

 

b) dipendenza da verbi causativi

Con i verbi fare e lasciare usati come causativi l’argomento oggetto diretto è rappresentato tipicamente dall’oggettiva, più spesso di tipo implicito, ma talvolta anche di tipo esplicito. Il solito schema grafico della struttura del nucleo mette bene in evidenza il funzionamento di questi verbi, che sono trivalenti:

 

 

Se consideriamo come un tutt’uno il verbo causativo e il verbo dell’oggettiva lo schema non cambia:

 

 

È interessante notare che al (o dal) meccanico e i turisti funzionano da soggetti logici delle oggettive implicite col verbo all’infinito riparare ed entrare; ciò appare chiaro con l’oggettiva esplicita che è abbastanza frequente con il verbo lasciare: … ha lasciato che i turisti entrassero al museo.

 

c) dipendenza da nomi o aggettivi

Anche molti nomi e aggettivi, che hanno dentro di sé un significato simile a quello di verbi corrispondenti, possono essere seguiti da un’oggettiva, implicita (se il soggetto dell’oggettiva è lo stesso del verbo reggente) o esplicita:

 

Speravo di rivedere Anna

La mia speranza di rivedere Anna

Ero fiducioso di rivedere Anna

 

Speravo che Anna tornasse

Avevo speranza che Anna tornasse

Ero fiducioso che Anna tornasse 

Ampliamenti della frase: circostanti del nucleo e espansioni del nucleo

Sintassi

Per arricchire di informazioni la frase si possono aggiungere al nucleo molti elementi che si definiscono

 

- “circostanti del nucleo” se si collegano specificamente ai singoli costituenti del nucleo, cioè al verbo o ai suoi argomenti.

Per esempio alla forma verbale piove possiamo aggiungere l’avverbio fortemente, o le espressioni avverbiali a dirotto, a catinelle; alla forma verbale funziona, riferita per esempio a un congegno, possiamo aggiungere gli avverbi bene o male o espressioni avverbiali come alla perfezione o a mala pena. Ai singoli argomenti del verbo possono essere accostati elementi che li specificano, così per esempio nella frase Giulio legge romanzi possiamo aggiungere una serie di informazioni direttamente legate ai vari argomenti: Il mio amico Giulio legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russi

 

- “espansioni del nucleo” se si affiancano liberamente al nucleo nel suo insieme, cioè senza un legame sintattico specifico con i suoi costituenti. Per esempio alla frase vista sopra Il mio amico Giulio legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russi composta dal nucleo e dai suoi circostanti possiamo aggiungere una serie di espansioni come nell’esempio seguente (le espansioni sono sottolineate): D’inverno, per passatempo, il mio amico Giulio, in montagna, legge, nei giorni di bufera, davanti al camino, in una comoda poltrona, lunghi romanzi di fantascienza di autori russi. Questi elementi sono detti anche circostanziali perché aggiungono informazioni sulle “circostanze” in cui avviene ciò che è detto dal nucleo.

I circostanti del nucleo: circostanti del verbo e circostanti degli argomenti

Sintassi

I circostanti del nucleo, cioè gli elementi aggiunti direttamente ai costituenti del nucleo, possono essere di due tipi:

 

(a) circostanti del verbo, cioè avverbi o espressioni avverbiali, che si legano al verbo;

 

(b) circostanti degli argomenti, cioè articoli, aggettivi, participi, nomi, espressioni preposizionali, frasi relative, che si legano agli argomenti di tipo nominale (nomi o pronomi).

 

Il modo di collegarsi dei circostanti ai costituenti è vario e va esaminato distintamente con riferimento ai verbi e agli argomenti. Consideriamo la frase Il mio amico Giulio legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russi e vediamone la rappresentazione grafica:

 

grafico

 

Ognuno degli elementi aggiunti si lega a uno dei costituenti primari del nucleo ma si colloca in una fascia esterna al nucleo perché, appunto, si tratta di CIRCOSTANTI DEL NUCLEO, e per mostrare i collegamenti che hanno con i costituenti del nucleo abbiamo interrotto la linea continua dell’ovale rosso. Il secondo ovale in linea continua nera che racchiude il nucleo e i suoi circostanti delimita il confine oltre il quale si collocano gli elementi aggiunti dell’altro tipo (le espansioni).

