Quando si parla dell'emigrazione italiana si pensa in generale ad alcune immagini, che i giornali riproducono tutte le volte che il tema ritorna di attualità : la donna italiana appena arrivata con il figlio a New York, la nave piena di viaggiatori di terza classe ritratta dal grande fotografo Stieglitz (sembra che vada in America invece ne torna), l'emigrato appena sceso dal treno con la valigia di cartone legata con lo spago alla stazione di Milano...
Sono documenti suggestivi, ma la vicenda dei movimenti di popolazione italiani è assai più varia e complessa: c'è stata una lunga fase di migrazioni stagionali soprattutto nelle zone montane durata vari secoli; le migrazioni verso le Americhe hanno interessato non solo i contadini meridionali ma anche molte aree del nord, in particolare il Veneto, e non si sono interrotte subito dopo la prima guerra mondiale ma sono riprese nel secondo dopoguerra; ci sono state migrazioni verso molti paesi europei in particolare, ancora, nel secondo dopoguerra; i grandi movimenti interni, che negli anni Cinquanta e Sessanta hanno fatto delle grandi città italiane un incrocio di italiani di diverse origini, non hanno riguardato solo Milano o Torino ma anche, per esempio, Roma, la cui popolazione nel periodo unitario si è moltiplicata per almeno venti volte. E negli ultimi due decenni, mentre dall'Italia continua un esodo in varie direzioni, in particolare di giovani lavoratori ultra-qualificati (la cosiddetta “fuga dei cervelli”) si è manifestato un flusso in senso opposto: dall'Europa dell'est, dall'Africa settentrionale, dall'Africa sub-sahariana, dalla Cina.
Anche l'idea secondo cui le migrazioni sarebbero frutto principalmente della miseria e della disperazione è unilaterale e deformante. La decisione di spostarsi nasce spesso da spirito d'iniziativa e da desiderio di cambiamento: questo è vero dei mercanti e banchieri italiani che fin dall'età del Rinascimento hanno animato la vita economica di molte aree d'Europa, ma anche di tanti che hanno preso la via delle Americhe (e più di recente dell'Australia) per impiantare piccole o grandi imprese. È anche significativo il fatto che le aree più povere del Paese hanno scelto la via del trasferimento generalmente dopo le aree maggiormente benestanti. La Sicilia in particolare è rimasta a lungo una delle zone italiane con minore emigrazione verso il Nord-America per poi diventare, nel corso degli anni Novanta dell'Ottocento, la prima.
Non va dimenticato inoltre che anche nel periodo delle grandi migrazioni tra Otto e Novecento una parte considerevole degli emigranti italiani (circa la metà , nell'insieme) non abbandonarono per sempre il Paese, ma vi fecero poi ritorno: come ci ricorda, se la interpretiamo correttamente, la famosa foto di Alfred Stieglitz.