 

Vediamo ora in dettaglio i due tipi di circostanti.

 

(a) circostanti del verbo

Il verbo può essere affiancato da avverbi ed espressioni avverbiali introdotte da preposizioni che non sono elementi di congiunzione dell’espressione al verbo, ma elementi costitutivi dell’espressione stessa (es. a dirotto, di corsa, a precipizio, all’istante, in ritardo, di soppiatto, ecc.), come dimostra anche il fatto che il verbo e la sua specificazione spesso si possono sostituire con un altro verbo che sommi i due tratti di significato: piovere a dirotto si può sostituire con diluviare; andare di corsa con correre; andare a precipizio con precipitarsi; e così via.

Anche la negazione non è un circostante del verbo, col quale forma come un solo verbo di significato contrario: Giulia non ha accettato l’invito equivale a Giulia ha rifiutato l’invito.

Anche le indicazioni di misura (di tempo, distanza, peso, valore) sono dei circostanti del verbo e non suoi argomenti: non indicano un’entità a sé stante rispetto al verbo (come l’oggetto diretto o indiretto), ma la “misura” del valore espresso dal verbo: es. Il pacco pesa 2 chili; La stazione dista 3 chilometri .

 

b) circostanti degli argomenti

I circostanti di un argomento possono essere:

- aggettivi, che concordano in genere e numero con il nome (es. Il mio amico Giulio). Come gli aggettivi si comportano anche i participi passati, che concordano con il nome a cui si riferiscono (es. Il pacco, ben confezionato, è arrivato a destinazione). Anche gli articoli non sono altro, per natura e per funzione, che aggettivi. Per natura, per la loro origine da aggettivi latini (un, uno, una continuano l’aggettivo numerale latino unus, una, unum; il, lo, la … continuano l’aggettivo dimostrativo latino ille, illa, illud), e per funzione, perché la loro funzione è quella di qualificare la persona o cosa come “non ancora nota” (“indeterminata”) oppure “già nota” (“determinata”) nell’ambito del discorso che si sta facendo. A rigore, quindi, l’articolo va messo tra i circostanti. Nella nostra rappresentazione grafica, tuttavia, segniamo gli articoli e gli aggettivi dimostrativi (questo, ecc.) e possessivi (mio, ecc.) dentro il cerchio del nome a cui si riferiscono, dato il loro stretto rapporto.

 

- nomi usati come apposizioni (composte da un solo nome o da più elementi) a un altro nome. Es. Luigi, ingegnere, ha risolto il problema; da bravo ingegnere, Luigi ha risolto il problema, nostro cruccio da tanti anni.

 

- espressioni preposizionali, che specificano aspetti vari della persona o cosa indicata dall’argomento, es. Gli amici del quartiere hanno regalato a Giulia un libro di storia dello sport; Paolo ha mangiato un panino con salame; I miei cugini di Milano verranno a trovarmi; Luisa abita in una casa sul mare.

 

d) frasi relative, collegate a un nome mediante il pronome relativo. Nella frase Gli amici del quartiere hanno regalato a Giulia un libro di storia dello sport l’espressione di storia dello sport può essere trasformata in che tratta di storia dello sport. Allo stesso modo l’espressione Un libro splendidamente illustrato può diventare Un libro che è splendidamente illustrato, l’espressione vincitrice della gara può trasformarsi in che ha vinto la gara, ecc.

I circostanti degli argomenti rappresentati da frasi relative possono avere, da un punto di vista dell’informazione che aggiungono, un valore essenziale, cioè identificativo, o un valore semplicemente descrittivo. Nella frase La ragazza che ti ho presentato ieri è partita la frase relativa che ti ho presentato ieri è essenziale perché identifica la persona nominata. Nella frase Laura ha venduto la casa paterna, che ormai era rimasta disabitata la frase relativa che ormai era disabitata non serve a identificare la casa, ma soltanto aggiunge un’informazione sul perché Laura non aveva più interesse a tenere quella casa. Nella scrittura, i circostanti che hanno valore identificativo non vanno separati da virgola, i circostanti descrittivi sì.

 

Si noti che l’insieme formato da NUCLEO + CIRCOSTANTI costituisce una FRASE SEMPLICE (da tenere distinta dalla FRASE COMPLESSA).

Le unità polirematiche: introduzione

Sintassi

 

Espressioni come ferro da stiro, treno merci, mobile bar, fine settimana, carta di credito, sala da pranzo, scarpe da tennis, stato civile, busta paga, monte premi, alta moda, sosta vietata, pronto soccorso, pubblica sicurezza, carta d’identità, guardia del corpo, ecc. che, sebbene siano formate da più parole, indicano un unico oggetto o contengono un’unica idea, sono come una sola parola e per questo si chiamano unità polirematiche, termine che vuol dire appunto “unità formate da più parole”.

 

Sono affini alle unità polirematiche anche espressioni un po’ meno compatte come riva del mare, cima del monte, porta di casa, fondo del mare, foglio di carta, ecc. Ai fini della definizione degli argomenti possiamo considerarle un tutt’uno, anche se sono spesso separabili tra loro (possiamo dire: riva ghiaiosa del mare, foglio bianchissimo di carta).

Aggiunte al nucleo e ai suoi circostanti: le espansioni

Sintassi

Alla frase è possibile aggiungere ancora altri elementi, diversi dai circostanti. Partendo dalla frase ridotta al puro nucleo:


Giulio legge romanzi

grafico

 

o al nucleo e ai suoi circostanti


Il mio amico Giulio legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russigrafico

 

 

è possibile aggiungere altre informazioni, che riguardano, ad esempio, quando e dove e con quali procedimenti Giulio si dedica a queste letture. Possiamo dunque ampliarla così (sottolineiamo le nuove aggiunte):

 

D’inverno, in montagna, in una comoda poltrona, per passatempo, il mio amico Giulio, nei giorni di bufera, davanti al camino, legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russi.

 

I nuovi elementi si inseriscono bene, concettualmente, nel contenuto preesistente della frase, ma non hanno collegamenti strutturali (morfologici o sintattici), né uno specifico punto di attacco. Infatti, possono essere spostati in vari punti della frase lineare:

 

D’inverno, per passatempo, il mio amico Giulio, in montagna, legge, nei giorni di bufera, davanti al camino, in una comoda poltrona, lunghi romanzi di fantascienza di autori russi.

 

oppure:

 

Il mio amico Giulio, in montagna, d’inverno, per passatempo, nei giorni di bufera, in una comoda poltrona, davanti al camino, legge lunghi romanzi di fantascienza di autori russi.

 

oppure ancora

 

D’inverno, in montagna, nei giorni di bufera, il mio amico Giulio, davanti al camino, legge, in una comoda poltrona, per passatempo, lunghi romanzi di fantascienza di autori russi.

 

e così via. Poiché la funzione degli elementi nuovamente aggiunti è quella di “ampliare la scena”, di “espanderla”, a questi pezzi diamo il nome di ESPANSIONI.

 

La rappresentazione grafica delle frasi viste sopra mette in evidenza che le ESPANSIONI sono posizionate in una fascia esterna all’ovale che contiene il nucleo e i suoi circostanti, chiusa da un ovale di altro colore. Si ricordi inoltre che le sei espansioni sono collocate in sei punti diversi, ma, come già detto, la loro non è una posizione obbligata:

 

grafico

 

 

La rappresentazione grafica della frase chiarisce anche la punteggiatura che compare nella frase linearizzata (in scrittura normale): le virgole sono inserite essenzialmente per distinguere le singole espansioni da tutti gli altri pezzi della frase. Altre virgole sono usate solo per isolare circostanti che costituiscono incisi, per esempio un’apposizione o una frase relativa non restrittiva aggiunte al soggetto della frase precedente, come pigro come un gatto o che tu già conosci.

Dal punto di vista semantico le espansioni forniscono, nell’esempio dato, informazioni sulle circostanze di tempo, di situazione ambientale e di finalità (far passare il tempo). Ce ne potrebbero essere anche altre con valore causale, concessivo, modale. È bene osservare che il significato di queste espressioni, che non sono direttamente legate al verbo, è spesso oscillante: nei giorni di bufera può avere anche un valore temporale ma anche causale (a causa della bufera che impedisce di uscire), in una comoda poltrona indica la posizione in un luogo ma anche un atteggiamento e quindi quasi un modo. Anche avverbi o espressioni avverbiali con stessa funzione di completamento della scena come immancabilmente, per abitudine, diversamente da suo fratello Piero, con grande dispiacere di tutta la comitiva, ecc., o avverbi che esprimono, ellitticamente, un giudizio del parlante sull’intero evento descritto nella frase, possono essere espansioni: con la frase del nostro esempio potrebbero essere gli avverbi praticamente, sfortunatamente, fortunatamente. Sono i cosiddetti avverbi frasali (che “incorniciano l’intera frase”).

Dal momento che solo gli argomenti che si legano direttamente al verbo sono portatori di un significato preciso (dovuto al rapporto col verbo), mentre gli altri elementi non in rapporto con un verbo, come le espansioni, hanno significato polivalente, si è radicata in Italia la tradizione scolastica di formulare una lunga serie di “complementi” per esaurire tutti i concetti aggiuntivi possibili che, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, risulta ampiamente fuorviante.

 

Si noti che l’insieme formato da NUCLEO + CIRCOSTANTI + ESPANSIONI costituisce una FRASE SEMPLICE (da tenere distinta dalla FRASE COMPLESSA).

 

La frase complessa: dalle espansioni alle frasi subordinate o dipendenti

Sintassi

Trasformazioni delle espansioni in frasi subordinate (o dipendenti)

Le espansioni costituite da espressioni preposizionali, avverbi, espressioni avverbiali, possono essere trasformate in frasi dipendenti esplicite (con verbo di forma finita retto da una congiunzione) o implicite (con verbo all’infinito preceduto da preposizione o al gerundio). Per esempio le espansioni presenti nell’esempio seguente, che qui sono sottolineate:

 

D’inverno, in montagna, nei giorni di bufera; il mio amico Giulio, davanti al camino, legge, in una comoda poltrona, per passatempo, lunghi romanzi di fantascienza di autori russi.

 

Si possono trasformare in frasi subordinate, collocate nella stessa posizione:

Quando viene l’inverno, mentre soggiorna in montagna, quando c’è bufera, il mio amico Giulio, piazzandosi davanti al camino, legge, sedendo in una comoda poltrona, per far passare il tempo, lunghi romanzi di autori russi.

 

grafico

 

Da questa rappresentazione grafica appare molto chiaro l’impianto dell’intera struttura, che è quella di una frase reggente (detta anche principale o sovraordinata) e di sei sue frasi subordinate (dette anche dipendenti o secondarie).

 

Come le sei espansioni, così le frasi subordinate che ne hanno preso il posto possono essere spostate liberamente nella sistemazione lineare dell’intera frase. Ecco un solo esempio di diversa collocazione:

 

Mentre soggiorna in montagna, il mio amico Giulio, quando viene l’inverno, piazzandosi davanti al camino, sedendo in una comoda poltrona, quando c’è bufera, legge, per far passare il tempo, lunghi romanzi russi .

 

In questi esempi possiamo distinguere diversi tipi di frasi subordinate:

 

- tre frasi temporali, che hanno forma esplicita, cioè hanno il verbo in forma finita: Quando viene l’inverno; mentre soggiorna in montagna; quando c’è bufera. Nel grafico una linea tratteggiata le collega all’ovale del nucleo solo per far comprendere che il loro contenuto fa da sfondo temporale a tutta la scena centrale espressa nel nucleo;

 

- due frasi modali (piazzandosi davanti al camino e sedendo in una comoda poltrona) e una finale (per far passare il tempo), tutte in forma implicita, cioè con il verbo in forma non finita (gerundio e infinito). Nel grafico le linee tratteggiate le collegano al soggetto della frase reggente, per indicare che il soggetto di tali verbi è lo stesso della frase centrale: solo in questo caso, infatti, si può fare la frase in forma implicita.

 

La frase che contiene una reggente e una o più subordinate si definisce FRASE COMPLESSA (mentre ricordiamo che la FRASE SEMPLICE ha un solo verbo ed è “priva di intreccio”).

La frase che ha più livelli di subordinazione (ossia se una subordinata è a sua volta reggente di un’altra o più subordinate) viene chiamata anche PERIODO.

Classificazione delle frasi dipendenti

Sintassi

Le frasi dipendenti aggiungono una serie di informazioni che precisano il contorno di ciò che dice la frase reggente detta anche “principale” (che ha un’importanza solo strutturale ma non contiene necessariamente l’informazione “più importante”).

Queste informazioni di contorno possono riguardare tipicamente cause, fini, circostanze di tempo, modalità, superamento di impedimenti, limitazioni, conseguenze, confronti. Per questo le frasi dipendenti si possono qualificare come causali, finali, temporali, modali, concessive, limitative, eccettuative, consecutive, comparative, ipotetiche.

 

Il riconoscimento del loro valore avviene sulla base del significato che esprimono, a partire dal significato specifico che ha la congiunzione che le introduce: poiché, giacché, dato che sono tipiche congiunzioni che indicano una causa; quando, allorché sono tipiche congiunzioni che indicano una circostanza di tempo, ecc. (Qualche grammatica ne fa un abbondante elenco). Le frasi dipendenti introdotte da una congiunzione sono tipicamente esplicite.

 

Le frasi dipendenti possono essere anche introdotte da una preposizione seguita da un infinito o presentarsi con il gerundio: in tal caso si definiscono implicite.

 

Il senso che la dipendente esprime basta il più delle volte a farcela qualificare. Di ogni tipo, però, resta da studiare la composizione interna, specialmente per quanto riguarda il modo dei verbi: che può essere indicativo, congiuntivo o condizionale. Sono questioni non strutturali, ma semantiche.

Frasi coordinate e giustapposte. La frase composta

Sintassi

 

Una frase, sia essa semplice, sia complessa, costituisce una unità che può combinarsi con altre unità simili. Quando una frase si affianca ad un’altra con una congiunzione coordinante (che cioè mette alla pari le due frasi) si ha una frase composta. Tipiche congiunzioni coordinanti sono e, ma, o. Esempi:

 

Sono stato a Milano e ho visto il Duomo

Oggi sono venuto a piedi, ma domani verrò in macchina

partirò insieme con gli amici o forse mi tratterrò altri due giorni

 

È importante distinguere tra i due valori del ma :

 

- valore oppositivo di ‘bensì, invece’, quando contrappone due termini sullo stesso piano, escludendo la validità del primo, che infatti è preceduto da un non. Es.: Oggi non è lunedì, ma martedì (si vuole identificare il giorno della settimana: si esclude che sia lunedì e si afferma che invece è martedì);

 

- valore limitativo di ‘però, tuttavia’, quando entrambi i termini sono ritenuti veri, ma in ambiti diversi di valori, i quali sono in contrasto tra loro. Es. Oggi è freddo, ma è una bella giornata; si afferma che la giornata è sgradevole dal punto di vista della temperatura, ma è piacevole e bella dal punto di vista della luminosità e solarità. La “verità” del primo concetto non si nega, ma viene limitata a un determinato ambito. Il ma limitativo è di uso frequentissimo anche dopo una pausa forte (segnata da un punto fermo) e, nel parlato, anche all’inizio assoluto di un discorso.

 

Si può chiamare FRASE COMPOSTA anche quella che risulti per affiancamento senza la congiunzione, cioè per giustapposizione, es. io ridevo, lui piangeva, oppure io volevo parlargli, Marco era già partito.

Bibliografia

Sintassi